Concordato preventivo: condizioni e vantaggi
Il concordato preventivo è uno strumento messo a disposizione dalla legge per consentire ad un imprenditore in difficoltà finanziaria di evitare il fallimento. Uno dei maggiori rischi del fare impresa è dover affrontare periodi prolungati di crisi globale o specifica di un determinato settore, con la possibilità di trovarsi in uno stato di grave dissesto economico o insolvenza. Proprio in queste difficili e delicate situazioni, l’imprenditore con debiti può avvalersi del concordato preventivo, cercando di raggiungere un accordo finalizzato alla soddisfazione, anche solo parziale, delle pretese dei creditori.
Con l’aggettivo “preventivo”, il legislatore ha voluto rimarcare l’obbiettivo principale di tale istituto, vale a dire evitare la liquidazione giudiziale dell’impresa favorendo, invece, la riconciliazione tra le parti, la continuità aziendale e la tutela dei posti di lavoro.
Andiamo dunque a scoprire come si può accedere al concordato preventivo, quali sono i requisiti da rispettare, gli effetti prodotti e in cosa consiste il cosiddetto concordato bianco spesso anche definito “con riserva“.
Indice:
- A cosa serve il concordato preventivo
- Concordato preventivo: i requisiti per l’ammissione
- Domanda di accesso al concordato preventivo
- Documenti obbligatori per presentare la domanda
- Gli effetti immediati dopo il deposito del ricorso
- Le azioni del tribunale
- Concordato preventivo: il ruolo del debitore
- I vantaggi del concordato bianco
A cosa serve il concordato preventivo
La disciplina che regolarizza il concordato preventivo è piuttosto datata, infatti fa riferimento al Regio decreto n. 267 del 16 marzo 1942. Tuttavia, con la Legge n.155 del 19 ottobre 2017, il legislatore ha provveduto a riformare tale strumento, non solo nei principi generali, ma anche nei criteri direttivi delle procedure concorsuali, nonché la normativa riguardante la composizione delle crisi da sovraindebitamento.
Bisogna comunque sottolineare come il concordato preventivo cerchi di soddisfare le pretese dei creditori attraverso due metodi: continuità aziendale o liquidazione del patrimonio. La nuova riforma ha cercato di valorizzare la prima soluzione per favorire, il più possibile, il recupero dell’impresa attraverso un processo di ristrutturazione e risanamento finanziario, così da consentire all’azienda il rientro nel mercato e un ritorno alla competitività. I mezzi destinati alla soddisfazione dei creditori derivano, in maggior parte, proprio dalla continuità dell’attività imprenditoriale. In caso di concordato liquidatorio i creditori sono, invece, soddisfati attraverso la liquidazione del patrimonio.
Lo scopo sostanziale della riforma di cui sopra, è quello di venire incontro, sia alle esigenze dell’imprenditore in difficoltà che dei creditori. L’obbiettivo primario rimane il risanamento dell’azienda e il mantenimento della continuità evitando la liquidazione patrimoniale. Il debitore sfrutta il concordato preventivo per non essere sottoposto ad azioni esecutive, conservando così la sua attività imprenditoriale. Dall’altra parte, i creditori hanno il vantaggio di non dover aspettare le interminabili attese previste dalla procedura fallimentare, anche se otterranno solo un parziale rimborso di quanto effettivamente sia il loro credito.
Il concordato preventivo non cerca di tutelare unicamente gli interessi delle parti coinvolte, ma genera anche importanti effetti sociali in quanto evita la chiusura di aziende e, di conseguenza, preserva posti di lavoro.
Concordato preventivo: i requisiti per l’ammissione
Accedere al concordato preventivo richiede la sussistenza di determinante condizioni. Innanzitutto, un imprenditore ha diritto a ricorrere al concordato preventivo solo versando in uno stato di crisi o di insolvenza.
La legge definisce la crisi come una situazione di difficoltà economica-finanziaria che impedisce al debitore di assolvere ai propri obblighi. Per l’impresa si manifesta con una riduzione dei flussi di cassa prospettici, risultando inadeguati per far fronte alle obbligazioni prese.
L’insolvenza è invece lo stato in cui il debitore preannuncia, tramite inadempimenti e altri fattori esterni, la propria impossibilità di soddisfare con la dovuta regolarità gli obblighi presi con i creditori.
Comunque, non basta trovarsi in una grave situazione di crisi finanziaria o insolvenza per poter accedere al concordato preventivo. Infatti la normativa prevede l’esclusione alla procedura per gli imprenditori che presentano le seguenti condizioni:
- attivo patrimoniale annuo complessivo inferiore al limite di 300.000 euro nei tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza o dell’avvio dell’attività;
- ricavi complessivi non superiori a 200.000 euro nei tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza o dell’avvio dell’attività;
- ammontare dei debiti, anche non scaduti, non superiore a 500.000 euro;
Una volta rispettati i requisiti richiesti, l’imprenditore in stato di crisi finanziaria, o insolvenza, può proporre ai creditori un concordato preventivo. Se tutto va a buon fine si crea un piano di rientro che deve:
- indicare quali siano le cause della crisi, nonché le indicazioni dettagliate della modalità e i tempi con cui il debitore intende adempiere alla proposta;
- risultare fattibile, ovvero garantire la concreta possibilità di realizzazione sia in termini giuridici che economici.
Per mettere in atto il piano concordato si devono attuare le seguenti azioni:
- nomina di un assuntore al quale vengono attribuite le attività dell’impresa interessata;
- ristrutturazione dei debiti;
- saldo dei crediti mediante qualsiasi forma di pagamento. Ciò comprende anche la cessione di beni, o attribuzione ai creditori di quote societarie, azioni, obbligazioni e ogni altro strumento finanziario a titolo di debito;
- ripartizione dei creditori in classi distinte al fine di differenziare i trattamenti. Tale suddivisione non modifica, in alcun modo, l’ordine delle cause legittime di prelazione.
Ricordiamo che il concordato preventivo, proposto dall’imprenditore, deve garantire la restituzione di almeno il 20% dell’intero ammontare dei crediti.
È altresì importante sottolineare come l’articolo 173 della legge fallimentare preveda la revoca dell’ammissione al concordato preventivo qualora vengano individuate attività volte a impedire, o alterare, la soddisfazione delle pretese dei creditori. In questi casi, la diretta conseguenza è l’avvio di una procedura fallimentare.
Altro aspetto di una certa rilevanza riguarda la tempistica di presentazione della domanda di concordato. A tal proposito, l’articolo 160 della legge fallimentare ha escluso la possibilità di richiedere il concordato fino alla data della sentenza di fallimento. Tuttavia, ciò ha fatto nascere molte discussioni in merito e la dottrina si è pronunciata introducendo il concetto del cosiddetto coordinamento organizzativo. In pratica, la presentazione della domanda di concordato, sebbene non comporti il blocco dell’istanza di fallimento, ne determina la sospensione fino a quando non venga valutata l’ammissibilità del concordato preventivo.
Domanda di accesso al concordato preventivo
La domanda di ammissione al concordato preventivo prevede il deposito di un ricorso presso il tribunale. Tale atto dev’essere sempre firmato dal debitore, anche in presenza di un legale che ha ricevuto la procura.
Sia per una società di persone che di capitali, la delibera per l’approvazione della domanda di concordato dev’essere redatta da un notaio e successivamente depositata e iscritta presso il Registro delle imprese.
Documenti obbligatori per presentare la domanda
Oltre al ricorso è necessario allegare una serie di documenti e, precisamente:
- una relazione dettagliata della situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell’azienda;
- lo stato analitico ed estimativo delle attività d’impresa;
- l’elenco completo di tutti i creditori. Oltre ai nominativi, dev’essere indicato anche l’ammontare dovuto ad ogni soggetto;
- l’elenco beni posseduti dal debitore e il relativo valore;
- l’elenco titolari di diritti reali o personali sui beni di proprietà del debitore;
- il piano con tutte le indicazioni su modalità e tempistiche con cui il debitore intende attuare la proposta per soddisfare i creditori.
Gli effetti immediati dopo il deposito del ricorso
Come abbiamo già detto, il ricorso per accedere al concordato preventivo dev’essere depositato presso un tribunale. Il collegio giudicante va scelto per competenza territoriale in riferimento alla località dove risulta ubicata l’impresa (solitamente la sede legale dell’azienda).
La prima conseguenza del ricorso è la pubblicazione della domanda nel Registro delle imprese: procedimento effettuato il giorno successivo dal cancelliere del tribunale. Quest’operazione risulta di fondamentale importanza poiché demarca il confine tra creditori concorsuali e non. In altre parole, tale adempimento fa scattare il divieto per i creditori di avviare o continuare azioni esecutive nei confronti del debitore.
Le azioni del tribunale
A seguito del ricorso, il tribunale competente provvede ad analizzare la domanda in sede collegiale. In alcuni casi, potrebbe essere chiesto al debitore di integrare le informazioni fornite con ulteriori documenti. Tali richieste aggiuntive saranno utili ad ottenere maggiori dettagli allo scopo di meglio comprendere la modalità di attuazione del piano. Il tribunale dispone anche della facoltà di avvalersi della consulenza d’ufficio per valutare l’effettiva fattibilità della proposta di concordato.
Una volta approvata la domanda, il giudice dispone tutti gli obblighi informativi periodici di gestione finanziaria e delle attività svolte che il debitore dovrà rispettare al fine di realizzare quanto previsto dal piano di concordato. Il tribunale nomina un commissario giudiziale, vale a dire la figura con il compito di vigilare sull’operato del debitore ed eventualmente individuare violazioni, condotte illecite o il mancato rispetto degli obblighi, ovvero tutte le azioni che comportano la revoca del concordato preventivo.
Infine, il tribunale potrebbe dichiarare inammissibile la proposta di concordato, qualora accertasse la mancanza delle condizioni di fattibilità del piano. In questo caso, viene emessa una sentenza per consentire l’avvio delle procedure di liquidazione giudiziale a seguito di istanza da parte del debitore, creditori o del pubblico ministero.
Concordato preventivo: il ruolo del debitore
Chiedersi quale sia il proprio ruolo, durante la procedura di concordato preventivo, è una domanda lecita che si pone ogni imprenditore coinvolto. Il debitore richiedente non si limita solo a presentare una sua proposta: la legge gli offre anche l’opportunità di apportare modifiche o aggiunte al piano depositato in tribunale tramite ricorso. In questi frangenti, il giudice concede un massimo di 15 giorni per consentire al soggetto di presentare la documentazione a supporto delle nuove integrazioni al piano originale.
Lo stesso articolo 162 della legge fallimentare, che offre la possibilità di modica della proposta al debitore, permette al tribunale di dichiarare inammissibile il concordato preventivo. La decisione verrà presa dal collegio giudicante dopo aver verificato il piano, appurato la mancanza dei presupposti per la sua effettuazione e ascoltato in camera di consiglio eventuali chiarimenti del debitore. In ogni caso, la dichiarazione di inammissibilità non è soggetta a reclamo e, di conseguenza, accertati i presupposti di legge, il tribunale procede a dichiarare il fallimento dell’impresa su richiesta del pubblico ministero, dei creditori, oppure su istanza dello stesso debitore.
I vantaggi del concordato bianco
Un’interessante possibilità, da non sottovalutare, riguarda l’introduzione dell’istituto del concordato bianco o “con riserva”, previsto dall’articolo 161 della legge fallimentare. L’imprenditore in stato di crisi finanziaria può depositare il ricorso allegando unicamente i bilanci societari degli ultimi tre esercizi, a cui aggiungere l’elenco di tutti i creditori e i relativi importi da corrispondere. Rispetto alla procedura ordinaria, il richiedente non ha l’obbligo di presentare un piano concordato né tantomeno tutta la documentazione normalmente necessaria. Quest’ultima potrà essere depositata in un secondo momento.
Il principale vantaggio è la semplificazione della domanda, pur mantenendo i medesimi effetti protettivi che si ottengono tramite la presentazione di una richiesta di concordato con documentazione completa. In questo modo, il debitore dispone di più tempo e maggior tranquillità per elaborare un piano di ristrutturazione, senza il rischio di subire azioni esecutive o cautelari, nonché l’aggressione al patrimonio da parte dei creditori.
Alla luce dei notevoli benefici del concordato bianco rispetto a quello ordinario, è nata l’esigenza di stabilire con assoluta chiarezza quali siano i documenti minimi da presentare. A tal proposito per accedere al concordato con riserva è necessario allegare:
- bilancio degli ultimi tre anni di esercizio;
- lista nominativa dei creditori;
- elenco dell’ammontare di ogni singolo importo da versare ai creditori;
- situazione patrimoniale aggiornata così da permettere al collegio giudicante di appurare l’effettivo stato di crisi finanziaria o insolvenza;
- visura del registro imprese per accertare la competenza del tribunale;
È doveroso precisare che in presenza di una domanda di concordato preventivo con riserva, il giudice deve, innanzitutto, verificare l’effettiva competenza territoriale e l’accesso alla procedura da parte del richiedente.
In secondo luogo, vengono effettuate specifiche valutazioni dei presupposti dell’istanza, anche attraverso un’attività istruttoria acquisendo dati, informazioni e documenti. Per concludere, è opportuno non dimenticare che, a seguito di domanda in bianco con ridotta documentazione, il tribunale ha facoltà di negare il compimento degli atti.
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