Come pagare i compensi sportivi: normativa e trattamento fiscale

Lo sport fa spesso notizia più per i compensi da capogiro percepiti da alcune categorie, che per le imprese dei singoli protagonisti. Un fiume di denaro destinato ad un’elite di milionari, a cui si aggiunge una folta schiera di sportivi dilettanti che percepiscono compensi, di entità sicuramente inferiore,  spesso molto interessanti. Si tratta per lo più di atleti mossi dalla passione nello svolgere un’attività sportiva che, nella maggior parte dei casi, prevede comunque l’erogazione di compensi sotto forma di rimborsi.

Lo sport dilettantistico è quanto mai variegato e le fondamenta sono costituite dall’attività di enti senza scopo di lucro che instaurano rapporti di collaborazione con atleti dilettanti e addetti che offrono prestazioni di carattere tecnico, amministrativo e gestionale. Situazioni non sempre trasparenti che si prestano ad interpretazioni della vigente disciplina in materia, portando a criticità sia in termini di tassazione che a livello previdenziale ed assicurativo.

La normativa vigente in materia, cerca di fare chiarezza su vari aspetti quali l’indennità di trasferta, premi e rimborsi che, il più delle volte, rientrano nei cosiddetti redditi diversi con conseguenti agevolazioni fiscali. Lo stesso discorso vale per i compensi elargiti dal CONI, Federazioni sportive nazionali e da tutti quegli Enti e organismi che promuovono attività perseguendo finalità sportive puramente dilettantistiche.

Vediamo di scoprire cosa prevede la disciplina fiscale a proposito della tassazione dei compensi ricevuti dagli sportivi dilettanti, come vengono elargiti e quali aspetti tenere in seria considerazione per evitare di incorrere in pesanti sanzioni.

Indice:

 

Quando si può parlare di attività sportiva dilettantistica

Pagamento dei compensi sportivi dilettantisticiIl primo concetto da mettere in chiaro è stabilire quando  un’attività sportiva può essere considerata di tipo dilettantistico. Per far questo basta conoscere come il legislatore abbia qualificato il professionismo sportivo. Secondo la legge si tratta di attività svolte a titolo oneroso e in modo continuativo, dovendo altresì rientrare nelle discipline regolamentate dal CONI e conseguire la qualificazione di una Federazione sportiva nazionale, nonché rispettare le direttive stabilite dal CONI stesso per potersi distinguere da un’attività di tipo dilettantistico.

Giusto per estrarre i concetti salienti dalla precedente dichiarazione, possiamo dire che un’attività professionistica deve rispettare entrambi i seguenti fondamentali requisiti:

  • essere svolta a titolo oneroso e con continuità;
  • il settore di riferimento deve rientrare tra quelli ritenuti professionistici dalla Federazione nazionale sportiva di appartenenza.

Dalla normativa si comprende come un’attività dilettantistica non abbia una propria definizione e un preciso inquadramento, pertanto viene considerata tale in quanto non rispettosa dei requisiti sopra elencanti. Ciò comporta un primo importante fatto, ovvero che la distinzione tra un’attività sportiva di tipo professionistico e dilettantistico non dipende da alcun valore economico, bensì dalla qualificazione assegnata dall’ordinamento sportivo. La diretta e ovvia conseguenza è che un’attività, seppur a carattere oneroso e svolta in modo continuativo, rimane dilettantistica qualora non rientri in un settore professionistico previsto dalla Federazione sportiva di appartenenza.

 

Le tipologie di compensi per un’attività sportiva dilettantistica

Il compenso ricevuto da uno sportivo dilettante si concretizza nel rimborso spese dovuto al suo trasferimento fuori dal Comune di residenza per poter svolgere l’attività. A tal proposito sono previsti tre differenti compensi:

  • rimborso forfettario;
  • rimborso analitico;
  • rimborso misto

 

Rimborso forfettario

In questi casi il compenso non prevede alcun giustificativo di spesa e non è soggetto a tassazione IRPEF fino ai seguenti limiti:

  • 46,48 euro al giorno per trasferimenti in Italia;
  • 77,47 euro al giorno per trasferte all’estero.

È importante sottolineare come nei suddetti importi non siano previste le spese di viaggio e trasporto. Inoltre, se il soggetto beneficia di vitto o alloggio gratuito, i limiti si riducono di un terzo. Il taglio sarà invece pari a due terzi qualora lo sportivo dilettante usufruisca sia di pasti che alloggio gratuiti.

La legge impone che debba essere documentata l’avvenuta trasferta per soli motivi sportivi.

 

Rimborso analitico

Questa tipologia di rimborso gode di una totale esenzione contributiva, a patto che siano opportunamente documentati tutti i giustificativi di spesa sostenuti per il viaggio, trasporto, pasti giornalieri e alloggio. L’atleta dilettante ha l’obbligo di rilasciare una ricevuta senza alcun valore fiscale all’associazione o società sportiva di appartenenza. Quest’ultima provvederà ad elargire il compenso dovuto allegando i relativi giustificativi di spesa. Se la procedura non viene rispettata il rimborso da analitico passa automaticamente a forfettario, dovendo sottostare all’imposizione fiscale secondo i limiti visti in precedenza.

Nel caso in cui al soggetto vengano riconosciuti ulteriori rimborsi per spese di viaggio sostenute a seguito di spostamenti dalla propria residenza al luogo di lavoro, tali compensi sono da considerarsi reddito imponibile anche se l’abitazione risulta ubicata in un altro Comune.

 

Rimborso misto

Com’è facile intuire questa tipologia di rimborso unisce le due precedenti categorie, comprendendo sia le spese documentate che l’indennità di trasferta. È la soluzione adottata con più frequenza da un’associazione o società sportiva dilettantistica.

Ricordiamo che tutti i rimborsi sono sottoposti ad un regime fiscale agevolato, non partecipando alla formazione del reddito imponibile IRPEF (esenti quindi dalla dichiarazione dei redditi) per i primi 10.000 euro di compensi percepiti durante il periodo d’imposta. Per redditi superiori e fino a 30.658,28 euro viene applicata una tassazione con aliquota al 23%, superando tale soglia la ritenuta opera a titolo di acconto, con i compensi che dovranno essere inseriti nella dichiarazione dei redditi e soggetti ad imposizione ordinaria IRPEF.

 

Solo al CONI spetta definire una prestazione sportiva dilettantistica

Secondo il DPR 917/86 e più precisamente l’articolo 67, comma 1, lettera m, i compensi derivanti da contratti di collaborazione coordinata e continuativa sottoscritti da associazioni e società sportive dilettantistiche rientrano nei cosiddetti redditi diversi, a patto che le A.S.D e S.S.D siano riconosciute dal CONI.

Da ciò si desume che solo il Comitato Olimpico Nazionale Italiano può definire quali attività sportive dilettantistiche possono essere assoggettate al regime fiscale agevolato previsto dal sopra citato decreto. Un aspetto molto importante e voluto dal legislatore per evitare che le singole Federazioni o Enti possano giungere a differenti interpretazioni sulle mansioni da considerare necessarie per svolgere attività di natura sportiva-dilettantistica.

 

Come pagare i compensi?

Abbiamo visto che la disciplina a riguardo, seppur non particolarmente complicata, non evita l’insorgere di dubbi e perplessità. La questione di fondo è stabilire, con assoluta certezza, che i compensi da elargire a sportivi e collaboratori di associazioni e società sportive dilettantistiche siano a tutti gli effetti inquadrati come redditi diversi, pertanto esclusi da oneri di natura previdenziale e contributiva. Ci sono casi limite che per durata, complessità del rapporto, ammontare della somma elargita e caratteristiche del prestatore, potrebbero anche far pensare a situazioni del tutto paragonabili a lavoro subordinato o comunque prestazioni di carattere professionale.

Il legislatore è ben conscio della necessità di maggior chiarezza, fatto dimostrato dalla legge delega n.86 dell’agosto 2019 riguardante disposizioni in materia di ordinamento sportivo e professioni sportive. Spetterà al Governo emettere decreti legislativi per disciplinare con maggior puntiglio i rapporti di lavoro in ambito sportivo, sia dal punto di vista civilistico che da quello fiscale e previdenziale.

Fino a tale momento sarà necessario valutare con estrema attenzione ogni situazione, rivolgendosi ad esperti in materia per casi limite che richiedono maggior prudenza. In linea di massima ci sono una serie di regole, talvolta dei consigli, che è opportuno seguire per pagare i compensi riguardanti attività sportive dilettantistiche senza incorrere in problemi. I punti più significativi riguardano:

  •  l’obbligo d’iscrizione presso il registro del CONI dell’associazione e società sportiva dilettantistica;
  • le prestazioni relative alle attività sportive devono rientrare, necessariamente, tra quelle ammesse dall’elenco stabilito dal CONI;
  • i rapporti per le prestazioni sportive degli atleti e per quelli di collaborazione di allenatori, preparatori, istruttori e altre figure ausiliarie, devono risultare formalizzati da una lettera. Nel documento dovranno essere chiaramente indicate la durata e natura di tali prestazioni, nonché i termini e la modalità di pagamento;
  • altro aspetto molto importante riguarda tutte quelle prestazioni di carattere amministrativo e gestionale come, per esempio, attività di segreteria e contabilità svolte senza alcuna conoscenza tecnico-giuridica legata alla professione esercitata abitualmente. Anche in questi frangenti è necessario redarre un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa;
  • i compensi ricevuti non concorrono alla formazione della base imponibile fino alla soglia di 10.000 euro. Il beneficiario non dovrà inserire il reddito nella dichiarazione ma è tenuto ad autocertificare alla A.S.D / S.S.D il rispetto o il superamento del suddetto limite. Per importi superiori a 10.000 euro e fino a 30.658,28 euro si applica un’aliquota ai fini IRPEF pari al 23%; eccedendo anche questa soglia la ritenuta sarà a titolo di acconto e il reddito dovrà essere dichiarato facendo riferimento all’anno solare d’imposta e non a quello relativo alla durata dell’evento sportivo;
  • le associazioni e società sportive dilettantistiche assumono la qualifica di sostituto d’imposta. Dovranno provvedere, entro il 7 marzo, oppure un diverso termine previsto dalla normativa vigente, a certificare le somme corrisposte durante il precedente esercizio e anche se inferiori alla soglia dei 10.000 euro. In caso i compensi risultassero superiori sarà necessario effettuare la trasmissione del modello 770;
  • è fondamentale che ogni prestazione non sia, in alcun modo, riconducibile ad un lavoro subordinato. Ogni comportamento deve risultare trasparente e dimostrare la genuinità del rapporto tra le parti. In pratica non si devono ravvisare le tipiche caratteristiche che contraddistinguono una prestazione subordinata; ovvero situazioni in cui il committente esercita un potere direttivo comportando, per esempio, imposizione degli orari, divieto di allontanarsi dal posto di lavoro, obbligo di giustificare un’assenza e così via. In questi casi il rapporto di collaborazione verrà riqualificato, perdendo l’agevolazione fiscale dei redditi diversi e passando al regime contributivo ordinario e previdenziale, a cui aggiungere le pesanti sanzioni amministrative previste dalle legge.

Si deve prestare particolare attenzione nell’elargire compensi ad atleti dilettanti ma, a tutti gli effetti, veri e propri professionisti. Una possibilità molto diffusa e ammessa dall’attuale normativa, comunque parecchio lacunosa a riguardo e che impone accortezza. Il confine tra un compenso per una prestazione di natura dilettantistica e una ritenuta professionistica è alquanto sottile. È quindi opportuno valutare ogni singola situazione tenendo presente che, in sede d’ispezione e verifica da parte delle autorità competenti, il primo punto contestato riguarderà l’indice di professionalità del beneficiario.

A tal proposito la circolare 1/2016 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fatto un po’ di chiarezza, affermando che qualifiche acquisite grazie a corsi di formazione tenuti dalla Federazione d’appartenenza non possono essere considerate come un requisito sufficiente per equiparare le prestazioni a lavoro autonomo.

Per istruttori e addetti agli impianti il problema non si pone visto che gli obblighi contributivi sono dovuti pur non trattandosi di lavoro subordinato o autonomo. Il discorso è diverso per gli atleti i cui contributi previdenziali scattano solo qualora il rapporto di collaborazione venga considerato un lavoro dipendente. Per sua natura, una prestazione relativa ad uno sport organizzato è caratterizzata da ripetitività, continuità e abitualità, tuttavia non sono elementi sufficienti per definirla un’attività di tipo professionale. Esistono però, molte situazioni borderline in cui contratti di durata pluriennale, compensi elevati e mancanza di altre entrare per il sostentamento del beneficiario, fanno nascere parecchi dubbi all’Amministrazione Finanziaria e richiedono una scrupolosa valutazione per evitare di incorrere in pesanti sanzioni.

Nel 2020 il Governo dovrebbe attuare quella serie di decreti tanto auspicati per riformare, una volta per tutte, il settore del lavoro sportivo. Fino a quel momento consigliamo di mantenere sempre la massima allerta e rivolgersi a professionisti del settore in caso di dubbi o situazioni di difficile interpretazione.

   

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