Evasione fiscale: quali sono i metodi più fantasiosi ed originali usati dagli italiani?
“Fatta la legge e trovato l’inganno…“. Questo è per molti italiani il mantra di riferimento per gestire la propria impresa e le proprie finanze. Non è da meno a questa triste realtà nemmeno il rapporto che hanno, buona parte dei nostri connazionali, con il Fisco.
Esistono contribuenti alla perenne ricerca di metodi, alcuni davvero fantasiosi, per evadere le tasse, per riuscire a sottrarre parte del loro reddito alle maglie del Fisco, per risparmiare qualche Euro, con la giustificazione che a causa di una fiscalità, quella italiana, troppo opprimente, in fondo, sia anche giusto non pagare quanto dovuto, anche a fronte di servizi non sempre ottimali e spesso non adeguati.
Discorso valido per gli imprenditori, che a dire del popolo sono i maggiori evasori, ma non solo perchè anche il pensionato che lavora in nero sottrae imponibile al Fisco, così come il lavoratore dipendente che fa un secondo lavoro non dichiarandone i proventi, o il medico che fa visite senza rilasciare alcuna ricevuta.
Non sto puntando il sito contro nessuno, sia chiaro, ma voglio sottolineare che, in fondo, chi più chi meno, si è tutti colpevoli di una situazione che sta portando al collasso le casse di uno Stato già in affanno che non sa più che “pesci pigliare” per combattere il fenomeno dell’ormai dilagante evasione fiscale.
Anche in considerazione del fatto che l’italiano è un popolo di fantasiosi che, in pratica, “una ne pensa e cento ne fa” e partorisce ogni giorno le situazioni più incredibili e paradossali per trovare qualche stratagemma, quasi sempre illegale e pericoloso, per risparmiare qualche euro.
Ed ecco che nemmeno la morte, come vedremo, è più rispettata per permettere ai “facinorosi” contribuenti di risparmiare qualche Euro. Il grosso problema è che, purtroppo per loro, anche il Fisco si sta attrezzando e, con l’avvento delle nuove tecnologie e l’utilizzo di banche dati e controlli incrociati sempre più sofisticati, sta diventando quasi impossibile per i furbetti trovare delle scappatoie per perpetrare nel loro intento.
Anzi, molto spesso, proprio la continua ricerca del “risparmio fiscale” con ogni mezzo mette questi personaggi in posizioni piuttosto scomode, una volta scoperchiati i loro “vasi di pandora” con sanzioni salatissime che spesso sfociano anche in condanne penali…
Viene da chiedersi: “è ancora opportuno cercare con tutti i mezzi di evadere le tasse o sarebbe meglio sfruttare dei sistemi alternativi basati sulla legalità, sulla conoscenza della materia e sulla pianificazione fiscale?”
La risposta credo che sia ovvia e non lascia spazio a dubbi o interpretazioni di sorta: “evadere il Fisco è pericoloso, illegale e a fronte di un risparmio sull’immediato può avere conseguenze devastanti per le aziende e per i contribuenti”.
Vediamo di seguito i metodi peggiori e più fantasiosi utilizzati dagli italiani per evadere il Fisco: in questo articolo non vi parlo delle classiche false fatturazioni o delle frodi carosello, ma voglio andare oltre prendendo spunto da fatti di cronaca realmente accaduti di truffe colossali ai danni del Fisco di imprenditori e contribuenti che hanno studiato e messo in atto soluzioni davvero assurde per non pagare quanto dovuto all’erario.
Indice:
- Furto di identità fiscali per emettere fatture false
- Fatture false emesse da defunti
- Pannolini e marzapane per nascondere denaro al Fisco
- L’architetto sconosciuto al Fisco
- Il funerale in nero
- Il funerale in grigio
- Il ristorante dai prezzi troppo bassi
- Utilizzo di conti correnti privati per operazioni aziendali
- La triste storia, tutta italiana, del medico evasore totale
- La vendita dei cellulari senza IVA
- Ostriche e aragoste nel menù della società sportiva no profit
- Aerotaxi: l’evasione fiscale vola in alto
- Il money transfer dei cinesi evasori, inesistenti o morti
- Straniero? Te l’affitto io la casa… In nero…
- L’auto della ditta e una sede secondaria a casa propria
- Le scatole cinesi per eludere il Fisco
- Il meccanico pensionato con la passione per le auto d’epoca
- 4 astigiani, una cartiera e la frode sui carburanti
- Vendo materassi, fatturo libri ed evado l’IVA
- Il divorzio conflittuale smaschera l’evasione fiscale
- Il mondo sommerso dell’e-commerce
- Ristrutturo la casa in nero!
- Svendo casa disperatamente!
- Il comodato in affitto
- Le spese promozionali… Ops personali
- Il conto cifrato oltre confine
- I libretti al portatore anonimi
- La tassa di soggiorno? Me la tengo…
- L’assegno non trasferibile che diventa trasferibile
- I contanti nei pennarelli o nel detersivo
- Uso di marchi e brevetti per evadere le tasse
- Divido in 2 appartamenti la casa di lusso così pago meno
- La casa vacanza che diventa una prima casa
- Intestazione fittizia di beni personali alla società
- Lo studio di settore taroccato
- Evasione fiscale una metastasi da evitare
Furto di identità fiscali per emettere fatture false
E’ accaduto che due commercianti, uno di Quartu ed uno di Sestu, in Sardegna, siano stati indagati dalle Fiamme Gialle per frode ed omessa dichiarazione dei redditi nell’ambito di un’operazione che ha ricostruito una maxi evasione da 3 milioni di Euro relativa al quinquennio 2011-2015 ed organizzata attraverso l’emissione di fatture false con intestazione ad identità fiscali rubate.
Sono finiti nelle maglie del Fisco due grossisti italiani che, a loro volta, rifornivano svariate attività commerciali gestite da cinesi a cui veniva venduta ogni sorta di merce (abbigliamento, casalinghi, biancheria, oggetti elettronici, ecc.) senza che però ci fosse alcuna traccia tra gli acquisti perchè le fatture emesse erano false.
La G.d.F. ha scoperto il giro che c’era dietro questa evasione fiscale grazie ad alcune imprese alle quali era stata rubata l’identità fiscale che risultavano, loro malgrado, venditrici.
Fatture false emesse da defunti
Come ho scritto, nemmeno la morte conosce il rispetto quando si tratta di evadere il Fisco e risparmiare qualche euro illegalmente.
Ecco che nel pinerolese la Guardia di Finanza ha scovato un imprenditore che ha occultato all’erario oltre 12 milioni di euro ed evaso IVA per 2,5 milioni, abbattendo i costi con fatture “emesse” da soggetti ormai defunti da tempo.
L’imprenditore, per evitare problemi col Fisco, aveva addirittura intestato le sue società alla sua compagna nullatenente e per abbattere ulteriormente i costi impiegava 14 lavoratori in nero oltre che un’unica dipendente regolarmente assunta.
Pannolini e marzapane per nascondere denaro al Fisco
L’Italia combatte quotidianamento contro l’evasione fiscale, ma non è solo il nostro paese a doversi attrezzare per sconfiggere i furbetti della fattura falsa o della mancata dichiarazione dei redditi.
Succede che anche la Germania non sia certo esente da questo problema e con lei anche altri Paesi. Visto che, ormai da tempo, le banche svizzere stanno fornendo i dati al Fisco Tedesco, che continuerà anche ad impegnare i servizi segreti per contrastare l’evasione fiscale e rintracciare i capitali nascosti all’estero, sono molti, i cittadini tedeschi, che si stanno ingegnando per riportare in Patria il proprio denaro dalle, non più sicure, banche svizzere con i metodi più fantasiosi:
- Una pensionata di 72 anni è stata fermata alla dogana con un busto modificato con dentro 150.000 €;
- Un altro signore anziano indossava due pannoloni uno sopra l’altro fra i due aveva nascosto 140.000 € in contanti;
- Un uomo è stato fermato con 25.000 € in contanti nascosti dentro una cassetta di marzapane;
- Due pensionati, marito e moglie, avevano nascosto i soldi in contanti sotto le solette delle scarpe;
- Un camionista aveva modificato a dovere la batteria del suo autocarro per inserirvi al suo interno diversi pacchi di banconote;
Per carità, briciole se pensiamo agli ingenti capitali che i facoltosi tedeschi hanno rifugiato in Svizzera, cosi come briciole sono i circa 20 milioni di euro l’anno che i frontalieri tedeschi scoprono in dogana quotidianamente, e che provano ad attraversare il confine illegalmente.
Si stima che il valore di questi capitali occulti superi di gran lunga i 175 miliardi di euro e chissà cosa si inventeranno questi “crucchi fantasiosi” per rimpatriarli senza lasciar traccia?
L’architetto sconosciuto al Fisco
La G.d.F. di Saronno ha rintracciato, attraverso gli incroci delle banche dati dei movimenti bancari di diversi soggetti e alle relative dichiarazioni IVA, un conosciuto professionista nel campo delle opere edili nel settore residenziale ed industriale, totalmente sconosciuto al Fisco.
Il facoltoso professionista, stando alle indagini della compagnia dei Finanzieri della cittadina lombarda, emetteva regolari parcelle ai suoi clienti, ma con altrettanta regolarità, stracciava la propria copia e a fine anno non presentava alcuna dichiarazione fiscale ai fini dell’IVA e delle imposte sui redditi.
Il giro d’affari contestato al professionista ammontava a circa 600.000 € con una presunta evasione di IVA di oltre 100.000 €.
Il funerale in nero
Ancora i morti protagonisti, loro malgrado, di episodi di evasione fiscale. Non loro come attori protagonisti in questo caso, ma le imprese funebri.
Un’ impresa funebre del cosentino infatti, per ben 5 anni non avrebbe pagato alcuna tassa su funerali e cremazioni che avrebbe organizzato. La G.d.F., grazie a controlli incrociati ed accertamenti ha potuto far riemergere circa 400.000 € di utile non registrato e imporre le sanzioni per l’IVA evasa.
Quello che faceva specie, ed ha insospettito l’Agenzia delle Entrate, era il regime quasi monopolistico in cui lavorava questa impresa al punto da tenere d’occhio il numero di decessi in un determinato periodo di tempo e, successivamente, verificare per quanti di questi fosse stata fatta una regolare fattura. Ovviamente i dati erano particolarmente discordanti.
Quando poi si è interpellato i diretti interessati, parenti del defunto, il vaso di pandora è stato completamente scoperchiato. Mancavano le fatture e i giustificativi di pagamento, anche perchè i funerali venivano pagati in contanti per non lasciare nessuna traccia.
Il funerale in grigio
Come esistono i funerali in nero, ovvero relativi a quelle imprese funebri che, a fronte di un piccolo sconto sul corrispettivo da pagare, non emettono alcuna fattura alla famiglia del defunto, sono molto frequenti i funerali pagati parzialmente in nero, ovvero fatturati dall’impresa fino al tetto massimo di spesa che la famiglia può portare in detrazione (1.550 euro), e il resto, voilà, senza fattura e incassato in contanti.
Ecco servito il funerale in grigio, mezzo fatturato e mezzo in nero e, ovviamente più complesso da identificare perchè in fondo, anche a fronte di un controllo incrociato, le fatture esistono quindi tutto sembra essere perfettamente in regola.
Il ristorante dai prezzi troppo bassi
Si parla di un ristorante in Umbria che a fronte di un controllo della Guardia di Finanza sembrava essere un modello da seguire a livello di gestione amministrativa e fiscale: un normale controllo che sembrava non fornire particolari anomalie.
Tutto era perfettamente in regola: i documenti compilati, le fatture e le ricevute emesse, tutte le disposizioni di legge rispettate, insomma un esempio virtuoso di come gestire un’attività nel campo della ristorazione.
C’era però un aspetto che non convinceva, ovvero i prezzi a listino troppo bassi, cosa che ha fatto proseguire gli accertamenti perché sembrava evidente che qualcosa da scoprire ci fosse. Ed infatti ecco l’inghippo: tutto era fatto a regola d’arte, peccato che nessuno dei documenti fedelmente ordinati e precisamente compilati e stilati venisse trasmesso al Fisco.
Pertanto, quello che sembrava un contribuente modello, in realtà era un evasore totale. Ricostruire il giro d’affari e quindi l’imponibile evaso dal ristoratore è stato anche piuttosto semplice perchè le fatture venivano emesse, così come veniva tenuta copia delle fatture di acquisto, quindi è stato sufficiente calcolare le imposte su quanto effettivamente fatturato e speso, ma mai comunicato al Fisco.
Per farla breve il nostro “diligente” ristoratore aveva sottratto al Fisco circa 1 milione di euro di giro d’affari.
Utilizzo di conti correnti privati per operazioni aziendali
Una tecnica largamente sfruttata, ancora oggi, da tantissimi imprenditori italiani. Un metodo che per molti pare essere infallibile, almeno fino a quando non si sono intensificati i controlli, anche e soprattutto, sui movimenti bancari.
Il metodo è semplice: vengono utilizzati conti correnti di soggetti privati e insospettabili per incassare i proventi delle operazioni svolte dalla società. Con questo sistema, l’azienda evita di emettere fattura per alcune lavorazioni o vendite effettuate e il relativo incasso verrà bonificato, ovviamente, non sul conto corrente bancario dell’azienda ma in quello di insospettabili privati.
La non fatturazione delle operazioni che verranno incassate sui conti correnti non intestati all’impresa, determinerà un minor carico fiscale in quanto quella parte di imponibile relativa a tali operazioni risulterà essere completamente sottratta alle maglie del Fisco.
I protagonisti di queste operazioni, nulla dichiareranno all’amministrazione finanziaria, quindi:
- il venditore non dichiarerà parte dei suoi proventi al Fisco ottenendo un importante abbassamento della base imponibile fiscale;
- il compratore, o chi riceve la prestazione, non potendo portare in deduzione a bilancio la somma spesa, potrà chiedere uno sconto al venditore ottenendo un risparmio immediato.
Operazione oggigiorno davvero pericolosa perchè attraverso i controlli sui conti correnti, il cosiddetto redditometro e lo spesometro, l’amministrazione finanziaria è in grado di andare ad individuare le operazioni sospette incastrando i furbetti.
La triste storia, tutta italiana, del medico evasore totale
Il popolo degli evasori è assai variegato, si parte da quelli che per tutti sono considerati i furbetti per antonomasia, gli imprenditori, si passa ai liberi professionisti, ai pensionati, ai lavoratori dipendenti fino ad arrivare agli illustri medici che con la loro aura di sacralità, in quanto salvano vite e curano i malati, sguazzano (ovviamente non tutti), quasi indisturbati, utilizzando il solito stratagemma del “le faccio lo sconto senza ricevuta…” per sottrarre imponibile al Fisco.
A Rossano, in Calabria, le Fiamme Gialle hanno scovato un medico che nonostante fosse titolare di 2 studi medici aperti e operativi, non aveva mai pagato 1 solo euro di tasse perchè la sua attività e totalmente sconosciuta al Fisco.
La G.d.F. per accertare l’evasione e quantificare quanto imponibile fosse stato sottratto all’erario ha analizzato buona parte della documentazione extra-contabile presente nello “Studio Medico”, che il furbetto teneva come una sorta di contabilità parallela, accertando un evasione totale di 150mila euro e imposte non versate per almeno 50mila euro.
La vendita dei cellulari senza IVA
Un’evasione totale ai limiti della perfezione è stata scoperta a Locri con vendita di telefonini cellulari e smartphone sul web in tutta Italia. Un sistema ingegnoso e creativo che ha permesso ad un uomo che vendeva cellulari online di perpetrare la sua attività illegale senza farsi scoprire dalle forze dell’ordine per un discreto periodo di tempo.
Periodo di tempo che ha permesso all’uomo di incassare più di 2 milioni di euro grazie alla vendita di cellulari online senza l’applicazione dell’IVA. Questo consentiva all’acquirente, inconsapevole, di risparmiare fin da subito un buon 22% sul costo dello smartphone
Il furbetto acquistava regolarmente i cellulari e gli smartphone in regime di reverse charge, e poi li rivendeva senza applicare la tassa a prezzi davvero competitivi.
Attraverso le indagini della G.d.F. è stata scoperta un evasione per circa 500mila euro di IVA relativa ad un fatturato di oltre 2 milioni di euro realizzati in 5 anni di attività.
Ostriche e aragoste nel menù della società sportiva no profit
Anche il no profit, come già scritto in queste pagine, non è da meno e viene utilizzato per aggirare il Fisco e, spesso, anche per ripulire denaro. Bar, circoli ricreativi, ristoranti, lidi balneari e altre attività commerciali camuffate da associazioni sportive no profit sono quasi all’ordine del giorno.
La Guardia di Finanza di Cosenza ha infatti scoperto un’associazione sportiva no profit che operava come una struttura turistica di lusso con stabilimento balneare, ristorante con menù di prima scelta che offriva ai suoi “soci”, spesso ignari della situazione in cui operava la finta associazione no profit, un menù con ostriche, aragoste, astice, caviale e una raffinata carta dei vini.
L’associazione effettivamente “di lusso” si era travestita da ente non commerciale per beneficiare delle agevolazioni fiscali previste dalla normativa di settore dissimulando quello che in realtà era la realtà in cui operava, ovvero, quella di una vera attività commerciale.
La finta associazione no profit aveva evaso circa 200 mila euro di imposte e, oltre alle sanzioni, interessi e penali, ha visto revocata la sua natura associativa no profit trasformata in impresa commerciale a tutti gli effetti.
Aerotaxi: l’evasione fiscale vola in alto
Oltre 640mila euro di imposte non versate da 235 società di aerotaxi con base a Malpensa che praticavano il servizio a prezzi particolarmente vantaggiosi rispetto alla concorrenza.
I militari della G.d.F. di Varese hanno individuato il mancato pagamento delle imposte erariali gravanti sui voli dei passeggeri di aerotaxi, ovvero, i voli non di linea con capienze non superiori a 19 posti.
Nel periodo 2013-2017, queste società hanno effettuato voli con partenze ed arrivi dall’aeroporto di Malpensa spostando oltre 6mila passeggeri senza versare l’imposta dovuta.
L’aerotaxi è un servizio di trasporto alternativo ai voli di linea e le imposte in questione sono a carico dei passeggeri che devono corrisponderne il corrispettivo al vettore, per ogni tratta effettuata, per un importo che varia tra i 100 e i 200 euro in base ai km percorsi.
Le compagnie di aerotaxi non dichiaravano l’effettivo numero dei passeggeri presenti a bordo non versando le dovute imposte dovute e ricevendo, dopo i controlli della Guardia di Finanza, sanzioni per un totale di 192mila euro.
In questo modo, oltre che recuperare una buona fetta delle imposte evase e non versate, i finanzieri si sono posti l’obiettivo di contrastare la concorrenza sleale tra operatori del settore portato dal vantaggio che i furbetti ottenevano facendo, praticamente, viaggiare metà dei viaggiatori “in nero”.
Il money transfer dei cinesi evasori, inesistenti o morti
Una truffa da oltre 4,5 miliardi di euro sottratti al Fisco italiano che sono finiti in Cina, questo è il risultato di un’indagine condotta dalle Fiamme Gialle di Firenze ai danni di un operatore di money transfer di Bologna che, nel periodo 2006 – 2008, ha trasferito somme di denaro “troppo” ingenti dall’Italia verso il “sol levante“.
Ad insospettire la G.d.F. è stato il troppo flusso di denaro che veniva trasferito, o meglio, troppo denaro per troppi pochi clienti che aveva fatto incrementare il fatturato dell’agenzia di trasferimento di denaro da 85 milioni a ben oltre 400.
E’ stato scoperto che nella piccola agenzia gestita, tra gli altri, anche da cittadini cinesi, veniva sfruttato un semplice accorgimento per tenere a distanza i controlli, ovvero spezzettare il flusso di denaro verso la Cina in cifre inferiori ai 2mila euro evitando così i controlli antiriciclaggio.
Il problema è stato che a trasferire denaro erano per lo più cittadini cinesi morti, inesistenti o ignari, e i soldi trasferiti provenivano da affari assai loschi come: sfruttamento della prostituzione, contraffazione e gioco d’azzardo.
Sempre nell’ambito della stessa operazione è stata scoperta un’imponente evasione fiscale perpetrata nel tempo da molti commercianti cinesi che dichiaravano al Fisco cifre irrisorie e spedivano milioni di euro, sempre con lo stesso sistema, in Cina.
Straniero? Te l’affitto io la casa… In nero…
Oltre 350mila euro di affitti percepiti e mai dichiarati in relazione alla locazione di immobili a cittadini stranieri in regola, è stata scoperta tra il 2013 e il 2018 in Basilicata.
Immobili che venivano affittati a cittadini rumeni o albanesi residenti per lo più nei comuni di Nova Siri, Scanzano Ionico, Policoro e Tursi. I relativi contratti di affitto venivano regolarmente stipulati e mai registrati dai proprietari, e da qui ne scaturiva l’evasione fiscale.
Nell’ambito della stessa operazione la G.d.F. ha portato alla luce anche casi di abusivismo edilizio e l’esercizio abusivo dell’attività di agriturismo da parte di un imprenditore, privo delle autorizzazioni di pubblica sicurezza.
L’auto della ditta e una sede secondaria a casa propria
Tra i trucchi più comuni per scaricare qualche costo irregolarmente, non può non essere citata quella pratica utilizzata fin dai tempi di mio nonno, ovvero quella di intestare l’auto personale alla ditta per poter scaricare (oggi parzialmente) i costi del carburante, delle manutenzioni, di bollo e assicurazione, nonchè una percentuale sul prezzo di acquisto e sull’IVA.
Ma anche stabilire una sede secondaria della propria impresa presso l’abitazione di residenza ha permesso a migliaia di imprenditori di scaricare i costi personali e familiari come affitti, spese condominiali, utenze, manutenzioni e spese di ristrutturazione.
Le scatole cinesi per eludere il Fisco
Il sistema delle scatole cinesi è uno stratagemma sfruttato da molti imprenditori che in ambito finanziario riescono a controllare più società, investendo parte del capitale posseduto in origine che, normalmente, risulta inferiore al valore reale delle società che vengono acquistate.
La vera e propria scatola cinese, una holding, diventa proprietaria e controlla svariate altre società più piccole con una sequenza a catena: la società A controlla la società B che controlla la società C e così via. Di fatto la società A, pur non possedendo per intero la società B e non avendo nemmeno una quota della società C, le controlla entrambe. Vediamo come…
Ci sono 3 società A, B, C. Un soggetto generico possiede una quota del 52% della società A e, pertanto, pur non possedendo il 100% di A può decidere di acquistare, ad esempio il 52% della società B.
A questo punto, il soggetto generico è proprietario esclusivo del 52% di A ma non del 52% esclusivo di B, in quanto tale quota è di proprietà dell’intera società A. Nonostante questo, il soggetto generico, con questa operazione, per un meccanismo di quote di maggioranza, può tranquillamente reputarsi proprietario ed avere il potere decisionale anche nella società B.
Successivamente, la società A, per decisione del nostro soggetto generico, che con il 52% delle quote ha il potere decisionale, può ordinare a B di acquisire una quota di maggioranza, per semplificare stabiliamo ancora il 52%, di una terza ipotetica società C.
Con queste operazioni, il soggetto generico, riuscirà, in virtù dello stesso meccanismo spiegato precedentemente, a controllare anche la società C, e questo stratagemma può essere replicato fino a “n” società ubicate anche in diversi Stati sfruttando le normative fiscali favorevoli di alcuni di essi.
Con questo meccanismo, vengono create società ad hoc per essere indebitate fino al collo e poi fatte fallire in difetto di creditori e istituti di credito, con i più svariati stratagemmi. Non ci credete? Provate ad andare su Google e cercate “scatole cinesi evasione fiscale“, c’è un menù ricchissimo di storie di imprenditori, o presunti tali, che con questo stratagemma hanno sottratto al Fisco, e non solo, milioni e milioni di euro, prima di essere beccati e pagare con gli interessi per quanto hanno frodato.
Il meccanico pensionato con la passione per le auto d’epoca
A Rovigo sono stati sequestrati, nell’ottobre del 2018, beni mobili costituiti da fondi di investimento e polizze vita per un valore di 1.361.296 € di proprietà di un meccanico pensionato responsabile di una ingente, quanto redditizia, evasione fiscale.
Dal 2011 al 2017 il pensionato vicentino ha sottratto al Fisco una base imponibile di quasi 2 milioni di euro impiantando presso la propria abitazione una significativa attività economica nel settore della componentistica di auto d’epoca e da competizione completamente sconosciuta all’erario.
In pochi anni il pensionato aveva creato un giro d’affari cosi significativo che si rivolgevano a lui, per reperire pezzi di ricambio introvabili, appassionati di auto d’epoca da ogni parte d’Italia e anche dall’estero.
Durante l’accertamento del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Rovigo oltre al sequestro di € 40.000 in contanti e documentazione extra-contabile particolarmente rilevante, sono stati accertati anche 2 lavoratori in nero.
Di seguito si è proceduto al sequestro di quattro conti correnti bancari per circa 18.000 euro, tre depositi titoli per oltre 107.000 euro, 1,843 chili di oro in gioielli detenuti in una cassetta di sicurezza, nonché fondi comuni di investimento e polizze vita per complessivi 3.900.000 euro.
Tra gli stratagemmi utilizzati dal pensionato per aggirare le maglie del Fisco e dissimulare la propria posizione fiscale c’erano ad esempio: l’utilizzo di nominativi fantasma, spedizioni in contrassegno, l’utilizzo di Postepay intestate a collaboratori, l’utilizzo indebito di carte di pagamento prepagate e, ovviamente, il ricorso al contante oltre i limiti stabiliti dalla legge.
I due lavoratori in nero erano un meccanico che svolgeva le sue mansioni all’interno dell’officina fantasma da 4 anni e un’impiegata contabile che da 7 anni lavorava presso il pensionato. E’ inutile dire che nessun contributo previdenziale era mai stato versato per i due lavoratori in nero.
4 astigiani, una cartiera e la frode sui carburanti
Settembre 2018, 4 astigiani agli arresti domiciliari per un giro di false fatturazioni create ad hoc per evadere l’IVA relativa al commercio all’ingrosso di carburanti e combustibili.
La G.d.F. ha accertato un volume d’affari di 365 milioni di euro con un’IVA evasa per circa 80 milioni. La frode consisteva nella fatturazione di acquisti dall’estero (esenti da IVA), di grandi quantità di carburanti, presi successivamente in carico dalla loro società, la Mtk, che li acquistava da società intermedie che compravano effettivamente il carburante dalla Croazia e dalla Slovenia senza IVA ma, essendo solo cartiere create ad hoc da dai numerosi complici dei 4 astigiani, lo “rivendevano” alla Mtk senza poi versare la relativa imposta.
Gli intestatari delle cartiere erano dei prestanome nullatenenti che per pochi euro si intestavano società ed effettuavano queste operazioni fraudolente diligentemente pilotati dai 4 astigiani.
Vendo materassi, fatturo libri ed evado l’IVA
Nel 2008, l’Agenzia delle Entrate di Cittadella ha svelato una frode Iva nel settore editoriale per un valore di 1.678.000 euro, ai quali vanno aggiunti 616.500 euro derivanti dai rilievi effettuati in materia di imposte dirette e ulteriori 610.700 euro originati da mancati versamenti dell’Irap. L’operazione era stata avviata in seguito al controllo delle compensazioni dei crediti Iva.
In pratica, ai clienti interessati all’acquisto di materassi e altri prodotti per la salute, una società simulava la vendita di “pacchetti” costituiti da un libro, con un prezzo enorme di copertina di circa 1.500 – 2000 euro, ma dal valore reale di 15-35 euro, e da materassi e doghe artificiosamente “regalati” ed esposti in fattura per poche decine di euro, contro un valore effettivo di migliaia.
Il meccanismo, realizzato per frodare il fisco attraverso la maturazione di un credito Iva da utilizzare in compensazione, prevedeva la non applicazione dell’Iva ordinaria, utilizzando il più favorevole regime dell’editoria con aliquota Iva agevolata al 4%, su cessioni di beni quali prodotti per l’igiene e la salute che invece erano imponibili al 20% all’epoca dei fatti.
Dalla verifica condotta dall’Agenzia delle Entrate è emerso che più del 90% dei prodotti acquistati dalla società erano riconducibili alla produzione ed al commercio di materassi e doghe, mentre il commercio di prodotti editoriali (libri e cd) era ridotto a meno del 10%.
Il risultato di tale operazione, ripetuta numerose volte negli anni 2003, 2004 e 2005, ha consentito di alterare il prezzo di vendita in sede di compilazione dei documenti fiscali, attraverso l’effetto combinato dovuto all’incremento manipolato del prezzo dei libri, sui quali è stata applicata l’Iva agevolata al 4%, e alla conseguente riduzione, anch’essa artificiosa, del prezzo di prodotti di salute, assoggettati ad Iva ordinaria.
Il divorzio conflittuale smaschera l’evasione fiscale
Due coniugi genovesi, nonchè soci in affari e rispettivamente titolari, del 75% delle quote di una SAS il marito e il 25% la moglie, con accomandatario lui ed accomandante lei, hanno portato avanti per 16 anni la loro attività e il loro matrimonio senza grossi problemi…
Alla faccia della crisi del 7° anno, al 17° anno di matrimonio, con 10 anni di ritardo, i due coniugi, entrano in crisi e decidono di sciogliere la loro unione coniugale.
La moglie, in fase di trattative per la separazione, ha chiesto al marito un rendiconto della gestione degli ultimi 11 anni dichiarando di non aver mai percepito un solo euro di utile, ed è così che il Tribunale ha disposto un’ispezione della Guardia di Finanza locale sui conti dell’azienda, e del socio accomandatario, per accertare quanto sostenuto dalla moglie.
Nel corso dell’accertamento i finanzieri hanno rinvenuto parecchie irregolarità e rilevato maggiori redditi di impresa non dichiarati e, di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate ha notificato, alla società e ai soci, i relativi avvisi di accertamento con multe salatissime.
A quel punto i due coniugi, facendo fronte comune, hanno provato a sostenere l’illegittimità dell’accertamento poichè effettuato, non ai fini fiscali ma solamente civilistici, per la causa di separazione.
La commissione tributaria dopo aver accolto in prima istanza il ricorso della coppia, ha annullato la precedente sentenza condannando i coniugi al pagamento delle tasse accertate!
Il mondo sommerso dell’e-commerce
Non è possibile fare una stima ufficiale su quanto possa essere l’evasione fiscale legata al mondo del web, anche perchè le aziende che lavorano in questo ambito, non avendo necessità di avere una sede locale vera e propria, ad esempio, spesso mettono in piedi delle politiche aggressive di pianificazione fiscale sfruttando anche normative più favorevoli di eventuali Stati esteri.
Le maggiori imprese della digital economy pongono in essere sofisticate operazioni finalizzate alla contrazione dell’utile nel nostro Paese dove il regime di tassazione è elevato, preferendo di gran lunga lasciare in utile società possedute, ad esempio, in Irlanda, a Londra, alle Canarie e in altri Stati con un Fisco meno soffocante del nostro, per non parlare di quelle che hanno la sede legale a San Marino, Lussemburgo, e addirittura nei cosiddetti paradisi fiscali come Isole Cayman e Bermuda.
I vantaggi di cui godono tali società sono i seguenti:
- il fatto di poter esercitare attività di impresa da remoto senza la necessità di possedere infrastrutture complesse e addirittura in assenza di una organizzazione stabile;
- parimenti, dar la possibilità di fruire dei propri servizi attraverso internet ad una clientela variegata e proveniente da ogni parte del globo;
- ricorso a strumenti di pagamento alternativi ai contanti ma che comunque non permettono una semplice tracciabilità delle relative operazioni.
Tra i comportamenti illeciti degli operatori del settore sono facilmente riscontrabili i seguenti:
- con riferimento alle grandi aziende della new economy, la sottrazione attraverso il trasferimento, a volte anche fittizio, della sede sociale in paese a fiscalità agevolata;
- relativamente alle piccole e medie imprese, ma spesso anche ai privati che sfruttano il web per piccoli affari commerciali, si rilevano incassi non dichiarati attraverso Paypal, Criptovalute o svariate tipologie di coupon che vengono in qualche modo riscattati e non dichiarati.
- per non parlare di un fenomeno molto in voga in questi ultimi tempi, quello della sharing economy quasi completamente sommerso anche perchè molto difficile da scovare e tassare.
Tra l’altro una grossa problematica del Fisco è quella di avere a disposizione strumenti troppo obsoleti per contrastare un fenomeno in continua ascesa e quasi senza controllo.
Ristrutturo la casa in nero!
Altro malcostume piuttosto tipico degli italiani è quello di ristrutturare la propria casa mettendosi d’accordo con le imprese che eseguiranno i lavori per evitare fatturazioni che comporterebbero, per il proprietario di casa, già da sole, il pagamento del 10% di IVA sugli importi da versare.
Sebbene i bonus fiscali su ristrutturazioni e riqualificazioni energetiche avessero fatto, in un primo momento, ben sperare, ed incoraggino la dichiarazione delle spese sostenute, col tempo, il sommerso nell’edilizia che aveva subito un flessione iniziale, è tornato a crescere anche se il vantaggio dei bonus è spesso maggiore di quanto le imprese scontino per eseguire il lavoro in nero.
Gli accordi tra venditore e acquirente con la concessione di sconti e, soprattutto, i tempi (il bonus ristrutturazioni si recupera in 10 anni), fanno pendere l’ago della bilancia, nuovamente, verso la più classica delle furbate italiane, la ristrutturazione della propria casa, totalmente o parzialmente in nero.
Non atipico, addirittura, il caso di interventi di ristrutturazione e risparmio energetico pagati con bonifico, e su cui il proprietario ha usufruito delle agevolazioni fiscali del 36%, 50% e 65%, che non vengono poi dichiarati dalle imprese costruttrici sebbene il tutto fosse stato pagato regolarmente con bonifico.
Svendo casa disperatamente!
La compravendita di immobili non si risparmia di certo all’evasione o elusione di parte del denaro dovuto al Fisco in virtù del trasferimento di proprietà…
Durante l’atto di compravendita, anche in presenza di un notaio, non è inusuale che acquirente e venditore indichino nel contratto un prezzo fittizio più basso del valore reale della vendita e, per non incorrere nei controlli automatici da parte dell’Agenzia delle Entrate, più alto del valore catastale dell’immobile oggetto della vendita.
In questo modo, l’acquirente risparmierà parecchi euro sulla tassa di registro e il venditore potrà evadere quanto sarebbe previsto per la sua plusvalenza.
Il comodato in affitto
Tra i metodi più utilizzati dai proprietari di immobili per evadere il Fisco c’è quello della concessione in comodato dell’immobile con canone di affitto pagato in contanti e, ovviamente, non dichiarato al Fisco.
Un altro utilizzo improprio del comodato parte da una sentenza della Cassazione che da la possibilità a chi riceve l’immobile in comodato di subaffittarlo percependone i canoni di locazione che dovrà poi dichiarare al Fisco.
Questo consentirebbe ai proprietari di un immobile con altri redditi di mettere in piedi una manovra che permette di spostare la tassazione sulla locazione dell’immobile, in capo ad altri soggetti che non percepiscono alcun reddito come, ad esempio, i figli che potranno beneficiare di un’aliquota IRPEF più bassa rispetto ai genitori titolari di altri redditi.
Le spese promozionali… Ops personali
Molti imprenditori per ridurre il loro reddito hanno l’abitudine di inserire tra i costi tutti, ma proprio tutti, i loro costi personali.
Grazie a fatturazioni, più o meno accorte, concordate coi fornitori, beni come gioielli, pasticceria, bevande, pranzi e cene al ristorante, anche in occasione di particolari cerimonie, possono diventare in contabilità delle spese portate in deduzione come promozionali o pubblicitarie fatte in favore dei loro clienti.
Tali costi possono essere dedotti interamente così come la relativa IVA, qualora il loro prezzo unitario non superi i 25,82 euro e, riguardo all’IRPEF, dedotti di un terzo se il prezzo supera i 25,82 euro.
Il conto cifrato oltre confine
Una pratica ormai decaduta ma utilizzata in maniera significativa fino a qualche anno fa quando in Paesi come Svizzera, San Marino, Principato di Monaco, Liechtenstein, e altri, vigeva ancora il segreto bancario.
Il giochetto era molto semplice e consentiva agli imprenditori di versare nei conti esteri cifrati il denaro proveniente da lavori non fatturati o di altra provenienza poco lecita. I conti cifrati non avevano un reale intestatario, o per lo meno, lo stesso restava segreto a qualsivoglia controllo.
Banca estera e correntista stipulavano un contratto di assoluta segretezza e riserbo e al correntista nulla veniva spedito a casa, nessuna comunicazione in mail, nè tanto meno estratti conto o movimenti bancari.
Non era previsto alcun servizio di home banking e il titolare del conto non poteva assolutamente operare dall’Italia, proprio a garanzia della segretezza. Quello che aveva il correntista era soltanto un numero, quello del proprio conto e null’altro in mano.
Grazie a questo stratagemma erano frequenti i viaggi all’estero, in particolare, in Svizzera vista la vicinanza con nostro Paese, degli imprenditori con le valige piene di contante da depositare nelle “segrete” banche di Lugano, Chiasso o altre località vicine al confine.
I più facinorosi effettuavano i trasferimenti di denaro facendo bonifici, anche internazionali, tra istituti bancari situati in Paesi col segreto bancario. Chi poteva vedere un bonifico che partiva da un conto cifrato alle Cayman verso un conto cifrato in Svizzera? Nessuno, se non i diretti interessati….
Con l’adesione della maggior parte degli Stati allo scambio di informazioni bancarie internazionali ed il conseguente tramonto del segreto bancario, questa pratica si è molto ridimensionata perchè, obiettivamente, a che serve oggi avere il conto in Svizzera?….
I libretti al portatore anonimi
Altro problema risolto nel 2017, quello dei libretti al portatore anonimi, con la totale abolizione di questo istituto che consentiva a chiunque di depositare denaro contante senza che venisse fatta alcuna verifica sul cliente e, quindi, senza che le banche conoscessero il reale titolare dei soldi presenti nel libretto stesso.
Il denaro depositato all’interno del libretto poteva essere utilizzato da chiunque fosse in possesso del titolo di deposito, o lo detenesse al momento delle operazioni di prelievo o versamento presso lo sportello della banca.
In questo modo si costruivano delle vere e proprie banche di libretti: la G.d.F. ha scoperto, negli anni, soggetti che avevano il controllo di più di 50-100 libretti al portatore che utilizzavano per depositare e movimentare denaro in nero.
La tassa di soggiorno? Me la tengo…
Più di un caso nel centro storico di Napoli è stato scoperto dalla Polizia Municipale nel corso di controlli di routine di albergatori che non versavano la tassa di soggiorno che addebitavano ai propri clienti.
Il sistema era assai semplice, veniva rilasciata regolare fattura o ricevuta agli ospiti con addebito della relativa tassa di soggiorno ma, nel caso di clienti persone fisiche che normalmente buttano la fattura perchè non possono dedurne il relativo costo, la fattura stessa veniva cestinata anche dall’albergatore che evadeva in un colpo solo le imposte sul reddito e si tratteneva la tassa di soggiorno.
Peccato che anche un normale controllo di routine ha scoperchiato questo stratagemma costringendo i furbetti a pagare le imposte non versate con relative sanzioni ed interessi.
L’assegno non trasferibile che diventa trasferibile
Immaginiamo il caso dell’impresa edile che esegue i lavori di ristrutturazione presso l’appartamento dell’anziana signora Verdi.
Al termine dei lavori, la signora Verdi si presenta davanti al titolare dell’impresa con il blocchetto degli assegni in mano, compila la cifra in numeri e in lettere e poi chiede: “a chi lo intesto questo assegno?” e il titolare risponde: “non si preoccupi signora, lo intestiamo noi, stia tranquilla, lasci pure in bianco il nome…“.
In questo modo l’assegno non trasferibile diventa a tutti gli effetti un assegno trasferibile, una sorta di titolo al portatore che può servire per regolare, magari, qualche affare in nero, alla stregua del denaro contante.
Dopo una serie di passaggi l’assegno viene poi versato nel conto corrente del signor Bianchi, signore anziano e pensionato, magari il padre di uno dei protagonisti degli svariati giri dell’assegno, insospettabile e totalmente all’oscuro di chi possa aver inizialmente emesso il titolo che sta incassando.
I contanti nei pennarelli o nel detersivo
A Malpensa se ne vedono di tutti i colori e gli agenti di Guardia di Finanza e Agenzia delle Dogane, non possono trascurare alcun dettaglio utile per evitare che i furbetti evasori, chi detiene, ad esempio, ingenti capitali all’estero e prova a farli rientrare in modo anonimo, non riesca coi mezzi più fantasiosi a portare a termine il proprio intento.
La strategia è quella di nascondere il denaro in oggetti di utilizzo quotidiano e comune per evitare di insospettire il personale di controllo in aeroporto:
- Chi controllerebbe mai un bimbo con un astuccio di pennarelli in mano?
- Chi mai si sognerebbe di controllare all’interno di un libro per bambini?
- Chi mai avrebbe l’accortezza di verificare se all’interno di un fustino di detersivo possa esserci del denaro?
- Chi guarderebbe in mezzo ai calzini sporchi alla ricerca di banconote?
Ebbene qualcuno, o per meglio specificare, gli agenti doganali lo hanno fatto, scoprendo, ad esempio, un cinese con 18.500 euro arrotolati all’interno dei pennarelli del figlio, un imprenditore nigeriano fermato a Torino con 205mila euro inseriti in alcune buste nascoste nei fustini del detersivo e altre situazioni riconducibili agli esempi fatti sopra.
Tra il 2016 e il 2017 nel corso dell’operazione “Cash in the clouds” (contanti tra le nuvole), sono stati controllati quasi 4.000 passeggeri in partenza e in arrivo da Malpensa e intercettati un totale di 40 milioni di euro da viaggiatori presi, non proprio a campione, ma selezionati attraverso un’accurata attività di intelligence e profilazione.
Quasi il 50% dei profili sottoposti a verifica hanno violato la normativa che prevede il tetto massimo di denaro contante (€ 10.000) che può essere importato o esportato senza un’apposita dichiarazione in dogana e, in totale, sono state irrorate sanzioni per 600.000 euro ai malcapitati.
Per dare ancora una nota di colore alla notizia è utile aggiungere che spesso, le somme in nero venivano trasportate da soggetti completamente sconosciuti al Fisco.
Uso di marchi e brevetti per evadere le tasse
Tra i metodi degli ultimi anni per ridurre la pressione fiscale esiste quello del Patent Box, una misura creata ad hoc, dal Governo Renzi, per dare una spinta alla ricerca e all’innovazione nel nostro Paese. Un provvedimento che, di per se, ha avuto, e potrà ancora avere in futuro, dei riscontri positivi se utilizzato nella maniera opportuna.
Peccato che i furbetti, sotto forma di sfruttamento di brevetti, marchi commerciali e opere di ingegno spostano buona parte delle loro attività che nulla hanno a che vedere con questo tipo di reddito o non sono direttamente collegate a questi beni immateriali.
I patent box, in Italia, sono tassati al 15,7% e dirottare parte dei redditi di impresa, anche di altra tipologia, a sfruttamento del marchio e del diritto di autore può far risparmiare indebitamente parecchie migliaia di euro in tasse dovute all’erario e, come è logico che sia in Italia, qualcuno ci ha già pensato.
I più intraprendenti addirittura hanno pensato di registrare marchi, brevetti ed opere di ingegno, sfruttandone i relativi profitti, e anche qualcosa in più, in Paesi in cui questi redditi sono tassati in misura ancora minore come in Ungheria ed Olanda (5%) o a Malta dove questa attività è considerata esentasse.
Divido in 2 appartamenti la casa di lusso così pago meno
Secondo le normative vigenti, sono da considerarsi case di lusso, le abitazioni composte di uno o più vani costituenti unico alloggio padronale aventi superficie utile complessiva superiore a 200 m² (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine) ed aventi come pertinenza un’area scoperta della superficie di oltre sei volte l’area coperta.
Al momento della compravendita, per queste abitazioni considerate di lusso, si deve pagare l’IVA ad un’aliquota del 22% e non sono ammesse le agevolazioni previste in caso di acquisto della prima casa.
Come soluzione per evitare questo gravoso regime tributario, molti contribuenti decidono di dividere e far apparire il fabbricato di queste dimensioni come se fosse costituito da 2 unità immobiliari unitarie e distinte, anche se in realtà non lo sono.
La casa vacanza che diventa una prima casa
E’ ben noto che quando si acquista un immobile ci si debba confrontare con la gravosa imposta di Registro che, per gli acquisti di abitazioni in regime ordinario è del 10% rispetto al prezzo di acquisto dell’immobile stesso, ma ridotta al 4% nel caso di acquisto della “prima casa” o per meglio dire della “casa di abitazione“.
Casa di abitazione che comporta anche un sostanziale sconto relativamente alle tariffe comunali come IMU, TARI ed altri oneri calcolati ad aliquote ridotte o con detrazioni per la prima casa.
Proprio a causa di questi motivi sono assai diffusi i casi di contribuenti che, pur non risiedendo in uno di questi fabbricati, specialmente se ubicati in zone turistiche e adibiti a casa vacanza o similari, riescono in qualche modo a prendervi la residenza con la sola finalità di risparmiare illecitamente le tasse in fase di acquisto dell’immobile e le relative imposte comunali ogni anno.
Intestazione fittizia di beni personali alla società
Acquistare beni costosi personalmente come ad esempio case, barche, telefonini può essere assai pericoloso e, per i titolari di impresa, anche poco conveniente. E’ risaputo che strumenti come il redditometro e l’obbligo di segnalazione degli acquisti sopra i 3.600 euro, da parte dei venditori, può mettere il contribuente, titolare di reddito di impresa, in una posizione scomoda nei confronti del Fisco se questo non ha dichiarato un reddito commisurato al totale delle spese sostenute durante l’anno.
E’ altresì ovvio che l’acquisto di beni quali automobili, imbarcazioni, orologi di lusso, abitazioni, gioielli e via discorrendo farebbe salire subito il tetto di spesa annuo a fronte del reddito dichiarato, facendo scattare i controlli automatici dell’Agenzia delle Entrate.
Per ovviare a questo problema, e per trarne un ulteriore vantaggio indebito che vedremo in seguito, questi facoltosi imprenditori intestano, sempre più spesso, questi beni alle loro società o ancor peggio ad altre imprese costituite ad hoc per questi motivi, magari con sedi in Stati esteri per dissimulare, in qualche modo, il proprio patrimonio ed evitare i controlli dell’Amministrazione Finanziaria.
L’ulteriore vantaggio di questo genere di operazione è rappresentato dalla deduzione dei costi relativi a tali beni intestati alle loro società, ma utilizzati completamente per scopi personali in quanto non inerenti all’attività di impresa.
Sono state introdotte in questi ultimi anni alcune normative e leggi per ovviare a questa brutta abitudine tutta italiana e si tratta, tuttavia, di vedere in che misura tali disposizioni vengano effettivamente rispettate.
Lo studio di settore taroccato
Lo studio di settore rappresenta uno strumento utilizzato dall’Amministrazione Finanziaria per valutare la capacità reddituale delle imprese artigiane e commerciali. Grazie agli studi di settore l’Agenzia delle Entrate può verificare attraverso dei calcoli analitici se i contribuenti hanno dichiarato dei compensi congrui rispetto ai fattori produttivi che hanno impiegato e di cui sono in possesso.
Lo studio di settore, analizzando i vari fattori produttivi dell’impresa, stabilisce un reddito minimo che l’impresa dovrebbe dichiarare e, la congruità dei ricavi dichiarati dipende, appunto, dalla relazione e confronto tra quanto calcolato analiticamente dallo Stato e quanto effettivamente indicato in dichiarazione dei redditi dall’impresa.
Va da se che ad influenzare il risultato dello studio di settore siano ad esempio, i macchinari, gli impianti e il numero dei dipendenti e collaboratori che ha utilizzato l’impresa nel corso dell’anno.
Questo può voler dire che due diverse imprese, che producono lo stesso prodotto, potranno essere entrambe congrue rispetto agli studi di settore anche se una dichiara 50.000 euro l’anno e l’altra ne dichiara 200.000.
La differenza sta nel dal valore dei diversi fattori produttivi di ciascuna delle due realtà: se la
prima dispone di impianti per € 500.000,00 e, la seconda, di impianti per un valore di € 150.000,00,
è normale che non possano dichiarare la stessa cifra a fine anno e, allo stesso modo, che lo studio di settore offra un risultato differente.
Tutto questo preambolo per arrivare a dire che molto spesso le aziende barano proprio nell’indicazione dei fattori produttivi all’interno dello studio di settore, non inserendo tutti gli impianti a loro disposizione, dichiarando meno ore lavorate nel corso del periodo do imposta, meno personale specializzato o collaboratori addetti.
In questo modo anche con una dichiarazione dei redditi un po’ più bassa ci si eviterà il rischio dei controlli, quasi automatici per chi non risulta congruo e coerente agli studi di settore.
Evasione fiscale una metastasi da evitare
Dopo aver descritto i peggiori e più fantasiosi metodi utilizzati dai nostri concittadini per evadere il Fisco, è giusto fare alcune precisazioni per capire quanto sia opportuno cercare di star lontani da queste malsane abitudini tutte italiane.
Mi rendo conto, e sono il primo a sostenere, che la pressione fiscale italiana sia a dir poco soffocante, sia per la mole di tasse che ci troviamo costretti a pagare ogni anno che per la burocrazia e le difficoltà che troppo spesso dobbiamo affrontare, addirittura per capire quanto si debba pagare! E attenzione a non commettere errori perchè questo comporterebbe ulteriori sanzioni, non certo di poca entità.
Vogliamo poi parlare del perverso meccanismo degli acconti che costringono i contribuenti persone fisiche e le imprese a pagare le tasse, anche sui redditi non ancora dichiarati? Eviterei perchè ci sarebbe da scriverne un ulteriore libro.
Visto quel che ho scritto, e seguendo il consiglio di qualche sciacallo, sembrerebbe che la soluzione unica a questo fardello che dobbiamo, gioco forza, portarci dietro noi italiani, sia soltanto l’evasione fiscale.
Inventarsi qualcosa per sopravvivere, studiare e capire come sottrarre parte del nostro imponibile al fisco, o per dirla come la direbbe l’uomo della strada: “l’unico modo per pagare meno tasse è evaderle…” non è la soluzione!
Anzi, chi diffonde queste opinioni è pericoloso per se stesso ma soprattutto per gli altri! Al giorno d’oggi, con internet, tutti i controlli telematici e le banche dati di cui dispone l’Amministrazione Finanziaria, è quasi impossibile non essere beccati, perchè ogni movimento lascia una traccia e il Fisco ragiona per presunzione, per cui, appena nota qualcosa di strano, fa partire un accertamento.
C’è chi pensa che il rimedio migliore per ridurre le tasse sia quello di ricorrere a fatture false o gonfiate che abbattono il reddito imponibile attraverso la creazione di costi inesistenti. E la cosa peggiore, è che siano proprio i consulenti fiscali che consigliano questi rimedi assurdi che sono configurabili in veri e propri reati tributari.
Certo, non è difficile, oggi, trovare qualcuno che emetta una fattura fittizia, magari per lavori in realtà mai svolti, o per l’acquisto di merce mai avvenuto, e di pagare soltanto l’IVA al committente o l’intera fattura vedendosi poi restituito in contanti l’imponibile.
Una soluzione semplice e in apparenza efficace ma che ti mette in una posizione di grave pericolo nei confronti del Fisco che, in caso di controlli, se scopre fatture per operazioni inesistenti, ti presenterà un conto salatissimo tra sanzioni e interessi. Sanzioni che in molti casi sono soltanto il preludio a successive condanne penali per frode fiscale!
Il conto di un eventuale accertamento in cui vengono scoperte delle fatture false non lo pagherà il tuo consulente o l’amico “esperto” che ti ha suggerito questo stratagemma… Non lo pagherà il cugino che gestisce la sua impresa malamente e ti ha detto di far così… Non lo pagherà nessuno… Tutti faranno spallucce e tu dovrai mettere mano al portafogli e, intanto, pagare le tasse su quanto evaso in base alle presunzioni che farà l’Agenzia delle Entrate (mai troppo tenere in questi casi), e poi fare i conti con interessi e sanzioni da capogiro!
In generale, il grosso problema è che se un imprenditore si trova costretto a ricorrere a queste pratiche illegali perchè soffocato dal Fisco, significa che i problemi stanno a monte, ovvero in una gestione fiscale completamente inesistente che porta inevitabilmente a muoversi nel modo sbagliato per trovarsi poi costretti a risolvere la questione commettendo un reato.
Evadere le tasse non è mai una soluzione vincente e non è una strada praticabile per chi vuole dormire sonni tranquilli e, se anche ci si trova costretti ogni giorno a combattere una battaglia iniqua contro uno Stato tiranno, le leggi in materia di evasione restano vessatorie e pesantissime e farsi beccare con le mani nella marmellata può essere davvero fatale.
Evadere le tasse è un po’ come rubare, non allo Stato, ma al tuo vicino di casa che magari si comporta onestamente e paga fino all’ultimo centesimo le imposte dovute.
Pagare il giusto e non farsi soffocare dal Fisco e invece un dovere morale di ogni imprenditore nei confronti di se stesso, della sua famiglia, dei suoi lavoratori e di tutti coloro che in qualche modo dipendono da lui.
Per pagare le tasse nella giusta misura in cui sono dovute, non è necessario commettere dei reati ma costruire la propria realtà imprenditoriale basandosi sulla conoscenza fiscale e, nel caso, affidarsi ai collaboratori giusti che sapranno guidarti nella difficile lotta per la sopravvivenza contro l’erario.
Per capire se stai andando nella giusta direzione, ovvero, quella che ti consentirebbe di pagare il giusto carico fiscale senza ricorrere agli stratagemmi contenuti in queste pagine che ti metterebbero nella condizione di vivere perennemente con un flacone di nitroglicerina in tasca, pronto ad esplodere da un momento all’altro, devi partire coll’avere coscienza di queste poche ma fondamentali regole per migliorare la tua posizione col Fisco:
Devi sapere se la forma societaria che hai scelto è davvero quella adeguata alle tue esigenze, devi conoscere i metodi e le strategie per poter ridurre al minimo le tasse, devi sapere come inquadrare i tuoi collaboratori, essere in grado di riconoscere, tra le spese che affronti ogni anno, quali possono dar luogo a deduzioni e detrazioni fiscali evitando di perderti per strada un sacco di soldi solo perchè hai cestinato una ricevuta o, ancor peggio, non te la sei nemmeno fatta fare.
Devi essere in grado di sfruttare eventuali diritti di autore se la tua attività ti da la possibilità di farlo, devi saper scegliere il giusto consulente fiscale che ti spiani la strada del risparmio fiscale e non il commercialista contafagioli che si fa sentire solo a fine anno per aumentarti la parcella e a giugno per darti gli F24 con le mazzate da pagare.
Devi imparare a gestire i costi della tua impresa in modo da poterne dedurre e detrarre il più possibile: ristoranti, alberghi, auto, telefonini cellulari e tanti altri oggetti e costi di uso comune e giornaliero spesso, a causa di una gestione fiscale scorretta della tua impresa, risultano indeducibili e questo lo si può tranquillamente evitare perchè se hai un costo, è giusto poterlo scaricare fiscalmente.
E ancora…
Devi sapere come gestire al meglio gli acconti da versare al Fisco, magari calcolandoli col metodo previsionale, sfruttare l’outsourcing invece che continuare ad assumere personale, investire in tecnologia sfruttando le opportunità finanziarie e fiscali che lo Stato offre per queste tipologie di spesa.
Devi pianificare al meglio la gestione fiscale e aziendale della tua impresa, ovvero, organizzare i tuoi affari fiscali al fine di ridurre al minimo la tassazione gravante su di essi. Una corretta pianificazione fiscale consente di effettuare gli investimenti nei modi e nei tempi più logici per poter risparmiare sul Fisco, sfruttare le sponsorizzazioni in modo legale, e tutte le leggi esistenti per pagare meno tasse restando nella legalità.
Devi monitorare costantemente la tua situazione economica e contabile per evitare di trovarti nella situazione di renderti conto a dicembre che hai un utile troppo alto! Un costante monitoraggio del conto economico della tua azienda ti consentirà di avere ben chiaro quando fare un investimento, quando impostare campagne pubblicitarie e per quali importi, e ti farà arrivare cosciente a fine anno di chiudere con il giusto utile per poter risparmiare, o quanto meno posticipare di un anno, una parte delle tasse che dovrai pagare al Fisco.
Ma soprattutto, e dopo questo non aggiungo altro, OPERARE NELLA LEGALITA’ !
Se rispetterai tutti i consigli e le indicazioni di queste ultime righe, se saprai trovare un consulente fiscale che non sia solo un contafagioli, se applicherai, anche solamente metà delle soluzioni contenute nel mio libro
PAGARE MENO TASSE… Quello che i commercialisti non dicono su Fisco e Tasse“,
allora non avrai bisogno di ricorrere alle “furbate” dell’ultima ora per abbassare il reddito imponibile evadendo il Fisco.
Non avrai più bisogno di dormire preoccupato ed avere l’ansia ogni qualvolta sentirai suonare il campanello della porta di casa tua o riceverai una raccomandata.
Non dovrai più guardare intimorito gli agenti della Guardia di Finanza come se fossi sempre e costantemente in difetto nei loro confronti.
Non sarai più costretto a scappare e potrai goderti la tua libertà di imprenditore che legalmente e consapevolmente ha scelto di pagare allo Stato solo quel che deve, non 1 centesimo in più, ma senza rubare nulla a nessuno!
Le regole che ti ho illustrato al termine di questo testo e i suggerimenti contenuti nel mio libro “Pagare Meno Tasse” sono i presupposti fondamentali per gestire al meglio la tua attività e la tua vita da contribuente.
Se paghi troppe tasse e sei costretto ad evadere, la responsabilità non è di Renzi o dell’attuale Governo, non è di Berlusconi o degli sbarchi di immigrati a Lampedusa, è solo tua ed è inutile cercar scuse. Se non trovi mai il tempo di dedicare parte della tua giornata ad imparare le normative e documentarti su come impostare la tua azienda fiscalmente per abbassare il carico fiscale, non puoi attribuire a fattori esterni gli F24 da capogiro che sei costretto a pagare da giugno a novembre.
Non puoi far l’errore che sia solo il commercialista ad occuparsi della gestione fiscale della tua attività, perchè tu meglio di lui, se conosci le leggi, le saprai applicare alla tua realtà, consigliando il tuo commercialista su eventuali mosse da fare con il suo aiuto.
Conoscere, un minino, di normativa consente a tutti gli imprenditori e professionisti di poterla utilizzare a proprio favore quando bisogna prendere una decisione importante.
Evadere le tasse è un reato, è pericoloso, ti rende vulnerabile ad ogni controllo ed accertamento del Fisco sui tuoi conti e sulla tua attività, e devi sapere che tutti i metodi illegali che hai trovato in queste pagine sono ormai conosciuti all’Amministrazione Finanziaria e che i protagonisti di queste avventure, ora, non credo che se la passino troppo bene.
Questo significa che se hai letto questo articolo perchè sei stanco di pagare troppe tasse e cercavi un facile metodo per ridurre il tuo carico fiscale, sono convinto che sarai rimasto deluso.
Se quello che volevi, era tenere tutto per te quel che guadagni senza dare un solo euro allo Stato utilizzando qualsiasi metodo lecito o illecito allora questo non è il posto giusto.
Se invece questo testo ti avrà aiutato a capire cosa non fare e quali consigli debitamente declinare, allora potrò dire di aver portato a termine la mia missione di formare dei contribuenti, in primo luogo, consapevoli che non è l’evasione fiscale la panacea di tutti i mali e che utilizzare questi metodi per ridurre il peso delle tasse non li porterà assolutamente a niente, almeno nel lungo periodo, visto che trattasi di metodi ormai noti alla Guardia di Finanza e all’Agenzia delle Entrate.
Prima di evadere il Fisco pensaci potrebbe costarti meno caro pagare tutte le tasse…
Se hai trovato interessante questo articolo, per approfondire, ti consiglio di scaricare il mio libro gratuito "PRONTUARIO DI PAGARE MENO TASSE" che ti svelerà i segreti che i commercialisti ti tengono volutamente nascosti GRATUITAMENTE...