Spese di rappresentanza deducibili e detraibilità IVA

Le spese di rappresentanza sono una voce molto utilizzata da aziende e liberi professionisti per cercare di dedurre più costi possibile dal proprio reddito, rimanendo, ovviamente, entro i termini stabili dalla legge. Il problema è proprio questo! Capire esattamente cosa preveda la normativa e soprattutto stare al passo con continui cambiamenti che spesso passano sotto silenzio.

In materia fiscale e previdenziale capita con regolare frequenza che la normativa subisca delle modifiche e, correre dietro alle continue novità non è certo facile. Sotto questo punto di vista, anche le norme che regolarizzano la deducibilità delle spese di rappresentanza non sono da meno.

Per non rischiare sanzioni o per dedurre tutto quello che effettivamente è possibile, serve mantenersi costantemente aggiornati. Oggi, grazie ad internet, avrai senza dubbio una freccia in più al tuo arco. Prima di entrare nel vivo della questione è bene spiegare alcuni concetti base in modo da avere un quadro molto più completo e preciso.

Secondo la legge, i soggetti interessati alle normative che regolamentano le spese di rappresentanza sono solamente:

  • titolari di reddito di impresa;
  • lavoratori autonomi;
  • liberi professionisti.

Indice:

 

Cosa sono le spese di rappresentanza

spese di rappresentanzaPer dirlo con parole semplici:  sono tutti quegli esborsi economici, effettivamente sostenuti da un’azienda e ceduti a titolo gratuito, con funzionalità promozionali o di pubbliche relazioni.

Naturalmente tutte le spese devono essere effettivamente sostenute e opportunamente documentate. L’Agenzia delle Entrate stabilisce inoltre che tutti i costi sostenuti da una impresa per cercare di consolidare e promuovere la propria attività, debbano essere considerate spese di rappresentanza.

Tutte le iniziative utilizzate per mantenere e diffondere l’immagine aziendale si possono tranquillamente annoverare tra le spese di rappresentanza, purché non ci sia una chiara e netta correlazione con un ricavo materiale.

Appare abbastanza evidente come una caratteristica fondamentale che deve avere una costo per rientrare tra le spese di rappresentanza, sia la sua natura gratuita e la mancanza di un corrispettivo pagato dalla controparte.

A tale proposito, i cosiddetti “omaggi” possono rientrare tra le spese di rappresentanza. Anche in questo caso ci sono delle limitazioni e serve fare molta attenzione a ciò che prevede la normativa per non incappare in qualche errore di deducibilità.

La cessione gratuita e le finalità promozionali, consentono di fare una netta distinzione tra spese di rappresentanza e altre tipologie, come la cessione di beni o prestazioni di servizi a titolo gratuito che vengono normalmente svolte nell’ambito di attività commerciali. Un esempio molto chiaro sono le erogazioni effettuate durante i concorsi a premi.

A scanso di equivoci e per una corretta e completa informazione, sono considerate spese di rappresentanza quelle:

  • per finalità proporzionali e di pubbliche relazioni;
  • a titolo gratuito;
  • coerenti con pratiche commerciali di settore;
  • effettuate ragionevolmente con l’obiettivo di generare benefici economici per l’impresa, e siano coerenti con pratiche commerciali di settore.

 

Quali sono le spese di rappresentanza

È fondamentale essere a conoscenza dell’elenco di tutte le spese che vengono considerate di rappresentanza. È naturalmente stabilito dalla legge ed in particolare nella Risoluzione n.27/E del 12 marzo 2014. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che rientrano tra le spese di rappresentanza:

  • Spese per viaggi turistici: rientrano le spese per tutte quelle attività organizzate a scopo promozionale per promuovere beni, servizi e prodotti che fanno parte dell’attività dell’impresa;
  • Spese per feste: sono da considerare tutti i tipi di intrattenimenti, eventi e festeggiamenti aziendali nonché festività nazionali o di natura religiosa.
  • Spese per ricevimenti e banchetti: rientrano in questa tipologia feste, mostre, fiere e tutti quegli eventi in cui l’azienda promuove i propri prodotti e servizi.
  • Spese per inaugurazione ed eventi: tutte le attività organizzative svolte per l’inaugurazione di nuove sedi o uffici aziendali.
  • Altri tipi di spesa: in questa categoria rientrano tutte le spese sostenute per la distribuzione gratuita di beni e servizi. Sono compresi per esempio i gadget distribuiti durante le presentazioni di nuovi prodotti e nel corso di fiere o convegni.

 

Differenza tra spese di rappresentanza e di pubblicità

Un occhio attento avrà subito notato come nell’elenco appena fornito non compaiono, stranamente, le spese relative a pubblicità e propaganda. Sono spesso una voce particolarmente importante nei costi sostenuti da molte aziende.

Il discorso non è dei più semplici e spesso mette in seria difficoltà le imprese. E’ necessario prestare molta attenzione perché la legge fa una distinzione tra spese di pubblicità/propaganda e spese di rappresentanza.

Il problema sta proprio nella sottile linea di demarcazione che separa le due tipologie di costi. In apparenza pur appartenendo alla stessa famiglia, la normativa le regolarizza in maniera differente.

È assolutamente necessario stabilire quali costi possano rientrare nelle spese di rappresentanza e quali invece essere considerate spese di pubblicità e propaganda.

Le spese di pubblicità vengono considerate tali se hanno finalità promozionale e di incremento delle vendite. Sono normalmente sostenute per avviare un’azione di marketing rivolta ad un ad target di persone ragionevolmente ampio. Tutto questo naturalmente al fine di aumentare le vendite del servizio o del prodotto pubblicizzato.

Le spese di rappresentanza vengono invece sostenute per creare, mantenere, aumentare il prestigio aziendale ma senza generare aspettative di incremento delle vendite.

Per capire come sia sottile tale distinzione prendiamo l’esempio della partecipazione di una azienda ad una fiera. In questo caso l’impresa sosterrà delle spese considerate di pubblicità perché atte ad incrementare le vendite.

Verranno invece considerate spese di pubblicità, e non di rappresentanza, eventuali costi per il pagamento di vitto ed alloggio di clienti, perché mirano a far concludere contratti di vendita e sono dunque interamente deducibili dal reddito d’impresa. A chiarirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24227 depositata il 29 novembre 2016.

Sempre rimanendo in tema fieristico, un eventuale gadget creato per l’occasione dovrebbe essere considerato spesa di rappresentanza, mentre una brochure di un prodotto in mostra rientra tra le spese di pubblicità perché il suo scopo è quello di aumentare la vendita.

Capire la differenza tra una spesa sostenuta per migliorare l’immagine di una impresa (rappresentanza) e una sostenuta per pubblicizzare il proprio marchio e i propri prodotti (pubblicità) non è sempre facile e ci si può spesso confondere.

Come detto, il confine che separa un’azione compiuta per incrementare vendite e profitti di un’impresa da quella per migliorare la sua immagine, è spesso quasi indecifrabile ed è soggetta a diverse interpretazioni.

Dato che non è semplice capire la differenza, ma soprattutto che la legge non ammette ignoranza è bene fare molta attenzione ed avere un motivo valido per considerare una spesa di pubblicità piuttosto che di rappresentanza visto che a livello di deducibilità la questione ha una certa rilevanza.

Infatti le spese di pubblicità sono interamente deducibili al 100% durante l’esercizio in cui sono state sostenute, oppure possono essere ammortizzate nei successivi 5 anni (la scelta spetta al contribuente).

Invece, le spese di rappresentanza, come vedremo a breve, hanno un regime di deducibilità completamente differente con dei limiti piuttosto ristretti.

 

Limiti di deducibilità IRES/IRPEF delle spese di rappresentanza

In pratica, la misura delle spese di rappresentanza che si possono dedurre è in stretta correlazione con i redditi dichiarati nello stesso periodo.

Ai fini IRES/IRPEF le spese di rappresentanza sono deducibili al 100% del reddito di impresa, solo se di valore unitario non superiore a 50 euro. Superato tale valore, la deducibilità si riferisce a determinate soglie calcolate con percentuali sui ricavi massimi dell’anno in corso, provenienti dai risultati della dichiarazione dei redditi.

A partire dal gennaio 2016 infatti, le spese di rappresentanza con soglia superiore ai 50 euro, sono deducibili dal reddito imponibile secondo dei precisi scaglioni ed in particolare:

  • spese di rappresentanza deducibili del 1.5% per ricavi dell’impresa fino a 10 milioni di euro;
  • spese di rappresentanza deducibili del 0.6% per ricavi dell’impresa da €10.000.001 fino a €50.000.000;
  • spese di rappresentanza deducibili del 0.4% per ricavi dell’impresa da €50.000.001 in poi.

Le spese di rappresentanza in eccedenza dovranno essere inserite nella dichiarazione dei redditi e tassate secondo le norme vigenti. Non c’è assolutamente la possibilità di riportare l’eccedenza nei periodi di imposta successivi.

 

Detraibilità Iva delle spese di rappresentanza

La legge di riferimento è il DPR 633/72 ovvero il Decreto Iva. Viene stabilito che la detrazione dell’Iva non è ammessa per le spese di rappresentanza, tranne che per l’acquisto di beni con un costo unitario non superiore ai 50 euro. Al di sopra di tale importo l’Iva e completamente non detraibile. Inoltre la detrazione riguarda solo le spese di vitto e alloggio per ospitare clienti durante eventi o fiere. Anche le stessa tipologia di spese sostenute per la trasferta dei dipendenti aziendali/collaboratori rientrano nella disciplina Iva.

In data 13 dicembre 2014, nell’ambito del decreto sulle semplificazioni fiscali è stato introdotto un articolo che ha portato la soglia di detraibilità Iva delle spese di rappresentanza a livello di quello ai fini delle imposte sul reddito.

Da tale data la soglia di deducibilità passa da 25.82 euro a 50 euro. Anche per quel che riguarda i beni in omaggio a partire dal 13 dicembre 2014 sono soggetti ad una detraibilità Iva con soglia innalzata a 50 euro.

Giusto per riepilogare fino a 50 euro la detraibilità dell’Iva relativa alle spese di rappresentanza è al 100% oltre tale soglia, l’Iva è totalmente non detraibile.

 

Spese di vitto e alloggio

Le spese per prestazioni alberghiere dedicate all’ospitalità di clienti e per la somministrazione di alimenti e bevande, vengono considerate spese di rappresentanza. L’unico vincolo da rispettare è che questi costi di vitto e alloggio devono essere sosteuuti con la motivazione di curare le pubbliche relazioni aziendali.

Il comma 5 dell’articolo 109 del DPR n.917/86 stabilisce la deducibilità per questa tipologia di spese. A differenza delle altre spese di rappresentanza la deducibilità è limitata al 75%.

Da tale limite vengono escluse solo tutte le spese di vitto e alloggio sostenute per occasionali trasferte di dipendenti e collaboratori al di fuori del comune dove risiede l’azienda. Il limite di deducibilità deve essere comunque coordinato con ciò che è previsto dal Decreto Ministeriale 19/11/2018.

Per semplificare la questione, le spese di vitto e alloggio che rientrano tra le spese di rappresentanza, devono essere assoggettate:

  • inizialmente al limite di deducibilità del 75%
  • in secondo luogo, sommate alle altre spese di rappresentanza;
  • infine, sottoposte al limite di deducibilità dell’1% dei compensi.

L’importo quindi, già ridotto al 75%,  sarà sommato alle altre eventuali spese di rappresentanza. Il totale ottenuto sarà quello deducibile entro il limite del plafond.

 

Spese di rappresentanza professionisti

Per quanto riguarda i professionisti all’interno del famoso Jobs Act lavoro autonomo, legge 81/2017, sono state introdotte importanti novità a partire dal 2017. Più precisamente il 10 maggio dello scorso anno il Senato della Repubblica ha approvato la nuova normativa che è entrata in vigore.

In particolare è stata introdotta la deduzione integrale per le spese di vitto e alloggio. La vecchia normativa prevedeva una deduzione fino al 75%. (fino a un massimo del 2% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta).  La nuova norma invece stabilisce che la deducibilità arrivi fino al 100%.

Come sempre ci sono delle condizioni da rispettare ed in particolare: tutte le spese per i pernottamenti e i pasti sostenuti dal lavoratore autonomo, devono essere addebitate analiticamente al committente.

In caso contrario (il committente paga direttamente) tutte le spese non costituiscono compenso, non rientrano in fattura e diventando irrilevanti per il professionista. In questo caso la deduzione fiscale n on spetterà quindi al professionista, ma al committente.

Un’altra novità della norma in vigore prevede che tutte le spese relative all’incarico conferito non costituiscano compenso in natura. La vecchia normativa prevedeva che, qualora fossero pagate dal committente le spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporti non fossero rilevanti nella fattura del lavoratore autonomo.

Tutto questo ha portato ad una notevole semplificazione nella modalità di emissione della fattura che con la vecchia norma era particolarmente complessa.

Per quanto riguarda le deducibilità per le spese di rappresentanza nulla è cambiato. La percentuale rimane del 1% dei compensi percepiti dai lavoratori autonomi nel periodo d’imposta. I cosiddetti omaggi, beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, rientrano tra le spese di rappresentanza.

L’articolo 54, comma 5 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, specifica che anche l’acquisto o l’importazione di oggetti d’arte, da collezione e di antiquariato può  essere considerato come spesa di rappresentanza, anche se tali oggetti vengano utilizzati come beni strumentali per l’esercizio della professione, per l’acquisto di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente.

Lo stesso Art.54 non stabilisce però quali siano questi oggetti d’arte o di collezione; per avere un’idea precisa bisogna far riferimento al DL n.41/95 ed in particolare all’articolo 36, comma 1.

Qui si possono trovare delle tabelle con indicati quelli che sono ritenuti oggetti d’arte e quali invece da collezione. L’elenco è molto dettagliato e preciso e qualora fosse utile, è bene consultarlo per evitare errori.

Un’ulteriore novità riguarda le spese sostenute durante la partecipazione a congressi, fiere e convegni che diventano totalmente deducibili, rispettando il tetto massimo di 10mila euro all’anno. La vecchia normativa prevedeva una deducibilità al 50%. Tale novità viene applicata anche sulle spese sostenute per la frequentazione di corsi di aggiornamento professionali.

Per concludere l’ultima novità riguarda la deducibilità dei costi per:

  • costi per servizi personalizzati di certificazione delle competenze;
  • costi di orientamento;
  • costi per la ricerca e il sostegni dell’autoimprenditorialità;

In tutti questi casi la deducibilità è integrale al 100% entro il limite annuo di 5000 euro.

Anche gli oneri sostenuti per la garanzia contro il mancato pagamento delle prestazioni derivate da lavoro autonomo (fornita da forme assicurative o di solidarietà) è deducibile al 100%.

 

L’importanza della spese di rappresentanza come risparmio fiscale

Come ognuno di noi ben sa, l’Italia in quanto a pressione fiscale non è seconda a nessuno o quasi. Perciò ben vengano tutte le possibilità offerte dalla legge per cercare di avere un risparmio fiscale. La deducibilità delle spese di rappresentanza è una di queste opportunità. Certo le percentuali di deducibilità non fanno certo saltare dalla sedia, ma sono comunque una valida possibilità per abbattere l’utile di impresa e di conseguenza ottenere un risparmio fiscale.

Spese di rappresentanza, spese di pubblicità, detrazioni, deducibilità Iva, norme e regole che spuntano ovunque. Un vero e proprio labirinto legislativo dove non ci vuole nulla ad entrare, ma perdersi è di una facilità irrisoria.

Trovare la via d’uscita risulta, a volte, un’impresa titanica. Cambiano i governi, e con loro, spesso anche le leggi che vengono modificate in modo parziale o sostanziale. Jobs Act, legge di Stabilità e programmi per la semplificazione fiscale introducono di continuo nuovi commi e alla fine si finisce con l’impazzire.

Come ben si sa le normative sono spesso scritte in linguaggi quasi incomprensibili, ma d’altro canto è anche vero che la la legge non ammette ignoranza. Quindi inutile giustificarsi di fronte ad errori e sbagli fatti anche in buona fede. L’unica cosa che possiamo fare e cercare di mantenerci il più possibile informati e aggiornati. In questo il Web ci da una grossa mano (se sappiamo dove cercare le notizie).

La soluzione migliore rimane quella di rivolgersi a professionisti qualificati che dall’alto della loro esperienza e delle loro conoscenze aggiornate, sono in grado di illuminarci su eventuali cambiamenti dell’ultimo momento. Può anche capitare di scoprire nuove opportunità, qualcosa inaspettatamente a nostro favore (anche se è più facile che le tasse aumentino e la percentuali delle detrazioni diminuiscano, che qualcosa effettivamente sia a nostro vantaggio).

Il discorso della deducibilità delle spese di rappresentanza è un aspetto importante sia per le imprese che per i lavoratori autonomi; in un paese dove la pressione fiscale è tra le più alte al mondo, sarebbe da stupidi non sfruttare qualcosa che ci spetta di diritto o regalare ulteriori soldi alla Stato solo a causa di imperizia o semplice ignoranza.

Ricordo, per poter sfruttare al meglio questa opportunità per risparmiare qualcosa sulle tasse a fine anno, che possono essere considerate come spese di rappresentanza un po’ tutte le categorie di beni acquistati se si è in grado di dimostrare che questi siano ceduti a titolo gratuito come regalo ad un cliente, ad esempio.

Regali natalizi, scarpe, abbigliamento, orologi, oggetti elettronici, champagne, borse e quant’altro possa essere acquistato nel corso dell’anno può essere considerato spesa di rappresentanza e quindi inserito come costo a bilancio.

Attenzione al costo unitario del bene che dovrebbe essere inferiore ai 50 euro, quindi, come molti grossisti già fanno quando si acquista un cesto natalizio, ad esempio, di inserire in fattura non il costo totale del cesto ma suddiviso per ogni oggetto che esso contiene, in modo da far si che ogni singolo prodotto abbia un costo unitario inferiore ai 50 euro, appunto.

Per i liberi professionisti esiste una soglia pari all’1% dei ricavi entro la quale potrete dedurvi il costo sostenuto nel limite del costo unitario di 50 euro.

Per le aziende le spese di rappresentanza sono deducibili nell’anno di sostenimento proporzionalmente all’ammontare dei ricavi e dei proventi dell’impresa:

Ricavi / ProventiImporto massimo deducibile
Fino a € 10 milioni
1,3%
Da oltre € 10 milioni fino a € 50 milioni
0,5%
Oltre € 50 milioni
0,1%
   

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