Limite utilizzo contante dal 2022
La variazione del limite nell’uso del contante è una storia che si ripete, infatti, negli ultimi vent’anni, sono stati ben 8 gli interventi attuati dal Governo. L’obiettivo che intende raggiungere il legislatore è molto chiaro, ovvero combattere il riciclaggio di denaro e l’evasione fiscale. Molto spesso il contante deriva da attività criminali, oppure rappresenta il frutto di lavoro in nero, pertanto limitarne l’utilizzo serve a contrastare tali fenomeni e permettere all’Amministrazione finanziaria di confrontare le spese del contribuente con le entrate dichiarate.
Dopo l’attuazione delle direttive previste dalla legge di Bilancio 2020 il limite del contante è stato abbassato a 2.000 euro a partire dal 1° luglio 2020, rispetto ai precedenti 3.000 euro. L’esecutivo ha già previsto un’ulteriore riduzione a 1.000 euro che scatterà dal 1°gennaio 2022. In pratica, siamo tornati alla soglia fissata nel 2011 dall’allora Governo Monti.
Con il nuovo anno potremo effettuare pagamenti cash solo fino a 1.000 euro e ciò vale anche per versamenti frazionati con acconto iniziale e saldo in successivi momenti. Inoltre, chi svolge determinate attività d’impresa ricevendo pochi pagamenti in contanti, può ottenere benefici a seguito di eventuali accertamenti da parte dall’Agenzia delle Entrate. Sebbene la situazione sia piuttosto chiara e non dia adito a particolari dubbi, ci sono alcuni aspetti da tenere in considerazione che andiamo di seguito ad analizzare.
Indice:
- La storia del limite del contante
- Quali sono gli attuali limiti per l’utilizzo del contante?
- Limite contante e detrazioni fiscali
- Pagamenti rateali: si applica il limite del contante?
- Alcune eccezioni per il pagamento in cash sopra il limite di legge
- Donazione e prestiti
- Gli stranieri devono rispettare il limite nell’uso dei contanti?
- Superamento del limite: le sanzioni applicate
- Ulteriori problemi con i contanti
- Prelevamento contanti e problemi con il Fisco
- Come sfruttare il limite nell’uso dei contanti
La storia del limite del contante
Prima di entrare nel vivo della questione e capire quali somme sia possibile utilizzare per i nostri pagamenti cash, è curioso osservare come nel corso degli anni i vari governi siano intervenuti ripetutamente senza però seguire una linea comune circa il limite all’utilizzo del contante.
Il primo provvedimento è datato 1991 quando il Governo, dell’allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, decise di limitare i trasferimenti di denaro contante o titoli al portatore, sia in lire che valuta estera. La soglia fu stabilita in 20 milioni delle vecchie lire che, con il passaggio all’euro, divenne di 10.329 euro.
Nel 2002 il limite fu alzato a 12.500 euro grazie all’intervento del Governo Berlusconi, mentre nel 2007 spetta al secondo Governo Prodi dare un taglio netto alla soglia portandola a 5.000 euro.
Le montagne russe proseguono l’anno successivo quando il quarto Governo Berlusconi riporta il limite nell’uso dei contanti a 12.500 euro. Tuttavia, è lo stesso esecutivo del Cavaliere ad effettuare altri due tagli: il primo nel 2010 con soglia a 5.000 euro e il secondo nel 2011 con limite fissato a 2.500 euro.
Nel 2011, a seguito della crisi in cui versa il nostro Paese e le dimissioni del ministro dell’economia Giulio Tremonti, cade il governo Berlusconi e viene sostituito da un esecutivo tecnico presieduto dal senatore a vita Mario Monti. Tra i vari interventi previsti dal cosiddetto decreto Salva Italia c’è la riduzione del limite dei contanti a 1.000 euro, ovvero il valore più basso di sempre.
Tale limite è rimasto in vigore fino al 2016, anno in cui il Governo Renzi inserisce nella Legge di Stabilità un nuovo aumento della soglia a 3.000 euro. Il successivo intervento avviene nel 2020 a seguito dell’attuazione del Decreto fiscale che da una sforbiciata al limite portandolo a 2.000 euro a partire dal 1°luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021.
Quali sono gli attuali limiti per l’utilizzo del contante?
Dopo aver visto l’infinita carrellata di interventi per aumentare e diminuire il limite nell’utilizzo dei contanti, vediamo di capire oggi cosa prevede la normativa.
Con il Decreto 124/2019 la soglia per i pagamenti cash è stata fissata a 3.000 euro fino al 31 giugno 2020. A partire dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021 il limite è stato abbassato a 2.000 euro. Dal 1° gennaio 2022 scatta un ulteriore taglio che porta, o sarebbe meglio dire riporta, l’uso del contante al limite dei 1.000 euro.
Ciò significa che per qualsiasi pagamento con cifre superiori alla soglia minima è necessario utilizzare un metodo tracciabile. Pertanto, sarà necessario utilizzare bancomat, carte di credito / debito, carte prepagate, bonifico, assegno bancario, assegno postale o assegno circolare per tutti gli importi superiori al limite suddetto. Tutte le transazioni in contanti che non rispettato il limite vengono considerate illecite, così come le operazioni effettuate mettendo in atto un frazionamento fittizio dei versamenti al fine di aggirare la legge.
Ci sono alcuni aspetti da dover evidenziare e che risultano alquanto importanti. Nello specifico riguardano:
- la soglia minima si applica anche a pagamenti frazionati: supponiamo di dover corrispondere 1.700 euro ad un committente. In questo caso non è possibile pagare, ad esempio, un acconto di 900 euro in contanti e il successivo saldo di 800 euro sempre tramite cash. Tuttavia, abbiamo la possibilità di effettuare un pagamento misto, ovverosia con acconto in contanti inferiore ai 1.000 euro e versamento dell’ammanco con metodo tracciabile;
- se il pagamento di un importo superiore al limite minimo previsto viene effettuato tramite assegno bancario o postale, assegno circolare oppure attraverso vaglia postali e cambiali (sono inclusi anche i vaglia della Banca d’Italia), è necessario indicare sempre il beneficiario e la clausola non trasferibile;
- i possessori di un libretto di deposito al portatore devono estinguerlo, oppure ridurre il saldo sotto il limite consentito.
Limite contante e detrazioni fiscali
Il limite nell’utilizzo dei contanti non riguarda solo la compravendita di beni e servizi ma anche le detrazioni fiscali. A tal proposito la Legge di Bilancio 2020 ha stabilito l’obbligo di impiego di uno strumento di pagamento tracciabile anche per il versamento degli oneri detraibili al 19%. La norma è entrata in vigore il 1° gennaio 2020 e costringe i contribuenti a pagare le spese che saranno poi oggetto di detrazioni fiscali impiegando unicamente carte di credito / debito, carte prepagate, bancomat, bonifico e assegni bancari o postali.
La sola eccezione ammessa riguarda le spese sanitarie e, nello specifico:
- acquisto di medicinali e dispositivi medici;
- prestazione sanitaria presso una struttura pubblica o privata, sempreché accreditata al Servizio sanitario nazionale.
Pagamenti rateali: si applica il limite del contante?
La legge prevede l’applicazione della soglia sull’uso del contante anche per i pagamenti rateali. Fanno eccezione gli emolumenti concordati in anticipo e stabiliti all’interno di un contratto (ad esempio la parcella di un avvocato o la tariffa di un dentista) e per usi commerciali (per esempio interventi di ristrutturazione con calcolo dell’importo tramite SAL, ovvero il documento dello stato di avanzamento dei lavori).
Alcune eccezioni per il pagamento in cash sopra il limite di legge
La normativa vigente considera leciti versamenti e prelievi effettuati sul conto corrente personale nonostante siano superiori al limite di legge, fermo restando la facoltà delle autorità di controllo competenti di verificarne la natura dell’operazione.
Sono consentiti i pagamenti in contanti oltre la soglia per compensi a seguito di prestazioni di lavoro autonomo occasionale. Allo stesso modo è possibile pagare anche la retribuzione dei collaboratori domestici ed effettuare versamenti a favore delle pubbliche amministrazioni. Per queste ultime rimane, invece, l’obbligo di provvedere ad ogni pagamento superiore ai 1.000 euro con metodo tracciabile.
Donazione e prestiti
È opportuno non dimenticare che donazioni e prestiti effettuati anche a favore di parenti risultano soggetti al limite dell’uso del contante con le stesse modalità dei pagamenti e trasferimento di denaro per altri scopi.
Gli stranieri devono rispettare il limite nell’uso dei contanti?
La legge a riguardo è piuttosto chiara e stabilisce come in Italia il limite nell’uso dei contanti si applichi ad ogni pagamento di prodotti, servizi e forniture effettuato da:
- cittadini italiani;
- cittadini comunitari;
- soggetti extracomunitari.
Tuttavia, la normativa prevede una deroga alla soglia minima per gli stranieri. Nello specifico riguarda il pagamento di beni e servizi a scopo turistico. Le transazioni eseguite a favore di commercianti e agenzie di viaggio devono rispettare il limite di denaro contante fissato in 15.000 euro (importo alzato dalla Legge di Bilancio del 2019 rispetto al precedente valore di 10.000 euro).
Chi intende beneficiare della deroga deve inviare una comunicazione all’Agenzia delle Entrate e seguire un’apposita procedura. A tal proposito, commercianti e agenzie di viaggio / turismo devono acquisire una fotocopia del passaporto, o carta di identità, del cittadino straniero che effettua il pagamento e, al contempo, richiedere un’autocertificazione in cui il soggetto dichiara di non essere residente in Italia, ma all’estero. La procedura viene completata versando il denaro ricevuto sul conto corrente bancario/ postale il primo giorno disponibile dopo l’avvenuta operazione e consegnando alle poste o alla banca una copia della documentazione già inviata all’Amministrazione finanziaria.
Il pagamento in contanti entro il limite dei 15.000 euro di un bene o servizio turistico deve avvenire in un’unica soluzione. Anche in questo caso non sono ammesse operazioni frazionate, vale a dire costituite da più versamenti inferiori alla soglia minima ed effettuati in momenti diversi.
Superamento del limite: le sanzioni applicate
Chi non rispetta il limite di pagamento con denaro contante va incontro a sanzioni amministrative da un minimo di 1.000 euro fino ad un massimo di 50.000 euro. L’importo dell’ammenda sale al crescere del valore della transazione che ha portato alla violazione, proprio per sottolineare il maggiore beneficio che traggono le parti effettuando un pagamento in contanti.
La sanzione è prevista anche per i soggetti tenuti a vigilare. Sebbene i controllori non abbiano alcun legame diretto con l’importo oggetto di violazione, vengono puniti per non aver segnalato l’operazione. Tale omissione prevede una sanzione amministrativa da 3.000 fino a 15.000 euro.
Ricordiamo che la legge prevede violazioni non solo per il saldo in cash oltre la soglia consentita, ma anche a seguito del mancato rispetto dell’obbligo del datore di lavoro di corrispondere lo stipendio ai propri dipendenti solo attraverso un metodo tracciabile. In questo caso, non si tratta di un limite ma di un obbligo introdotto nel 2018 per combattere il fenomeno del lavoro in nero.
Ulteriori problemi con i contanti
Il limite nell’uso del contante non comporta particolari complicazioni, infatti è sufficiente prestare attenzione a non superare la soglia prevista dalla legge. Comunque, nella maggior parte dei casi, è lo stesso commerciante a far notare all’acquirente l’impossibilità di accettare un pagamento in cash oltre una certa cifra.
La situazione si fa più spinosa quando parliamo di movimenti del contante e più precisamente prelievi in banca. Nell’ordinamento giuridico italiano non esiste alcuna normativa che stabilisce un limite sul ritiro di denaro. Pertanto, una persona è libera di andare presso il proprio istituto di credito e richiedere qualunque somma anche in contanti. Semmai, in tali frangenti, le uniche limitazioni riguardano l’effettiva disponibilità sul conto corrente e l’eventuale titubanza della banca nel soddisfare tale richiesta, soprattutto in presenza di cifre considerevoli.
La sola azione consentita alla banca è quella di chiedere informazioni sull’impiego previsto del denaro qualora i prelievi superino i 10.000 euro nello stesso mese. L’istituto di credito ha facoltà di richiedere al cliente una dichiarazione dove il soggetto indica l’uso che intende fare della somma prelevata. La legittima richiesta di informazioni non implica alcun divieto di prelievo e, soprattutto, si è liberi di dare qualsiasi motivazione. Paradossalmente si potrebbe asserire di voler tenere i soldi sotto il materasso piuttosto che lasciarli sul conto corrente. La banca avrebbe comunque l’obbligo di esaudire la richiesta.
Resta il fatto che superando la soglia dei 10.000 euro di prelievi al mese e adottando comportamenti poco convincenti, l’istituto di credito effettuerà una segnalazione all’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia ai sensi delle norme antiriciclaggio. Una situazione sempre da evitare anche se non si ha nulla da nascondere. Perciò, il consiglio sarebbe quello di dare spiegazioni plausibili in modo da mettersi al riparo da qualsiasi sospetto e successivi eventuali accertamenti. In presenza di un controllo potrebbe risultare alquanto complicato giustificare l’ingente prelievo di denaro, anche nel caso in cui venga effettuato in maniera frazionata.
Ricordiamo che le medesime complicazioni si possono manifestare anche per il versamento di somme in contanti. In generale, i sospetti nascono quando i movimenti effettuati per deposito e prelievo si discostano in modo evidente dall’abituale operatività sul conto corrente bancario o postale del soggetto.
Prelevamento contanti e problemi con il Fisco
Come abbiamo appena spiegato, il prelievo di contanti non è soggetto ad alcun limite o particolari obblighi da dover rispettare. Tuttavia, una segnalazione della banca a seguito di determinate operazioni si può trasformare in un poco piacevole contraddittorio con il Fisco.
In questi casi, l’Amministrazione finanziaria non fa altro che mettere in atto una presunzione di violazione. La Cassazione ha infatti stabilito come un prelievo di contante senza un’opportuna giustificazione equivale ad un movimento effettuato con mancanza di giustificativo, vale a dire in nero. Ecco il motivo per cui è sempre buona norma, quando si prelevano ingenti somme di denaro, offrire una dichiarazione esaudiente e plausibile. Così facendo si è quasi sicuri di non incorrere nei controlli dell’Agenzia delle Entrate.
Dobbiamo comunque rimarcare che tali situazioni coinvolgono, per lo più, imprenditori e molto raramente un soggetto privato o un libero professionista. Ad ogni modo, il Fisco è potenzialmente libero di effettuare controlli verso chiunque, e in tutti i casi lo ritenga necessario. In tal senso, in passato è stato addirittura istituito un elenco di coloro che avevano effettuato prelievi superiori a 1.000 euro alla volta, oppure di oltre 5.000 euro al mese. Dalla lista venivano poi estratti a caso i “fortunati vincitori” di una bella verifica fiscale.
Come sfruttare il limite nell’uso dei contanti
Alcune attività operano, generalmente, con una limitata circolazione di denaro contante. Prendiamo, ad esempio, i titolari di e-commerce che ricevono pagamenti quasi esclusivamente tramite carte elettroniche, o comunque mezzi tracciabili.
In generale, nelle attività con utilizzo di contanti sotto il limite di 500 euro. oppure che riducono volontariamente l’impiego di cash entro tale soglia, il contribuente può ottenere vantaggi nei rapporti con il Fisco.
Nel dettaglio, è possibile richiedere la riduzione di 2 anni dei termini di accertamento e ottenere una riduzione del 50% di eventuali sanzioni amministrative che dovessero palesarsi in anni a venire.
I suddetti benefici non scattano in automatico con la limitazione dei pagamenti in contanti, ma devono essere richiesti tramite una specifica comunicazione. La domanda deve essere presentata in dichiarazione dei redditi compilando il rigo RS136 per il modello Redditi Persone Fisiche o Redditi Società di Persone e il rigo RS269 per il modello Redditi Società di Capitali.
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