Mini IRES: cos’è e quanto si risparmia

Con l’entrata in vigore del Decreto Crescita (D.L. 34/2019, Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 2019) sono state introdotte importanti novità per quanto riguarda la mini IRESche, di fatto, viene completamente riscritta andando a modificare completamente regola introdotta con la Legge di Bilancio che aveva portato l’aliquota al 15% al verificarsi, però, di particolari condizioni.

Vediamo, di seguito, in cosa consistono le modifiche, giusto per fare un po’ di chiarezza vista la confusione generata dal repentino passo indietro del Governo, partendo da come sia stata partorita inizialmente la MINI IRES e quali novità sono state introdotte ad aprile che, se da un lato semplificano un meccanismo particolarmente complesso e farraginoso che non sembrava essere stato accolto con particolare entusiasmo dagli operatori del settore, dall’altro rende meno conveniente questa agevolazione.

Indice:

 

Il Decreto Crescita riscrive la mini IRES

Mini IRESA partire dal 30 aprile il Governo ha introdotto l’articolo 2 del Decreto Crescita per abrogare il nuovo sistema di agevolazioni che era stato previsto con la Legge di Bilancio entrata in vigore a partire dal 1 gennaio 2019. Dal primo maggio sono attive le nuove disposizioni, approvate in tempi da record, che denotano una sorta di passo indietro del  Consiglio dei Ministri, che ha proposto un nuovo sistema di agevolazioni IRES molto più semplice, ma pur sempre con la finalità di offrire uno sconto fiscale sugli utili non distribuiti e reinvestiti nell’attività produttiva.

In effetti, quando venne introdotta la Mini IRES, a gennaio 2019, anche gli addetti ai lavori si sono stupiti della complessità dell’impianto, ma ancor più sorprendente è stata la velocità con cui il Governo ha cambiato idea non permettendo nemmeno che le nuove regole potessero avere l’occasione di venir applicate e, di conseguenza, senza poterne verificarne gli effetti.

Creare uno strumento complesso con la convinzione che potesse avere precise applicazioni e portare ad importanti risultati tangibili e vantaggi per l’economia, per abbandonarlo ancor prima di averlo usato, resta un evidente e totale spreco di energia e lascia irrisolti molti interrogativi circa le sue reali potenzialità.

 

Cosa prevedeva la Mini IRES al 15%

Prima di analizzare le effettive novità introdotte ad aprile 2019, e ad oggi in vigore, è bene ricordare cosa prevedeva la Mini IRES inserita nell’ultima Legge di Bilancio. Definirla “vecchia normativa” fa anche sorridere, se vogliamo, visto che stiamo parlando di regole approvate a inizio anno…

Fatto sta che a gennaio, il Governo aveva pensato di introdurre le seguenti modifiche, deliberando una sostanziale riduzione dell’aliquota IRES con uno sconto di ben 9 punti, passando dal 24% al 15%. Tale agevolazione riguardava, non solo l’accantonamento degli utili a riserva, ma anche gli investimenti per l’acquisto di nuovi beni strumentali.

In aggiunta era prevista la medesima aliquota per tutte le imprese che reinvestivano gli utili per l’assunzione di nuova forza lavoro con contratti a tempo determinato o indeterminato, a patto che il personale fosse impiegato per lavorare sul territorio italiano e che si verificasse un incremento dei lavoratori rispetto a quelli impiegati dall’impresa alla data del 30 settembre 2018.

La nuova normativa prevedeva anche l’abrogazione del super ammortamento, ovvero la deduzione extra contabile del 30% per tutti gli investimenti riguardanti nuovi beni strumentali, macchinari ed impianti acquistati dalle imprese.

Infine, si era presa la decisione di porre termine anche all’IRI, l’imposta sul reddito imprenditoriale al 24% , sostituita dalla Flat Tax, e all’ACE, ossia l’Aiuto alla crescita economica, un’agevolazione finalizzata alla capitalizzazione delle imprese, che comportava la detassazione di una parte degli incrementi del patrimonio netto rispetto ad una “base” rappresentata dal patrimonio netto 2010 assunto senza tenere conto dell’utile di esercizio.

 

Mini IRES dal 22,5% al 20%: le nuove regole

Dal primo maggio, finalmente, società di capitali e soggetti interessati possono disporre della versione definitiva del decreto, potendo agire di conseguenza.

Molto probabilmente, il Governo, resosi conto di un’eccessiva complessità del sistema introdotto a gennaio, di una certa farraginosità nei conteggi e di una gelida reazione da parte delle imprese, ha preferito semplificare le cose introducendo l’articolo 2 denominato Revisione Mini IRES. Il risultato è stato quello di un’imposta sul reddito delle società ed enti applicata secondo le seguenti nuove aliquote:

  • 22,5% per l’anno di imposta 2019;
  • 21,5% per il 2020;
  • 20,5% per il 2021;
  • 20% a partire dal 2022.

Risulta chiaro come l’agevolazione sia decisamente più contenuta rispetto al 15% introdotto con la Legge di Bilancio 2019 e inferiore di un solo punto e mezzo percentuale nei confronti dell’aliquota unica 2018 al 24%. Lo sconto in termini di competenze viene stimato, dalla Ragioneria generale dello Stato, in una cifra di circa 990 milioni di euro: una riduzione del prelievo che si stabilizzerà attorno ai 2,5 miliardi di euro nel 2022.

L’imposta verrà applicata sul reddito dichiarato derivante dall’utile di esercizio accantonato a riserva diversa da quella dell’utile non disponibile, il tutto nei limiti di incremento del patrimonio netto. A tal proposito è opportuno comprendere esattamente il significato di “riserve di utili non disponibili“.

È l’articolo 2433 del codice civile che stabilisce come tali riserve siano formate solamente da utili derivanti da processi di valutazione e quindi diversi da quelli realmente conseguiti.

Altro punto da sottolineare riguarda l’incremento del patrimonio netto che stabilisce i limiti su cui applicare l’agevolazione. Il calcolo è abbastanza semplice e si basa sulla differenza tra il patrimonio netto alla chiusura di bilancio del periodo d’imposta preso a riferimento (senza considerare il risultato dell’esercizio stesso e al netto degli utili accantonati a riserva) e quello risultante dal bilancio di esercizio del periodo d’imposta in corso, ovvero al 31 dicembre 2018 (sempre senza considerare il risultato del medesimo esercizio).

 

Chi è soggetto alla nuova mini IRES?

L’imposizione fiscale non riguarda solo le società di capitali ed enti, ma anche tutti i soggetti IRPEF in regime di contabilità ordinaria.

Anche le società SRL tassate per trasparenza possono godere dello sconto fiscale, ma l’importo su cui spetta l’agevolazione verrà attribuito a ciascun socio nella misura della quota di possesso. Trattandosi di un’agevolazione che si basa sul patrimonio netto, sono automaticamente escluse tutte le imprese che adottano un regime di contabilità semplificata e naturalmente tutti gli esercenti arti e professioni.

 

Periodo di applicazione ed esempio di calcolo

La nuova Mini IRES si applica a partire dal periodo di imposta 2019. Per le società di capitali significa calcolare l’imposizione fiscale sull’utile accantonato a riserva nel 2019, ovvero riferito alla chiusura di bilancio del 31 dicembre 2018.

Per fare un semplice esempio: immaginiamo che una società abbia accantonato un utile 2018 pari a 100 mila euro e che nel periodo d’imposta 2019 dichiari un reddito imponibile di 150 mila euro:

Grazie alla Mini IRES la tassazione verrà calcolata applicando il 22,5% sui 100 mila euro (utile accantonato nel 2018), più il 24% dei restanti 50 mila euro per un’imposta totale pari a 34.500 euro.

 

Decreto crescita: semplificata la Mini IRES ma il risparmio fiscale si riduce

Come abbiamo visto, quella che doveva essere la norma di riferimento per gli imprenditori destinata al risparmio fiscale, che aveva addirittura sostituito il Super Ammortamento e l’Aiuto alla crescita economica (ACE), dopo un’accoglienza fredda del mercato, a causa della sua complessità, è stata completamente riscritta.

Marcia indietro parziale del Governo Italiano che col Decreto Crescita di aprile ha reintrodotto il super ammortamento al 130% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro, e ha offerto agli operatori una riduzione dell’IRES sugli utili non distribuiti molto più semplice da calcolare, ma molto meno conveniente.

A gennaio, con la prima stesura della Mini IRES, il risparmio fiscale, dopo tutta una serie di calcoli piuttosto complessi e svariate condizioni più o meno semplici da rispettare, si attestava al 9%.

Da aprile si è ridotto ad un misero 1,5% che progressivamente, in 4 anni (nel 2022), dovrebbe arrivare fino ad un 4% di risparmio IRES per gli utili reinvestiti o lasciati in azienda.

Passo indietro che a mio avviso allargherà la platea dei fruitori della riduzione IRES (seppur in forma ridotta), molto più semplice da ottenere e, soprattutto, più comprensibile anche a chi ne mastica poco di bilancio e contabilità.

Sembra una stupidaggine, ma troppo spesso gli imprenditori non colgono le opportunità perchè non ne conoscono l’esistenza o perchè sono talmente complesse e macchinose che risulta già difficile per un commercialista o un consulente fiscale capire se ci sono i presupposti per poterne beneficiare, figuriamoci per chi nella vita fa altro…

Un impianto più semplice, più accessibile, senza particolari paletti, e la reintroduzione del super ammortamento al 130%, potrebbero essere davvero un buon viatico per dare un po’ di respiro agli imprenditori soffocati per troppo tempo da un Fisco che li ha visti più come una “vacca da mungere” piuttosto che come una risorsa per il nostro Paese.

   

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