Contratto di prestazione occasionale: lavoratori senza partita IVA

La prestazione occasionale è un metodo di lavoro che consente di fornire ad un utilizzatore, o committente, un servizio remunerato, purché l’opera venga svolta in modo sporadico . Rappresenta un valido strumento per freelance o, comunque, soggetti che intendono avviare un’attività professionale ma preferiscono farlo a piccoli passi. La legge infatti dispensa i lavoratori, in queste situazioni, dall’apertura di una partita IVA, fermo restando che l’attività venga esercitata saltuariamente e non assuma una forma continuativa e organizzata.

Risulta abbastanza chiaro come la prestazione occasionale riguardi esclusivamente attività professionali di piccole dimensioni, con cui il soggetto potrà ottenerà guadagni di modesta entità senza gli oneri fiscali e amministrativi derivanti dall’essere titolare di una partita IVA.

Nonostante la normativa in materia sia abbastanza semplice, c’è ancora molta confusione sull’argomento e soprattutto sui limiti di applicazione di una prestazione occasionale. Di certo, i numerosi e approssimativi articoli che si trovano online non aiutano a fare chiarezza, anzi inducono il lettore a credere che tale metodo di lavoro rappresenti un’alternativa all’apertura della partiva IVA.

Nulla è più distante dalla realtà: quando si esercita un’attività commerciale o professionale in modo continuativo è necessario rispettare tutti gli adempimenti fiscali previsti dal sistema tributario e non esiste contratto di lavoro occasionale che lo possa impedire.

Scopo di questa guida è quello di analizzare in profondità la questione per capire quali siano i limiti per considerare un’attività professionale come saltuaria, i soggetti che possono esercitare questo tipo di attività, la tassazione applicata, le differenze tra una prestazione di lavoro autonomo o accessorio occasionale e le situazioni che possono essere disciplinate tramite un contratto di collaborazione occasionale.

Indice:

 

È possibile lavorare senza partita IVA?

prestazione occasionaleQuando si parla di lavoro occasionale, la domanda che in molti si pongono e se la legge consente di poter esercitare una professione senza l’obbligo dell’apertura di una partita IVA. La risposta a tale quesito è, in linea di massima, affermativa ma solo rispettando determinati requisiti. Nello specifico devono verificarsi le seguenti condizioni:

  • la prestazione lavorativa non dev’essere svolta in maniera professionale;
  • l’attività dev’essere esercitata occasionalmente, ovvero in modo episodico;
  • non può possedere alcuna caratteristica tipica di un’attività di impresa, quindi nessuna coordinazione del lavoro e utilizzo di mezzi.

Analizzando queste semplici condizioni si comprende chiaramente come, per operare senza partita IVA, il lavoro svolto non può che essere temporaneo. Finché l’attività mantiene un carattere saltuario non si dovranno temere complicazioni, ma se diventa continuativa e abituale, assumendo i connotati tipici della professione, sarà necessario aprire una partita IVA.

Altro aspetto da sottolineare riguarda l’assenza, tra i requisiti, di una soglia sui compensi ricevuti. Anche su questo aspetto regna tra i contribuenti una totale confusione. Leggendo alcuni articoli online o parlando coi sedicenti esperti di fisco e finanza, spesso viene fuori l’info che che superando i 5.000 euro annui di ricavi non si possa più parlare di prestazione occasionale.

Nulla di tutto questo è vero, infatti oltrepassando tale limite scatta soltanto l’onere di versare i contributi previdenziali. Di conseguenza, se l’attività rimane saltuaria, anche superando la soglia dei 5.000 euro di entrate annue non si ha alcun obbligo di aprire la partita IVA. Questa è solo un’anticipazione della questione, che spiegheremo in modo dettagliato più avanti nello specifico paragrafo.

 

Prestazione occasionale: la definizione secondo la legge

La prestazione occasionale, meglio definita come prestazione di lavoro autonomo occasionale e rappresenta tutte quelle attività lavorative caratterizzate dall’assenza di abitualità, professionalità, continuità e coordinazione.

La prestazione occasionale è uno strumento introdotto per la prima volta dalla Legge n.30/2003. La normativa è stata poi inserita nella Legge Biagi entrata in vigore il 14 febbraio 2003 (l’attuazione delle legge è avvenuta con il D.Lgs n.276 del 10 settembre 2003), con cui si delegavano al Governo tutte le questioni di natura occupazionale e lavorativa.

La disciplina stabiliva due fondamentali requisiti per poter parlare di lavoro autonomo occasionale e precisamente:

  • durata dell’attività inferiore ai 30 giorni in un anno per lo stesso richiedente;
  • remunerazione percepita non superiore ai 5.000 euro per ogni committente.

La suddetta Legge Biagi è rimasta in vigore per 12 anni, finché il 25 giugno 2015 è stata abrogata dal D.Lgs 81/2015. Si tratta di un decreto legislativo inserito nella famosa legge delega sulla riforma del lavoro, ossia il cosiddetto Jobs Act. Giusto per riassumere, la nuova normativa ha abrogato i requisiti sopra elencati riguardanti durata dell’attività e limiti sui compensi.

Ad oggi, la prestazione occasionale è disciplinata, esclusivamente, dall’articolo 2222 del codice civile che regolarizza il contratto di prestazione d’opera. Ai sensi di tale disposizione, il lavoratore che svolge una prestazione occasionale può essere definito come colui che compie un’opera o un servizio attraverso lavoro, in prevalenza proprio e senza alcun vincolo di subordinazione e potere di coordinamento da parte del committente, nonché in modo del tutto saltuario.

 

Prestazione di lavoro autonomo occasionale: le caratteristiche

Abbiamo già accennato a quali siano i requisiti per poter svolgere una prestazione occasionale, ma è bene soffermasi sull’argomento visto che rappresenta il nodo centrale della questione. Per esercitare un lavoro autonomo senza partita IVA è necessario il rispetto delle seguenti condizioni:

  • assenza di continuità e abitualità dell’attività svolta: certamente il termine abituale lascia spazio a diverse interpretazioni e non trova una precisa definizione a livello normativo. È comunque da intendersi come abituale quell’attività svolta in modo prolungato e con una certa continuità temporale. In ogni caso, servirà effettuare opportune valutazioni a seconda delle diverse situazioni;
  • mancanza di coordinamento delle prestazioni: la coordinazione è una tipica caratteristica di un’attività d’impresa, quindi svolta all’interno di una ditta o un’azienda, o comunque nell’ambito di un ciclo produttivo gestito dal committente.

Se vogliamo entrare più nello specifico e avere la certezza di prestare un’opera di natura occasionale, è bene considerare anche ulteriori requisiti:

  • mancanza di vincoli sull’orario di lavoro;
  • totale libertà da parte del lavoratore sulle modalità di esecuzione dell’opera;
  • raggiungimento di un risultato;
  • remunerazione determinata sulla base del solo lavoro eseguito o del servizio reso, quindi senza la caratteristica della periodicità;
  • il lavoratore si deve assumersi il completo rischio economico;
  • il lavoratore deve ricevere un solo incarico e nonostante per il suo assolvimento sia richiesto il compimento di altre azioni in un determinato arco temporale.

Qualora una prestazione occasionale perda i requisiti richiesti, l’attività verrà disciplinata come:

  • lavoro dipendente: se vengono riscontrate le caratteristiche del coordinamento e dell’etero-direzione dell’opera svolta, ovvero la sottoposizione del lavoratore alle direttive impartite dal committente per l’esecuzione delle prestazioni concordate;
  • lavoro autonomo: se si verificano più prestazioni autonome abituali. In queste situazioni il lavoratore sarà costretto ad aprire una partita IVA.

Nel caso di lavoro autonomo è consigliabile verificare l’eventuale possesso dei requisiti per poter beneficiare dei vantaggi fiscali e di semplificazione degli adempimenti previsti dal regime forfettario.

 

Lavoro occasionale e lavoro accessorio

Quando si parla di lavori svolti occasionalmente è bene sapere che esistono due diverse normative per differenziare le attività di tipo non continuativo, ci stiamo riferendo a:

  • lavoro autonomo occasionale;
  • lavoro occasionale accessorio.

Sebbene entrambe le tipologie siano contraddistinte dalla non continuità temporale, il lavoro autonomo riguarda solo coloro che svolgono professioni di natura intellettuale. Si tratta di soggetti che non hanno l’obbligo d’iscrizione ad un albo o ad un elenco professionale ed esercitano l’attività in totale autonomia senza alcun rapporto di subordinazione, collaborazione né tantomeno coordinamento, anche minimo, col committente. Alcuni esempi sono gli amministratori di condominio che offrono le prestazioni all’interno, unicamente, del proprio edificio o un procacciatore di affari occasionale che stipula accordi commerciali per la vendita di beni o servizi.

I compensi percepiti dovranno essere tassati in base attraverso una ritenuta d’acconto del 20% solo qualora ricevuti da un committente sostituto d’imposta. In ogni caso, richiedono un’apposita ricevuta come quietanza di pagamento, con apposta una marca da bollo da 2 euro se l’importo supera i 77,47 euro.

Il lavoro occasionale accessorio è invece riferito ad attività non abituali di tipo subordinato, ossia che presuppongono l’esistenza di un committente stabilito che richiede e paga la prestazione. In questi frangenti, l’attività svolta non è di tipo autonomo, ma alle dipendenze del richiedente. Esempi comuni di lavoro occasionale accessorio sono la baby-sitter, lo studente universitario che fa il cameriere per pagarsi la retta, la studentessa che svolge mansioni di commessa solo nei fine settimana e via discorrendo. In questi casi, il lavoratore può essere pagato con Voucher INPS oppure buoni lavoro e il reddito risulta esente dalle imposte e soggetto alla sola contribuzione della Gestione Separata INPS.

È importante anche sottolineare come il legislatore abbia introdotto il Libretto Famiglia per il lavoro occasionale accessorio reso ai privati e il contratto di prestazione occasionale per le opere rese a imprese e professionisti. Lo scopo è poter garantire un minimo di copertura previdenziale e tutele normative e assistenziali a favore di chi presta lavoro occasionale accessorio.

 

Quali sono i vantaggi della prestazione occasionale per attività non abituali?

In Italia sono davvero numerose le persone che offrono sporadicamente la propria opera e molto spesso la prestazione non abituale affianca un’attività di lavoro dipendente, d’impresa o professionale con partita IVA. Del resto, rispettando i requisiti che abbiamo visto, si ha il vantaggio di poter esercitare un lavoro autonomo arrotondando le entrate e senza particolari obblighi fiscali.

Le possibilità offerte da questa disciplina del lavoro sono innumerevoli. Chiunque coltivi una specifica passione può metterla a frutto per rimpinguare le proprie finanze. Per esempio, avendo particolari abilità nel riparare apparecchi elettrici ed elettronici, sarà possibile aggiustare l’aspirapolvere dell’amico o di conoscenti, oppure il PC del vicino di casa. Pur essendo attività professionali e ricevendo un compenso, non prevedono adempimenti purché rimangano di natura occasionale. Allo stesso modo, chi per diletto realizza oggetti originali di artigianato, può decidere di venderli su siti online: anche in questo caso bisognerà solo avere l’accortezza di non trasformare la vendita in un’attività commerciale continuativa.

 

Il contratto di lavoro occasionale

Un’attività lavorativa di carattere occasionale può essere regolata da un contratto di lavoro accessorio. Con l’entrata in vigore del D.L. 50 del 24 maggio 2017 è stato modificato il nome in “contratto di prestazione o collaborazione occasionale”. Molto spesso, in questi casi, le parti si accordano verbalmente, ma è una pratica da evitare soprattutto per il prestatore che, normalmente, si trova in una posizione non certo di forza.

Purtroppo, troppo spesso, il committente propone un accordo verbale proprio per non avere alcuna documentazione che provi l’avvenuta prestazione e poter poi così decidere di non pagare il collaboratore, o non riconoscergli l’intero compenso.

Il contratto di lavoro occasionale riguarda prestazioni da lavoro accessorio e non deve essere confuso con il contratto d’opera disciplinato dall’articolo 2222 del codice civile. In questo caso la prestazione è sempre occasionale ma esercitata da un lavoratore autonomo, con massima libertà di agire e svolgere l’attività per raggiungere il risultato richiesto.

Il contratto di prestazione occasionale contraddistingue, invece, quei lavoratori che subiscono una certa subordinazione ed è rivolta a diverse categorie di utilizzatori:

  • professionisti;
  • lavoratori autonomi;
  • imprese;
  • associazioni;
  • fondazioni e enti;
  • onlus;
  • pubbliche amministrazioni;
  • enti locali;
  • aziende alberghiere e strutture ricettive turistiche.

Tutti questi soggetti possono avvalersi di attività lavorative sporadiche e saltuarie stipulando un regolare contratto di lavoro e rispettando i limiti economici previsti dalla normativa, ovvero:

  • per ciascun lavoratore il compenso, con riferimento alla totalità dei committenti, non può avere un importo superiore ai 5.000 euro;
  • per ciascun utilizzatore, con riferimento alla totalità dei lavoratori, i compensi complessivi non devono superare i 5.000 euro (viene fatta un’eccezione per le società sportive che si avvalgono della collaborazione di steward all’interno dello stadio);
  • per le prestazioni rese da ogni lavoratore in favore del medesimo utilizzatore, i compensi non possono superare l’importo di 2.500 euro (limite portato a 5.000 euro per le prestazioni degli steward rese a società sportive).

Gli importi di cui sopra sono tutti da intendersi al netto di contributi, premi assicurativi e costi di gestione.

Ci sono particolari categorie di prestatori per cui la misura del compenso è calcolata sulla base del 75% dell’effettivo importo, ci riferiamo in particolare a:

  • titolari di pensioni di invalidità o vecchiaia;
  • soggetti con meno di 25 anni di età e regolare iscrizione presso un qualsiasi istituto scolastico o università;
  • disoccupati;
  • persone che percepiscono prestazioni integrative del salario o altre prestazioni di sostegno del reddito.

Il lavoratore occasionale ha diritto all’assicurazione per invalidità, la vecchiaia e superstiti tramite iscrizione alla Gestione Separata INPS, nonché l’assicurazione per infortuni sul lavoro e malattie professionali.

Ci sono dei limiti anche sul valore del compenso che non può essere inferiore a 36 euro al giorno. La paga oraria viene fissata liberamente tra le parti, tuttavia non può scendere sotto i 9 euro l’ora (tranne che per il settore agricolo).

Al compenso vengono applicati oneri a carico del committente che riguardano la contribuzione per la Gestione Separata (33%) e il premio assicurativo INAIL (3,5%). A questo va aggiunta la trattenuta per oneri di gestione nella misura dell’1% da parte dell’INPS.

 

Limiti nell’utilizzo del contratto di prestazione occasionale

La legge stabilisce il divieto di sottoscrivere un contratto di lavoro occasionale qualora l’utilizzatore:

  • abbia alle sue dipendenze più di 5 lavoratori a tempo indeterminato o li abbia impiegati nel corso del precedente anno solare (per aziende alberghiere e strutture ricettive il limite è di 8 dipendenti);
  • è un’impresa edile oppure operante in settori affini;
  • è un’impresa che svolge attività di escavazione, lavorazione di materiale lapideo, estrazione all’interno di cave e torbiere;
  • esegue appalti di opere o servizi.

È altresì irregolare avvalersi di un contratto di lavoro occasionale se l’utilizzatore abbia in corso oppure abbia stretto, negli ultimi sei mesi, un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa con il lavoratore.

 

Come funziona il contratto di lavoro occasionale

Un utilizzatore che desidera accedere alle prestazioni occasionali deve, obbligatoriamente, essere registrato sul portale dell’INPS nella relativa sezione. L’iscrizione riguarda, tanto il datore di lavoro quanto il collaboratore, e una volta terminata la procedura impone un versamento in denaro da parte del committente tramite F24 o PagoPa. Tale somma serve per costituire un portafoglio virtuale elettronico che l’INPS utilizzerà per pagare il compenso al prestatore. A quest’ultimo è richiesto anche l’invio dell’IBAN per ricevere il pagamento pattuito.

Per attivare un contratto di lavoro occasionale, l’utilizzatore deve effettuare tutte le comunicazioni almeno 60 minuti prima l’inizio della prestazione. Le informazioni da inviare tramite il servizio online dell’INPS riguardano:

  • dati anagrafici del prestatore;
  • compenso pattuito;
  • luogo dov’è richiesta la prestazione;
  • tipologia della prestazione;
  • durata;
  • settore dell’attività lavorativa;
  • informazioni varie per la gestione del rapporto.

La comunicazione preventiva non è richiesta se il committente è una persona fisica e richiede prestazioni di collaborazione per:

  • assistenza domiciliare di persone anziane, bambini, malati e disabili;
  • lavori domestici;
  • ripetizioni scolastiche.

L’utilizzatore ha la possibilità anche di annullare un contratto di lavoro, richiedendo la revoca ma solo entro un massimo di 3 giorni dalla data in cui si sarebbe dovuta svolgere la prestazione. Nel caso in cui non vengano rispettati i termini per la richiesta della revoca, l’INPS provvederà ugualmente ad inviare il pagamento del compenso pattuito e il versamento in favore del lavoratore della contribuzione previdenziale e assicurativa INAIL. Qualora il collaboratore dovesse confermare online l’effettivo svolgimento della prestazione, l’utilizzatore non potrà più richiedere alcuna revoca.

Contestualmente alla trasmissione del contratto di lavoro da parte del committente o dell’eventuale richiesta di revoca, vengono invitate al prestatore notifiche tramite mail o SMS.

 

La ricevuta per lavoro autonomo occasionale

A seguito di una prestazione occasionale da lavoro autonomo, il soggetto è tenuto al rilascio di una ricevuta al committente. Il documento ha carattere di quietanza di pagamento, ovvero serve per certificare che il richiedente abbia provveduto a pagare quanto pattuito. Il prestatore dovrà avere l’accortezza di non emettere la ricevuta prima di aver percepito il compenso.

Qualora la prestazione venga svolta a favore di un committente che rappresenta anche il sostituto d’imposta, sarà necessario applicare una ritenuta d’acconto pari al 20% del compenso lordo. In pratica, si tratta di un acconto sulle imposte che il committente ha l’obbligo di trattenere e versare al Fisco per conto del prestatore d’opera. La ritenuta viene versata tramite il modello F24 entro il 16 del mese successivo all’effettuazione del pagamento, indicando il codice tributo Ritenuta Acconto Reddito Lavoro Autonomo.

Per maggior chiarezza ricordiamo che per committenti sostituti d’imposta si intendono le seguenti categorie:

  • società di persone e di capitali;
  • associazioni ed enti;
  • imprese;
  • professionisti titolari di partita IVA che non applicano il regime forfettario.

Riassumendo, soggetti che svolgono un lavoro saltuario per conto di un sostituto d’imposta hanno l’obbligo di rilasciare una ricevuta con tanto di ritenuta d’acconto. In questi casi il documento, per essere considerato valido, deve riportare:

  • dati anagrafici del lavoratore occasionale;
  • dati anagrafici del committente;
  • data di emissione (deve corrispondere con il giorno di ricevimento del compenso);
  • firma di chi emette la ricevuta;
  • numero progressivo della ricevuta;
  • corrispettivo lordo pattuito per la prestazione occasionale;
  • compenso netto ricevuto dal committente;
  • ritenuta d’acconto del 20% da calcolare sulla base imponibile;
  • eventuale 4% sempre da calcolare sulla base imponibile per i contributi INPS, qualora il prestatore risulti iscritto alla Gestione Separata.

In conclusione, possiamo dire che la ricevuta assolve ad un duplice compito:

  • da una parte certifica l’avvenuto pagamento da parte del committente:
  • dall’altra è un utile strumento per aiutare il prestatore a rendicontare i compensi ricevuti nel caso li debba inserire nella dichiarazione dei redditi.

Ricordiamo che per la validità della ricevuta è necessario applicare una marca da bollo da 2 euro, qualora l’importo della prestazione superi i 77,47 euro.

 

Prestazioni occasionali: la disciplina fiscale

Dal punto di vista fiscale la disciplina che regola i redditi derivanti da prestazioni occasionali è semplice e molto chiara. Infatti, i compensi percepiti rientrano nei cosiddetti redditi diversi, in base a quanto stabilito dall’articolo 67, comma 1 e lettera 1) del DPR n.917/86.

Ne consegue che qualsiasi reddito da lavoro autonomo, compresi quelli ricavati da attività occasionali, è normato dal suddetto decreto e viene calcolato facendo la differenza tra il totale dei compensi ricevuti nel periodo d’imposta e le spese inerenti sostenute per fornire i relativi servizi.

I redditi da prestazioni occasionali devono essere dichiarati al FISCO utilizzando il modello 730 e il quadro N oppure il modello Redditi Persone Fisiche inserendo i dati nel quadro RL. In entrambi i casi è opportuno compilare correttamente i moduli, indicando negli specifici quadri l’ammontare del reddito lordo percepito nel periodo d’imposta e l’eventuale ritenuta d’acconto. Così facendo sarà possibile aggiungere il reddito da prestazione occasionale ad altre eventuali entrate, ottenendo la base imponibile su cui verrà calcolata la tassazione IRPEF.

 

Il lavoro occasionale è esonerato dalla dichiarazione dei redditi?

Un aspetto molto importate relativo alle prestazioni occasionali riguarda la possibilità di esonero dalla dichiarazione dei redditi. Tutto dipende dall’ammontare dell’importo lordo annuo percepito per il solo lavoro occasionale: non deve superare la soglia dei 4.800 euro. Sotto questo limite non vi è alcun obbligo di dichiarazione al FISCO, infatti la legge prevede una detrazione IRPEF che azzera l’imposta dovuta.

In tali frangenti potrebbe, tuttavia, essere vantaggioso presentare comunque la dichiarazione. Qualora il reddito percepito da prestazioni occasionali sia stato ricevuto da un sostituto d’imposta che ha applicato la ritenuta d’acconto, è possibile il recupero della stessa trasformandola in crediti d’imposta attraverso la dichiarazione dei redditi. In base alla propria situazione fiscale, i crediti potranno essere utilizzati in compensazione per pagare eventuali altri contributi erariali, oppure richiedere un rimborso della cifra spettante all’interno della dichiarazione.

 

Quando scatta l’obbligo contributivo alla gestione separata?

Qualora i redditi derivanti da prestazioni occasionali dovessero superare la soglia dei 5.000 euro lordi, per il lavoratore scatta l’obbligo d’iscrizione alla Gestione Separata INPS.

La norma è stata introdotta dall’articolo 44 del D.L. n.269/2003, poi convertito dalla legge n.326/2003 e prevede che il conteggio dei 5.000 euro venga effettuato tenendo conto dei seguenti elementi:

  • si devono considerare solo le prestazioni occasionali svolte;
  • il totale è dato dalla somma di tutti i singoli compensi ricevuti nel periodo di riferimento;
  • è necessario considerare gli importi elargiti da ogni committente;
  • vanno esclusi i redditi appartenenti ad altre categorie come, per esempio, lavoro autonomo o lavoro dipendente.

Il limite dei 5.000 euro funge come una sorta di franchigia per i contributi previdenziali, nel senso che dovranno essere versati solo basandosi sulla quota eccedente tale soglia. È importante non dimenticare che questo limite va considerato ai soli fini previdenziali e non ha nulla a che vedere con quelli fiscali.

L’obbligo d’iscrizione alla Gestione Separata INPS scatta nell’anno in cui si supera la soglia dei compensi e l’onere spetta al datore di lavoro.

È invece a carico del lavoratore l’obbligo di comunicare tempestivamente al committente il superamento della soglia d’esenzione. In questo modo il datore di lavoro potrà provvedere all’iscrizione alla Gestione Separata, versare la sua quota di contributi e applicare le corrette trattenute. Nello specifico, l’obbligo contributivo ricade per 2/3 sul committente mentre il restante 1/3 spetterà al prestatore, versato attraverso il meccanismo della ritenuta sul compenso ricevuto.

Nel caso in cui il lavoratore non dovesse effettuare alcuna comunicazione, l’azienda non ha nessuna responsabilità sul mancato versamento del contributo previdenziale.

Pertanto, finché i compensi restano entro la soglia dei 5.000 euro il prestatore non deve fare assolutamente nulla ed è esonerato dai contributi previdenziali. Se invece, per esempio, i compensi arrivano a 7.000 euro, il lavoratore deve comunicare il superamento della soglia al committente e scatta l’obbligo contributivo solo sull’eccedenza, ossia 2.000 euro.

 

Cosa accade al superamento della soglia di 5.000 euro con la prestazione occasionale?

La soglia dei 5.000 euro è un limite che, il più delle volte, crea una gran confusione e fa nascere dubbi che, in realtà, non hanno alcun fondamento. Il motivo è dato dalla riminiscenza della vecchia Legge Biagi che aveva imposto, come requisito per le prestazioni occasionali, il compenso non superiore ai 5.000 euro per ogni committente. Come abbiamo spiegato, dal giugno 2015 questa condizione è stata abrogata per cui oggi tale limite è importante solo ai fini previdenziali.

Al superamento della soglia si perde l’esenzione dei contributi previdenziali e si dovrà procedere all’iscrizione della Gestione separata INPS e al versamento di quanto dovuto, come ampiamente spiegato nel precedente paragrafo.

 

Superamento della soglia di 5.000 euro e apertura della partita IVA

Altro concetto che necessita la massima chiarezza riguarda il collegamento tra il limite dei 5.000 euro e l’apertura della partita IVA. Anche in questo caso è opportuno ribadire che non vi è alcuna correlazione, nel senso che per le prestazioni occasionali il volume dei compensi non influisce in alcun modo sull’obbligo di aprire la partita IVA.

Chiunque svolga una mansione che rientra in un lavoro autonomo ritenuto occasionale, può continuare a praticarlo anche se alla fine dell’anno i suoi compensi ammontano ad una cifra superiore i 5.000 euro. Ciò che conta è il mantenimento del fondamentale requisito dell’occasionalità.

Supponiamo, ad esempio, che una persona collabori con un’azienda per tradurre dei testi. Se tale attività viene svolta saltuariamente può essere praticata nella forma della prestazione occasionale, indipendentemente dai compensi ricevuti. Al contrario, se la collaborazione aumenta di frequenza e avviene ogni settimana per tutto l’anno, si viene a creare quella continuità temporale che fa decadere uno dei requisiti principali. In tal caso il lavoratore per essere in regola dovrà aprire una partita IVA e provvedere ad emettere regolare fattura all’azienda committente a seguito di ogni prestazione e dovendo rispettare tutti gli adempimenti fiscali previsti dalla legge.

E’ necessario non dimenticare due fondamentali aspetti: oltrepassando il limite dei 4.800 euro di compensi, risulta obbligatorio inserirli in dichiarazione come redditi diversi che contribuiranno alla formazione della base imponibile per il calcolo dell’IRPEF. Superando i 5.000 euro, per i soli compensi derivanti da prestazioni occasionali, scatta l’iscrizione alla Gestione Separata INPS e conseguente pagamento dei contributi previdenziali sulla sola eccedenza della soglia d’esenzione.

   

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1 Comment
luigi puteri

Ottobre 23, 2021 @ 19:37

Reply

NON HO CAPITO NULLA. SE IO HO BISOGNO DI UNA PERSONA PER PULIRE UN GIARDINO COSA DEVO FARE PER ESSERE IN REGOLA?

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