Quali sono i redditi esclusi dalla dichiarazione dei redditi?

Ogni contribuente deve rispettare l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi, al fine di comunicare all’Agenzia delle Entrate tutti i proventi ricevuti durante il periodo d’imposta. Gli strumenti messi a disposizione dall’ordinamento tributario per effettuare tale operazione sono il modello 730 o modello Redditi Persone Fisiche, attraverso i quali il contribuente può indicare i propri redditi imponibili e calcolare l’importo complessivo che sarà sottoposto a tassazione IRPEF secondo il sistema degli scaglioni con aliquota progressiva. Il metodo appena descritto rappresenta la regola generale che impone la dichiarazione di ogni reddito percepito secondo le disposizioni del TUIR e precisamente l’articolo 3 del DPR n. 917/86.

Tuttavia, la normativa fiscale prevede alcune eccezioni, vale a dire tipologie di reddito che non si ha l’obbligo di indicare nella propria dichiarazione dei redditi per svariati motivi. Nella maggior parte dei casi, si tratta di proventi che hanno già subito la tassazione alla fonte, oppure godono di una totale esenzione dell’imposta, per cui si possono tranquillamente non riportare nei modelli dichiarativi sopracitati. Andiamo dunque a scoprire quali sono le categorie di reddito che possiamo non inserire in dichiarazione senza il pericolo di incorrere in accertamenti da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Indice:

 

Le principali forme di reddito esenti da IRPEF

redditi esclusi dalla dichiarazione dei redditiEsiste una serie di tipologie di proventi che la disciplina fiscale ha ritenuto opportuno non sottoporre all’imposta sul reddito delle persone fisiche. Di conseguenza, in questi casi, il contribuente non ha alcun obbligo di indicare tali fattispecie all’interno del modello che utilizza per presentare la propria dichiarazione dei redditi.

Una delle fonti di reddito maggiormente soggetta ad esenzione d’imposta è la pensione e, nello specifico:

  • le pensioni sociali;
  • la pensione tabellare assegnata a seguito di menomazioni subite nel corso del servizio di leva. Riguarda soggetti con grado di allievo ufficiale e/o ufficiale nonché i sottufficiali, ovvero coloro che al termine del servizio di leva sono stati promossi almeno sergenti;
  • la pensione tabellare assegnata a seguito di menomazioni durante il servizio di leva di Carabinieri ausiliari (soggetti che svolgono il servizio militare presso l’Arma dei Carabinieri), militari della Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco e militari volontari;
  • la pensione di invalidità corrisposta a cittadini italiani, stranieri e apolidi a seguito di menomazioni subite nell’adempimento dei propri doveri e causate da atti terroristici o compiuti dalla criminalità organizzata. Rientra nell’esenzione IRPEF anche il trattamento speciale di reversibilità elargito ai superstiti delle vittime di atti di terrorismo o criminalità organizzata;
  • la pensione di invalidità corrisposta a cittadini italiani per le menomazioni subite a causa della deflagrazione di armi e ordigni esplosivi risultati abbandonati, oppure incustoditi dalle Forze armate, purché in tempo di pace e durante esercitazioni. Anche in questo caso sono esenti da tassazione le pensioni percepite dai coniugi superstiti delle vittime;
  • l’incremento del trattamento pensionistico a seguito dell’applicazione di una maggiorazione sociale.

 

Andiamo ora a scoprire quali altre tipologie di reddito risultano escluse dalla tassazione e, di conseguenza, da non indicare nella dichiarazione dei redditi:

  • la rendita INAIL (eccetto le indennità giornaliere a seguito di inabilità temporanea assoluta);
  • gli assegni di indennità di accompagnamento;
  • gli massegni erogati a favore di invalidi civili, sordomuti e ciechi;
  • gli assegno di maternità per donne lavoratrici, secondo quanto stabilito dalla Legge n. 448 del 1998;
  • i sussidi a favore degli hanseniani;
  • i compensi derivanti da un’attività sportiva dilettantistica, purché l’importo non superi la soglia di 7.500 euro all’anno;
  • le borse di studio a favore di studenti universitari e corrisposte, sia dalle Regioni a statuto ordinario che speciale, nonché dalle Province autonome di Trento e Bolzano;
  • le borse di studio conferite da atenei e istituiti di istruzione universitaria a seguito della frequentazione dello studente di un scuola di specializzazione, corso di perfezionamento, corso di dottorato di ricerca, corso di perfezionamento all’estero, oppure svolgimento attività di ricerca post-dottorato;
  • le borse di studio conferite per la frequentazione di corsi universitari di specializzazione delle facoltà di medicina e chirurgia;
  • le borse di studio a favore delle vittime del dovere, di atti terroristici e della criminalità organizzata, nonché orfani, figli e superstiti delle vittime stesse;
  • le borse di studio che rientrano nel cosiddetto programma Socrates istituito a seguito della decisione n. 819/95/CE presa dal Parlamento Europeo in data 14 marzo 1995. In questi casi è necessario rispettare il limite massimo di importo annuo pari a 7.746,85 euro;
  • Gli assegni incassati a seguito di partecipazione ad attività di ricerca. I compensi possono essere elargiti da atenei, osservatori astronomici e astrofisici, enti pubblici nonché istituzioni di ricerca in base alle disposizioni e modifiche prese dall’ASI (Agenzia Spaziale Italiana) e dall’ENEA.

 

Le più importanti categorie di reddito escluse da tassazione

Conoscere con esattezza quali tipologie di proventi risultano esenti da tassazione è fondamentale per compilare correttamente la dichiarazione dei redditi. Di seguito, andremo ad analizzare nel dettaglio alcune delle situazioni più diffuse che riguardano un gran numero di contribuenti e, precisamente:

  • attività di lavoro autonomo occasionale;
  • compensi non percepiti a seguito di lavoro dipendente;
  • trattamento di fine rapporto;
  • voucher INPS per pagamento lavoro occasionale accessorio;
  • reddito generato dal conseguimento di una borsa di studio.

 

La disciplina fiscale del lavoro autonomo occasionale

Innanzitutto, è bene chiarire come la definizione lavoro autonomo occasionale identifica un’opera prestata, o un servizio offerto in modo del tutto episodico, a prescindere dall’importo del compenso pattuito e dalla durata dell’incarico, il quale dovrà essere svolto dal soggetto attraverso lavoro, in prevalenza, proprio e senza alcun vincolo di subordinazione nonché di coordinamento da parte del committente.

Il soggetto non ha alcun obbligo di apertura della partita IVA, che invece scatta se l’attività assume una natura sistematica e continuativa, ancorché non esclusiva. A livello normativo, il lavoro autonomo occasionale è disciplinato dall’articolo 2222 del Codice Civile, che è stato oggetto di una rivisitazione a seguito della riforma sul lavoro introdotta con il Jobs Act.

La regola generale (DPR n. 917/86 articolo 67 e lettere l) impone al lavoratore autonomo occasionale l’obbligo di dichiarare i redditi percepiti compilando il quadro RL del modello Redditi Persone Fisiche, oppure il quadro D del modello 730. In ogni caso, si potrà recuperare la ritenuta d’acconto con aliquota al 20% applicata dal sostituto d’imposta.

Per i redditi da prestazione occasionale inferiore ai 4.800 euro lordi l’anno vi è l’esonero dall’obbligo di dichiarazione di tali importi, tuttavia, gli stessi possono comunque essere inseriti al fine di recuperare le ritenute sul compenso effettuare dal committente che diverranno per il prestatore d’opera occasionale un credito di imposta.

 

Il reddito da lavoro autonomo occasionale può non essere dichiarato?

Sebbene la disciplina fiscale preveda la dichiarazione dei redditi derivanti da lavoro autonomo occasionale, esiste una particolare situazione in cui il soggetto può essere dispensato dall’indicazione, in dichiarazione dei redditi di tali importi.

Tale circostanza si verifica nel momento in cui i compensi percepiti, nel periodo d’imposta, risultano pari o inferiori al limite di 4.800 euro. Tuttavia, è molto importante sottolineare che questo è valido soltanto qualora il lavoratore non abbia nessuna altra fonte di reddito durante il periodo di imposta: solo così non dovrà preoccuparsi di compilare il modello Redditi PF o il modello 730.

Viceversa, qualora il soggetto avesse, nel corso dell’anno d’imposta, generato altri redditi di qualsiasi importo, avrà l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi e inserire negli apposi quadri tutti i proventi conseguiti. Quindi, in buona sostanza, la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi vale soltanto per compensi da lavoro autonomo occasionale inferiori a 4.800 euro, fermo restando che debbano rappresentare l’unica fonte di reddito.

Ricordiamo altresì, che il lavoratore autonomo deve tenere in considerazione anche gli oneri previdenziali. L’iscrizione alla gestione separata INPS è obbligatoria qualora il reddito annuo percepito superi la soglia di 5.000 euro lordi. Il contributo da versare va comunque calcolato solo sulla parte eccedente tale limite.

 

È sempre conveniente non dichiarare il reddito da lavoro autonomo occasionale?

In ogni caso, pur rispettando i requisti sopra descritti, un lavoratore autonomo occasionale deve sempre valutare l’effettiva convenienza della non presentazione della dichiarazione dei redditi.

Infatti, non bisogna dimenticare la possibilità di recuperare la ritenuta d’acconto trattenuta dal committente che, in questi casi, assume il ruolo di sostituto d’imposta e applica le ritenute fiscali previste dalla legge. In queste circostanze, può essere vantaggioso presentare la dichiarazione dei redditi e recuperare le somme sotto forma di credito d’imposta, che potrà essere rimborsato, oppure utilizzato in compensazione attraverso il modello F24.

 

Compensi non percepiti da lavoro dipendente

Un caso particolare riguarda le retribuzioni che non sono state percepite da un lavoratore dipendente. In tali situazioni, anche se il reddito è stato già inserito nel modello di Certificazione Unica, il soggetto gode della totale esclusione di tali redditi dalla propria dichiarazione, proprio perché mai percepiti.

Come appena accennato, il lavoratore dipendente, o l’amministratore di società, ricevono la Certificazione Unica nella quale risultano indicate le retribuzioni stabilite dal contratto, anche se le stesse non vengono percepite. Per il contribuente che non ha però percepito tali importi, non vi è alcun obbligo di inserire gli stessi nel modello Redditi Persone Fisiche, oppure nel modello 730, a meno che non siano stati percepiti entro il 12 gennaio dell’anno successivo rispetto a quello relativo alla dichiarazione dei redditi.

Nel momento in cui i compensi spettanti vengono pagati, possono essere assoggettati ad uno dei seguenti regimi di tassazione:

  • IRPEF: se il mancato pagamento è stato causato dalla volontà del datore di lavoro. L’importo dovrà essere inserito nella dichiarazione dei redditi del lavoratore nell’anno in cui gli stessi verranno incassati;
  • separata: se il mancato pagamento è la conseguenza di una grave crisi finanziaria dell’azienda. Il percettore non avrà alcun obbligo di inserire l’importo nella dichiarazione dei redditi.

 

Trattamento di fine rapporto

Il TFR è una delle categorie di redditi che risulta esente dall’imposta ordinaria secondo le aliquote progressive IRPEF, essendo invece assoggettato al meccanismo della tassazione separata. Lo stesso trattamento è valido per ogni forma di indennità percepita una tantum a seguito di cessazione di un rapporto di lavoro dipendente. Alcuni esempi riguardano l’indennità di preavviso, gli importi corrisposti a seguito di un patto di non concorrenza, oppure le somme erogate come conseguenza di un provvedimento giudiziario, o di una transazione relativa all’interruzione di un rapporto di lavoro.

In questi casi, il dipendente non deve inserire gli importi percepiti nella propria dichiarazione dei redditi, in quanto gli stessi sono sottoposti a tassazione separata attraverso una ritenuta operata dal datore di lavoro e indicate nel CUD consegnato al lavoratore.

L’esenzione dalla tassazione IRPF del trattamento di fine rapporto non può essere applicata qualora il dipendente del settore privato abbia presentato specifica richiesta al datore di lavoro al fine di ricevere mensilmente in busta paga la quota del TFR. Tale evenienza richiede la sussistenza di un rapporto di lavoro in essere da almeno 6 mesi e la presentazione di un’apposita domanda.

In questo caso il TFR subirà una tassazione ordinaria IRPEF, in quanto è parte integrante dello stipendio versato a fine mese al lavoratore; quindi è considerato alla pari di un qualsiasi aumento della retribuzione. Invece, le eventuali anticipazioni TFR accantonate sono sottoposte a tassazione separata.

 

Voucher INPS per il lavoro occasionale accessorio

I cosiddetti voucher INPS rappresentano uno strumento per pagare le prestazioni offerte da soggetti che esercitano un lavoro occasionale accessorio alle altrui dipendenze. In pratica, si tratta di opere svolte in maniera saltuaria e sporadica con presenza di un datore di lavoro. Classici esempi sono le attività di baby sitter,  oppure commesso in un esercizio commerciale.

Il vantaggio per il lavoratore occasionale è quello di non dover subire alcuna imposizione fiscale sui compensi percepiti che rientrano, di fatto, tra i redditi esclusi da tassazione IRPEF. Inoltre, il prestatore d’opera beneficia della completa copertura ai fini INPS e INAL, mentre il datore di lavoro non è tenuto a stipulare alcun contratto. In realtà, tali importi sono tassati alla fonte, infatti il datore di lavoro, per acquistare i voucher versa un importo superiore (comprensivo di IRPEF e contributi previdenziali) a fronte di un importo nominale del voucher inferiore.

Esistono dei limiti nell’utilizzo dei voucher INPS. In particolare, la normativa ha stabilito una soglia annuale di compensi che un lavoratore occasionale può percepire, ovvero 7.000 euro netti. Inoltre, il prestatore d’opera può ricevere fino a un massimo annuo di 2.020 euro netti (2.693 euro lordi) dallo stesso committente. Sebbene il voucher risulti esente da tassazione, l’importo nominale è da considerarsi al lordo dei contribuiti INPS e INAIL. Di conseguenza, il lavoratore occasionale riceve un compenso da cui vengono sottratti:

  • contributi previdenziali nella misura del 13% del valore nominale del voucher;
  • contributi assistenziali nella misura del 7% del valore nominale del voucher;
  • il 5% del valore lordo come rimborso per le spese di servizio.

In definitiva, il lavoratore che svolge un’attività occasionale accessoria non subisce alcuna tassazione né tantomeno avrà l’obbligo di indicare i compensi ricevuti nel modello Redditi PF o nel modello 730. Qualora però, il soggetto dovesse avere altre entrate nel medesimo periodo d’imposta e queste fossero assoggettate ad IRPEF, egli dovrà provvedere ad indicarle in dichiarazione dei redditi.

 

Esclusione dei redditi derivanti da borse di studio

La regola generale, impone a coloro che percepiscono redditi legati al conferimento di borse di studio, assegni, premi o sussidi al fine di finanziare la formazione o l’addestramento professionale, di dichiararli per essere sottoposti alla relativa imposizione fiscale IRPEF. I proventi in questione vengono tassati alla pari dei redditi da lavoro dipendente, di conseguenza sono riportati nella Certificazione Unica consegnata al percettore, il quale dovrà indicarli nel quadro C del modello 730 oppure nel quadro RC del modello Redditi PF.

Tuttavia, come abbiamo visto nell’elenco proposto ad inizio articolo, esistono una serie piuttosto numerosa di eccezioni che rendono le borse di studio esenti da tassazione. In particolare, riguardano i finanziamenti agli studi concessi da università, istituti d’istruzione universitaria, Regioni a statuto ordinario e speciale nonché dalle Province autonome di Trento e Bolzano.

   

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