Ai lavoratori dipendenti, sia del settore privato che pubblico spetta, alla cessazione del rapporto di lavoro, il TFR acronimo di “trattamento di fine rapporto“. Un’analoga forma di indennizzo, molto meno conosciuta, può essere corrisposta agli amministratori di società. Si tratta del cosiddetto TFM, ovvero il trattamento di fine mandato che segue il meccanismo dell’accantonamento annuale di una quota del compenso, allo scopo di costituire un capitale da liquidare al termine del rapporto di collaborazione dell’amministratore.
Non esiste una specifica norma di riferimento che stabilisca obblighi e limitazioni sull’ammontare, quindi le società dispongono di totale libertà di scelta. Ciononostante è spesso uno strumento completamente ignorato o poco sfruttato soprattutto dalle piccole e medie imprese che, in realtà, potrebbe offrire notevoli vantaggi all’azienda essendo un costo deducibile utile ad abbattere i carichi fiscali, e all’amministratore che gode del regime agevolato della tassazione separata.
Indice:
- Cos’è il Trattamento di Fine Mandato?
- Requisiti del TFM
- Il principio di ragionevolezza e di congruità
- Differenza tra TFR e TFM?
- Deducibilità del trattamento di fine mandato
- Il requisito della data certa
- Tassazione del TFM
- Perché è consigliabile sfruttare il TFM?
- È possibile rinunciare al trattamento di fine mandato?
- Anticipo del TFM
Cos’è il Trattamento di Fine Mandato?
Il trattamento di fine mandato (TFM) è l’indennità che una società di capitale può concedere agli amministratori al termine del loro rapporto di collaborazione. Si tratta di un accordo tra le parti che, attraverso libera contrattazione, stabiliscono l’ammontare della liquidazione. Di solito, l’importo viene quantificato in base alle dimensioni dell’azienda, il volume d’affari e alla qualità delle prestazioni offerte dall’amministratore. Normalmente, le modalità analitiche per determinare il TFM, o le somme da corrispondere, sono stabilite in una specifica delibera dell’assemblea dei soci, oppure inserite nell’atto costitutivo. In realtà, questo non sempre accade e ciò può comportare un grosso problema dal punto di vista fiscale, ovvero la perdita del diritto alla deducibilità di quanto erogato o accantonato.
Il TFM è una retribuzione differita, rappresentata da una quota del compenso concesso all’amministratore che viene accantonata ogni anno e accumulata in un apposito fondo, così da ottenerne una rivalutazione nel tempo, per poi essere erogata per intero, comprensiva degli interessi, alla cessazione del rapporto di collaborazione.
Il trattamento di fine mandato costituisce per la società un costo deducibile con cui ridurre la base imponibile ai fini IRES, mentre per l’amministratore rappresenta un reddito solo nel momento dell’incasso effettivo e non durante la fase dell’accantonamento. Inoltre, il TFM può essere sottoposto a tassazione separata, e non concorrere ad aumentare il reddito imponibile dell’amministratore per il calcolo dell’IRPEF.
Requisiti del TFM
Come abbiamo già sottolineato, il trattamento di fine mandato non è assoggettato a nessuna specifica normativa, per cui è una forma di indennità del tutto facoltativa che scaturisce da un libero accordo sottoscritto tra le parti. Quando l’assemblea dei soci nomina un nuovo amministratore deve stabilire il compenso che andrà a percepire per le mansioni svolte e, nel contempo, potrebbe anche deliberare un eventuale importo da accantonare annualmente a titolo di TFM. Per tale evenienza è però necessaria la sussistenza dei seguenti requisiti:
- il riconoscimento di un trattamento di fine mandato deve risultare da apposita delibera approvata dall’assemblea dei soci, oppure inserito direttamente nello Statuto societario. In altre parole il TFM dev’essere certificato da un atto con data certa;
- l’atto che dà diritto all’amministratore di ricevere la liquidazione alla cessazione del mandato, va registrato precedentemente rispetto all’inizio del rapporto di collaborazione.
Il principio di ragionevolezza e di congruità
La società ha piena libertà di scelta in materia di TFM e può stabilire, senza dover rispettare alcuna limitazione, l’importo dell’indennità di fine mandato. Ciononostante è buona norma prestare una certa attenzione nel fissare la somma dell’accantonamento ed è consigliabile mantenersi su una percentuale di circa il 20% del compenso annuo dell’amministratore e, comunque, non superare mai il 30%.
L’Agenzia delle Entrate è sempre molto vigile in fatto di TFM, infatti la mancanza di una disciplina può incentivare alcune società ad approfittare della libertà concessa per pagare meno tasse di quanto effettivamente dovuto. È piuttosto evidente come stabilire, ad esempio, un accantonamento di 80mila euro su un compenso annuo per l’amministratore di 100mila euro, non sia una mossa molto furba e possa far accendere un campanello d’allarme alle autorità competenti che intravvedono in questo comportamento un possibile caso di elusione fiscale.
Per non subire accertamenti da parte dell’Amministrazione finanziaria è sufficiente rispettare il cosiddetto principio di ragionevolezza e congruità, e pertanto calcolare l’accantonamento annuo tenendo presente:
- di quale sia realtà economica della società;
- del volume d’affari generato dall’impresa;
- della capacità reddituale dell’azienda;
- del ruolo e delle mansioni svolte dall’amministratore all’interno della società.
Differenza tra TFR e TFM?
La principale, e più evidente, differenza sta nell’obbligatorietà del TFR rispetto al trattamento di fine mandato. Ogni datore di lavoro deve rispettare l’onere di accantonare una determinata somma, che dovrà poi versare al dipendente in caso di richiesta di un anticipo (quota non superiore al 70% del totale maturato) per le motivazioni consentite dalla legge, oppure alla cessazione del rapporto di lavoro.
Il TFM è invece una forma di indennità facoltativa, con la società libera di decidere se prevedere l’accantonamento e offrire una liquidazione all’amministratore, oppure a soggetti che svolgono mansioni all’interno dell’impresa non vincolati da rapporti di subordinazione.
Il trattamento di fine rapporto è legiferato da specifica normativa (articolo n. 2120 del Codice civile), che stabilisce l’ammontare degli accantonamenti, le modalità di versamento e le possibili ipotesi per richiederne un anticipo di una quota. A tal proposito, la buonuscita per i lavoratori dipendenti prevede un accantonamento deducibile il cui importo è calcolato dividendo per 13,5 la retribuzione annuale del lavoratore. Alla somma accumulata viene applicato un coefficiente di rivalutazione variabile di anno in anno sulla base degli aggiornamenti dell’indice ISTAT.
Viceversa, ad oggi, per il TFM non esiste alcuna normativa di riferimento e, di conseguenza, non vi è alcun limite da rispettare per il calcolo dell’ammontare se non quello del “buon senso”. Spetta solo all’articolo n. 2364 del Codice civile conferire all’assemblala dei soci la facoltà di stabilire importi e modalità di accantonamento e versamento del TFM. Ciò comporta che, molto spesso, le somme da liquidare risultino particolarmente ingenti e producano un notevole abbattimento dei carichi fiscali per la società. Il capitale è inoltre rivalutato grazie a specifici fondi appositamente creati o, in alternativa, attraverso polizze assicurative con accantonamento indiretto e riscatto da parte dell’azienda.
La mancanza di una disciplina tributaria in materia di TFM è spesso argomento di dibattiti sulla necessità di regolamentare gli accantonamenti riservati agli amministratori. Nonostante questo, come abbiamo visto nel relativo paragrafo, spetta all’azienda utilizzare sempre il buon senso per stabilire i limiti in base alla propria situazione economica, la capacità reddituale e il volume d’affari, senza dimenticare le effettive mansioni svolte dall’amministratore.
Deducibilità del trattamento di fine mandato
Il TFM costituisce, per l’azienda, un costo deducibile esattamente come accade per il trattamento di fine rapporto dei lavoratori dipendenti. Di conseguenza, la società può dedurre le somme accantonate dal reddito d’impresa, abbassando la base imponibile e ottenendo un buon risparmio fiscale.
Tuttavia, la deducibilità è strettamente legata alle caratteristiche dell’atto che sancisce il diritto al trattamento di fine mandato e, nello specifico, è necessario fare una distinzione tra:
- deducibilità per competenza: l’azienda provvede ogni anno ad accantonare una determinata percentuale del compenso percepito dall’amministratore, per poi corrispondere l’indennità alla cessazione del mandato. Il diritto alla deducibilità delle accantonate è concesso unicamente in presenza di un atto con data certa precedente l’inizio del rapporto di collaborazione e che certifichi l’attribuzione del TFM;
- deducibilità per cassa: in questo caso manca il requisito della data certa per cui il compenso risulta deducibile solo quando e se effettivamente versato all’amministratore.
Il requisito della data certa
Un aspetto di fondamentale importanza affinché il TFM risulti valido e pertanto deducibile per competenza, è la presenza di un atto con data certa. Ciò significa che il trattamento di fine mandato deve sempre risultare da un documento che ne dimostri la validità nei confronti di terzi.
La validità di un atto con data certa presuppone il rispetto di uno dei seguenti requisiti:
- autenticazione di un notaio, esattamente come accade per una qualsiasi scrittura privata che certifica un accordo tra soggetti privati;
- è allegato ad una mail con indirizzo PEC (posta elettronica certificata);
- è stato inviato attraverso posta raccomandata senza busta (quindi con la data dell’Ufficio Postale direttamente sulla lettera) con avviso di ricevimento. In questo caso si ottiene la garanzia, sia dell’avvenuta spedizione che dell’effettiva consegna;
- se il TFM viene riconosciuto attraverso delibera dell’assemblea ordinaria dei soci, è necessaria la registrazione del verbale presso l’Agenzia delle Entrate;
- è sufficiente anche una marca da bollo che riporti una data precisa.
Basta attenersi ad uno dei requisiti sopra elencati affinché l’atto possa essere considerato valido, portando così a due importanti effetti:
- la società potrà dedurre gli accantonamenti secondo il principio di competenza;ù
- l’amministratore potrà beneficiare del regime fiscale agevolato della tassazione separata per il TFM una volta incassato;
Tassazione del TFM
Il trattamento di fine mandato è un reddito soggetto ad imposizione esattamente come il TFR. In particolare, la liquidazione è sottoposta a tassazione:
- separata: che si applica per importi fino ad un milione di euro e con validità solo se il trattamento di fine mandato risulta da un atto con data certa precedente l’inizio del rapporto di collaborazione dell’amministratore. Il beneficiario, al termine del proprio mandato, riceverà una somma già decurtata della ritenuta d’acconto pari al 20% (tassazione separata e agevolata);
- ordinaria: se l’importo è superiore al milione di euro, oppure il diritto al TFM non risulti da un atto con data certa.
Qualora dovessero sussistere i requisiti richiesti, l’amministratore ha facoltà di decidere quale regime applicare, potendo scegliere la tassazione ordinaria se risultasse più conveniente, comunque obbligatoria se si percepisca un TFM superiore al milione di euro.
Perché è consigliabile sfruttare il TFM?
Il principale vantaggio derivante dal corrispondere il trattamento di fine mandato è di natura fiscale, sia per la società che per l’amministratore. Infatti, per l’azienda il TFM è un costo deducibile dal reddito d’impresa e può essere sfruttato per abbassare la base imponibile su cui calcolare l’aliquota IRES al 24%.
L’amministratore, dal proprio canto, potrà applicare la tassazione separata, in quanto il TFM è considerato un reddito non percepito in maniera continuativa ma solo alla cessione del rapporto di collaborazione evitando così che lo stesso vada a far cumulo con altri redditi.
Dobbiamo comunque sottolineare ancora una volta che per godere di tali benefici è necessaria la sussistenza di due fondamentali presupposti:
- il TFM dev’essere previsto dallo Statuto o da apposita delibera assembleare;
- il rapporto di collaborazione con l’amministratore deve iniziare dopo la delibera assembleare
Se tali requisiti venissero meno, le quote accantonate per il trattamento di fine mandato perderebbero il diritto alla deducibilità. Allo stesso modo, verrebbe a mancare l’agevolazione della tassazione separata prevista per l’amministratore.
Quindi, se da una parte il TFM concede importanti benefici fiscali, dall’altra è uno strumento da utilizzare in modo corretto per non perdere il vantaggio della deducibilità e, al contempo, non attirare l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate.
In termini di vantaggi fiscale il TFM consente all’impresa di dedurre un costo senza dover necessariamente privarsi del denaro, un aspetto non trascurabile in un periodo in cui la crisi di liquidità è un problema per molte imprese. Accantonamento che però potrà essere integralmente dedotto dall’imponibile aziendale, al pari di una qualsiasi voce di spesa per l’azienda e che può variare di anno in anno.
In soldoni, significa che l’amministratore, una volta scaduto il suo mandato, e fino ad un milione di euro di liquidazione, andrà a pagare solo il 20% di imposte invece che il 43% di IRPEF, e che l’impresa ne ha risparmiati, su quella cifra, il 27,9% tra IRAP e IRES non versate legalmente allo Stato.
È possibile rinunciare al trattamento di fine mandato?
Una domanda di particolare rilievo in tempi di crisi come quelli attuali, è se esiste la possibilità, per l’amministratore, di rinunciare alla liquidazione al termine del suo mandato. Potrebbe sembrare piuttosto strano che un amministratore si privi di una somma di denaro a lui spettante, tuttavia sarebbe comunque un suo diritto. Tale evento produce effetti diversi qualora il beneficiario sia o meno un socio della società.
A tal proposito le situazioni che si possono verificare sono le seguenti:
- il socio-amministratore rinuncia al TFM: la tassazione dell’importo ricadrebbe completamente sul beneficiario, in quanto tale rinuncia costituirebbe comunque un arricchimento patrimoniale, andando ad incrementare il costo fiscale della partecipazione che possiede, secondo il principio dell’incasso giuridico del credito. Alla società non toccherebbe invece alcun onere fiscale e non dovrà tassare nessuna sopravvenienza attiva;
- l’amministratore non socio rinuncia al TFM: il soggetto non sarebbe sottoposto ad alcuna tassazione vista la mancanza di un reale arricchimento del suo reddito o patrimonio. Tuttavia, spetterebbe comunque alla società subire l’imposizione fiscale per la sopravvenienza attiva che deriva dalla rinuncia al trattamento di fine mandato.
Anticipo del TFM
Esattamente come accade per il TFR, anche il trattamento di fine mandato può essere anticipato prima della cessazione del rapporto di collaborazione. L’amministratore dovrà sottoporre la richiesta all’assemblea dei soci che prenderà una decisione concedendo o meno l’anticipo del TFM.
Le motivazioni valide sono le medesime previste per il trattamento di fine rapporto dei lavoratori dipendenti ovvero:
- acquisto della prima casa o immobile ad uso abitativo destinato ai familiari;
- costi per cure medico-sanitarie o interventi chirurgici straordinari;
- fruizione del congedo parentale, oppure per formazione extra-lavorativa o continua.
Quelle appena citate sono le motivazioni più comuni, tuttavia la mancanza di una specifica normativa che disciplina il TFM permette un ampio margine di trattativa tra le parti. Quindi non è affatto raro che l’anticipo del trattamento di fine mandato venga concesso a seguito di altre ipotesi come, ad esempio, una difficile situazione finanziaria dell’amministratore che potrebbe quindi utilizzare l’anticipo sulla sua liquidazione per pagare i debiti.
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