Quando è rinunciare all’eredità?

Scritto da Omar Cecchelani in Famiglia

Quando muore un parente diretto (genitore, coniuge o un figlio) i soggetti interessati all’eredità, solitamente, una volta metabolizzato il lutto, sono felici di ricevere una quota o l’intero patrimonio, più o meno cospicuo, lasciatogli dal defunto.

Ci sono però alcuni casi in cui, per motivi personali o per qualsiasi altra causa, un avente diretto decide di rinunciare all’eredità. Una delle principali motivazioni è il non voler ereditare i debiti lasciati dal soggetto passato a miglior vita.

Infatti, dal momento in cui si diventa eredi, automaticamente si acquisisce il patrimonio, ma anche le eventuali passività lasciate dal de cuius. Finché però, un soggetto non accetta l’eredità, i creditori non potranno, in alcun modo, aggredire i suoi beni personali: cosa che invece accadrebbe in caso contrario.

Ecco come, la rinuncia all’eredità diventi un importante strumento per proteggere il proprio patrimonio familiare nei confronti dei creditori del parente defunto.

Di seguito andremo ad analizzare cosa prevede la legge, la procedura da seguire, quali effetti causa questo strumento, cosa comporta per i creditori e per i possibili altri eredi, e ciò che accade all’eredità che viene rifiutata.

Indice:

 

Rinuncia all’eredità: cos’è?

La rinuncia all’eredità, altro non è che una semplice dichiarazione che l’erede rilascia dinnanzi ad un notaio, o presso la cancelleria di un tribunale del circondario dov’è stata aperta la successione, con cui rifiuta il patrimonio ricevuto dal defunto.

A seguito di tale rinuncia il soggetto non assume la qualifica di erede e perde ogni titolo e diritto sui beni lasciati dal de cuius. La sua quota verrà quindi spartita tra gli altri eredi secondo le regole stabilite dalla legge.

Chi rinuncia si mette al riparo da eventuali azioni giudiziarie sui propri beni personali messe in atto da eventuali creditori del soggetto deceduto, qualora lo stesso avesse debiti verso terzi o con l’erario.

 

Perché rinunciare all’eredità

Quando si parla di eredità si pensa subito ad un, più o meno, consistente patrimonio lasciato da un parente appena defunto. Non tutti però, alla propria morte, abbandonano questo mondo con situazioni finanziarie rosee; spesso capita che il morto, oltre al conto del suo funerale da pagare, lasci altre partite in sospeso con numerosi creditori.

Nel momento in cui un soggetto accetta l’eredità (tacitamente o espressamente), la qualifica di erede fa si che possa diventare il bersaglio delle azioni dei creditori per recuperare i loro denari. La prima diretta conseguenza dell’accettazione di un eredità con più debiti che crediti è la facoltà dei creditori di aggredire i beni personali dell’erede (conti correnti, immobili, pensione, ecc.).

Infatti, non esiste alcun obbligo che imponga ai creditori di rivalersi, prima sui beni ricevuti in eredità dal soggetto e poi su quelli personali. Accettando l’eredità, il patrimonio del defunto si fonde completamente con quello dell’erede e, pertanto, non ci sarà distinzione circa i beni già di proprietà dell’erede e quelli ereditati. Stesso discorso per quanto riguarda i debiti.

Accettare un’eredità quindi, potrebbe rappresentare un grosso rischio qualora il defunto non abbia, ad esempio, pagato le tasse, risarcito un soggetto a seguito di una causa persa, saldato i conti coi suoi fornitori, versato regolari stipendi ai dipendenti, ecc.

Le situazioni a rischio sono molte ed è necessario fare particolare attenzione prima di procedere all’accettazione dio un eredità. L’unica possibilità per mettersi al riparo dalle gravi ripercussioni sopra descritte, quando i dubbi sono maggiori delle certezze, è rappresentata dalla rinuncia al patrimonio ereditario. È logico che contemporaneamente si perda qualsiasi tipo di diritto sui beni effettivamente lasciati dal defunto e, pertanto, non si riceverà più nulla.

Le regole descritte non sono valide in sole due circostanze:

  • pensione di reversibilità;
  • rendita di una polizza a vita.

In questi specifici casi il beneficiario riceve le somme, non a titolo di successione e, di conseguenza, può rinunciare anche all’eredità senza perdere il diritto alla reversibilità della pensione o all’eventuale polizza a vita.

E’ importante tener presente che la legge ha fissato in 10 anni, dalla morte del parente, il termine entro cui è possibile decidere se accettare o meno l’eredità. Il motivo di un lasso di tempo così lungo, è dovuto al fatto che, molte volte, è impossibile conoscere in tempi brevi la reale situazione finanziaria del defunto (soprattutto se abbia lasciato o meno dei debiti).

È anche vero che chi rinuncia all’eredità, solitamente, non aspetta 10 anni a prendere una decisione:  questo perché solitamente si ha già il forte sospetto (spesso la certezza) che il soggetto deceduto abbia lasciato una pesante eredità da cui è conveniente star lontani.

Esiste un’altra particolare condizione che rende conveniente rinunciare ad un’eredità: evitare che i creditori possano pignorare i beni del defunto qualora sia l’ereditiere ad avere una pesante situazione debitoria.

Per rendere il concetto più chiaro basta fare un semplice esempio: immaginiamo un figlio con molti debiti che alla morte del padre viene nominato suo erede. Accettando l’eredità, il patrimonio acquisito diverrebbe immediatamente oggetto di rivalsa da parte dei creditori.

Potrebbe, ad esempio, vedersi pignorata la casa di famiglia inserita nel testamento. Per evitare questa situazione, il soggetto, può rinunciare all’eredità lasciandola ai parenti, ma fissando degli accordi contrattuali per poterne usufruire in futuro.

Tale comportamento è, però, considerato una frode ai danni dei creditori, tanto che il codice civile da la possibilità a quest’ultimi di impugnare la rinuncia all’eredità per un’eventuale revoca entro 5 anni.

 

Differenze tra rinuncia all’eredità e accettazione con beneficio di inventario

La rinuncia all’eredità comporta conseguenze piuttosto radicali impedendo, di fatto, sia di ricevere il patrimonio lasciato dal defunto ma anche la trasmissione dei suoi debiti.

Tuttavia, esiste un metodo intermedio che permette di accettare l’eredità ma limitando i rischi che essa comporta. Si tratta dell’accettazione con beneficio di inventario; in questo caso i creditori non possono aggredire i beni personali dell’erede ma solo quelli che ha ricevuto come lascito dal defunto.

Per fare un esempio: se una persona che possiede tre case riceve in eredità un terreno e un conto bancario, i creditori del parente morto potranno pignorare solo quest’ultimi beni e non aggredire anche i tre immobili già di proprietà dell’erede.

 

Come si effettua la rinuncia all’eredità

Per ottenere la rinuncia all’eredità è necessario effettuare una dichiarazione presso un proprio notaio di fiducia o il cancelliere del tribunale del circondario dov’è stata aperta la successione.

Avvalendosi di un notaio è possibile registrare l’atto ovunque, mentre, rivolgendosi ad un tribunale è necessario farlo nella città dov’era domiciliato il defunto. In seguito, la dichiarazione verrà inserita nel registro delle successioni.

L’atto pubblico deve avere tre caratteristiche fondamentali per essere ritenuto valido, in particolare:

  1. non deve presentare nessun tipo di condizione. Chi rinuncia non può dichiarare di farlo solo al verificarsi o meno di qualcosa;
  2. La rinuncia è definitiva e non prevede alcun termine;
  3. La rinuncia riguarda la totalità dell’eredità. Non è possibile rinunciare solo ad una parte e accettarne un’altra.

Naturalmente la rinuncia all’eredità per essere valida deve avvenire per libera scelta senza imposizione alcuna o dietro il ricevimento di un compenso in denaro.

Al momento della sottoscrizione dell’atto di rinuncia vengono richiesti una serie di documenti:

  • carta di identità e codice fiscale del rinunciatario;
  • certificato di morte in carta semplice. Nel caso si tratti di un coniuge, ascendenti o discendenti è sufficiente anche un’autocertificazione o dichiarazione sostitutiva;
  • documentazione che accerti l’ultima residenza del defunto;
  • codice fiscale del parente deceduto;
  • copia conforme dell’eventuale testamento;
  • copia conforme dell’autorizzazione del giudice tutelare. Questo documento è richiesto solo nel caso in cui vi siano eredi minorenni interdetti.

La documentazione deve essere presentata dal soggetto che intende rinunciare all’eredità. Nel caso in cui questo fosse un erede minorenne, dovrà essere accompagnato dai genitori.

Se, invece, il rinunciatario ha figli minorenni che diverrebbero a loro volta eredi, può presentare un’istanza per la rinuncia anche a loro nome presso un tribunale, in modo da ottenere la necessaria autorizzazione del giudice tutelare.

 

Quanto costa rinunciare all’eredità?

L’intera procedura prevede un versamento di 200 euro attraverso il modello F23 necessario per il pagamento della tassa di registrazione dell’atto pubblico. A ciò si deve aggiungere una marca da bollo da 16 euro da apporre sull’atto originale e ulteriori marche da bollo per ogni copia necessaria.

Il pagamento deve essere effettuato il giorno stesso dell’atto e la ricevuta consegnata presso la cancelleria del tribunale. Nel caso in cui l’atto venga effettuato da un notaio si dovranno sostenere le spese per la parcella del professionista che si attestano intorno ai 600 euro.

È bene ricordare che per richiedere una copia del documento serve presentare in cancelleria due marche da bollo da 16 e 11,54 euro. Per il ricevimento della copia bisognerà attendere circa 40 giorni.

 

Gli effetti della rinuncia all’eredità

Come abbiamo sottolineato, l’immediato effetto della rinuncia all’eredità è la perdita di tutti i diritti di essere considerato tra i chiamati (eredi) e di tutti gli obblighi che ne conseguono. Il rinunciatario non dovrà, pertanto, rispondere dei debiti del defunto, nemmeno se questi sono stati contratti con l’Agenzia delle Entrate per i mancati versamenti di imposte e tributi.

La rinuncia ha effetto retroattivo, quindi, colui che non accetta l’eredità è come se non fosse mai stato nominato. Tale principio non si applica sugli eventuali atti conservativi e amministrativi che il soggetto citato ha compiuto prima della rinuncia.

Restando l’efficacia degli atti effettuati, il rinunciante ha diritto ad un rimborso delle spese sostenute che saranno a carico di chi accetta l’eredità.

 

Chi non può rinunciare all’eredità

Un volta che un chiamato decide di accettare l’eredità non può più rinunciarvi. L’accettazione può avvenire in due modi: espressa o tacita.

Nel primo caso, l’erede manifesta pubblicamente presso un notaio, o una cancelleria di un tribunale, la sua volontà di accettare la quota spettante.

Nel secondo è, invece, un suo comportamento che dimostra la volontà di godere del patrimonio ereditato come, ad esempio, l’utilizzo o la vendita di un bene ereditato.

 

I termini entro cui rinunciare all’eredità

La legge prevede, in generale,che l’erede possa rinunciare all’eredità fino a 10 anni dalla morte del parente. È però possibile, da parte dei creditori o di altri eredi, sollecitare tramite il tribunale un certa rapidità nel prendere una decisione sull’accettazione o meno dell’eredità.

Potrebbe capitare, infatti, che il futuro erede, al momento della morte del soggetto dal quale ereditare il patrimonio, si trovi già in possesso dei suoi beni. Il tipico esempio è il figlio che risulta convivente con il padre o la madre al momento del loro decesso.

In questa particolare situazione l’erede dispone di termini molto più ristretti per decidere se rinunciare o meno all’eredità. Nella fattispecie, ha esattamente tre mesi per completare l’inventario dei beni a partire dalla data di apertura della successione.

Trascorso tale termine può richiedere una proroga al tribunale di ulteriori 3 mesi. Passato anche questo ulteriore periodo e in assenza dell’inventario, diventa automaticamente il legittimo erede.

Se invece vengono rispettati i termini, il soggetto può disporre di ulteriori 40 giorni per rinunciare o accettare l’eredità. In caso di mancata comunicazione si ritiene che abbia tacitamente accettato. Le condizioni appena descritte valgono anche in caso di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario.

 

Si può revocare la rinuncia all’eredità?

Se da una parte, una volta accettata l’eredità non è più possibile rifiutare, dall’altra, non è valida la regola opposta. Chi rinuncia all’eredità può, in qualsiasi momento, decidere di revocare tale decisione e accettare le quote spettanti, sempre che non siano state già acquisite da altri eredi.

Il termine per revocare la rinuncia all’eredità è 10 anni, passati i quali interviene la prescrizione del diritto di accettazione. Per poter richiedere la revoca è sufficiente che il soggetto si presenti presso lo stesso notaio o cancelleria del tribunale dov’è stato sottoscritto l’atto pubblico di rinuncia.

 

Cosa accade all’eredità che non è stata accettata?

Chi rinuncia all’eredità fa passare il diritto del propri godimento su altri soggetti, secondo dei meccanismi che cambiano in base al topo di successione: legittima o per testamento.

Nelle successioni legittime i soggetti che acquisiscono il diritto all’eredità sono:

  • i discendenti del rinunciante;
  • gli ascendenti, se il rinunciate non ha discendenti o costoro non vogliono accettare l’eredità;
  • eventuali coeredi, nel caso in cui il soggetto che rinuncia non abbia né ascendenti e né discendenti o quest’ultimi non accettino l’eredità.

Se il rinunciante non avesse alcun parente in linea retta, e nemmeno coeredi, l’eredità verrà offerta agli aventi diritto nel caso della sua morte.

Per le successioni testamentarie si possono verificare le seguenti situazioni:

  • all’interno del testamento può essere stato stabilito un sostituto in caso il legittimo erede abbia deciso di rinunciare;
  • in mancanza di precise disposizioni testamentarie subentrano i discendenti;
  • può avvenire l’accrescimento tra coeredi;
  • può avvenire la devoluzione agli eredi legittimi.

 

Conclusioni

Spesso si sottovaluta che accettare un’eredità possa comportare dei grossi rischi e delle gravi conseguenze.

Tutto dipende dalle condizioni finanziarie del defunto che possono essere chiare oppure nascondere delle spiacevoli sorprese, impossibili da conoscere in anticipo. La qualifica di erede comporta il beneficio delle rendite ma anche tutti gli eventuali debiti contratti in vita dal de cuius e i rispettivi obblighi.

L’erede, oltre veder aggrediti i beni ricevuti in eredità, può perdere anche parte del proprio patrimonio personale per ripagare tutti i creditori del defunto.

Avendo anche il minimo sospetto di una posizione debitoria poca chiara relativamente al parente deceduto, è bene rinunciare all’eredità per proteggere il proprio patrimonio familiare o quantomeno avvalersi della possibilità dell’accettazione con beneficio di inventario.

Stesso discorso per l’erede sommerso dai debiti che non voglia correre il rischio di depauperare il patrimonio di famiglia: con le rispettive precauzioni e facendosi seguire da un avvocato esperto, la possibilità di rinunciare all’eredità può rappresentare un’ancora di salvezza.

   

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