Comunione legale dei beni: quando conviene
Quando due persone decidono di convolare a nozze, oltre alle tradizionali scelte di vestito, location, lista invitati e menu del pranzo, ci sono decisioni ancor più pragmatiche che sarebbe opportuno prendere e che spesso, invece, vengono trascurate o, ancor peggio, prese senza dedicare nemmeno un minuto di tempo per provare a capire cosa sia meglio fare o, non fare: una di queste riguarda il regime patrimoniale coniugale. Un aspetto che, il più delle volte, viene completamente trascurato e visto, addirittura, come un pensiero negativo che sminuisce l’amore e mina la fiducia reciproca tra i due futuri coniugi.
Nonostante la separazione dei beni sia una convenzione adottata con, sempre maggior, frequenza, soprattutto tra i ceti più abbienti, il sistema della comunione legale dei beni rimane la soluzione ad oggi più diffusa. Uno dei motivi principali, è dovuto al fatto che i coniugi non devono effettuare alcuna scelta, presentare dichiarazioni, o intraprendere particolari azioni, visto che la comunione dei beni scatta in automatico una volta che il matrimonio ha effetto.
Vediamo dunque di analizzare esattamente le conseguenze derivanti dalla comunione dei beni, cercando di capire se effettivamente conviene, oppure quando è meglio preferire una gestione patrimoniale separata.
Indice:
- Cos’è la comunione legale dei beni tra coniugi?
- Comunione legale dei beni: come si costituisce
- Beni che fanno parte della comunione tra coniugi
- Beni esclusi dalla comunione tra coniugi
- Amministrazione dei beni della comunione
- Comunione legale dei beni: cosa accade in presenza di creditori?
- Cosa accade per le obbligazioni contratte separatamente dai coniugi?
- Scioglimento della comunione dei beni tra coniugi
- Comunione o separazione dei beni?
Cos’è la comunione legale dei beni tra coniugi?
La comunione legale dei beni è stata introdotta a partire dal 20 settembre 1975, a seguito della riforma del diritto della famiglia. La finalità del legislatore è favorire l’assistenza reciproca dei coniugi, tutelare la parte economicamente più debole e sostenere lo spirito familiare. Da qual momento è diventato il regime patrimoniale di default in caso di nozze. Prima di allora, la situazione era diametralmente opposta, ovvero, dopo il fatidico “si” scattava, in automatico, il sistema della separazione dei beni.
Oggi marito e moglie, qualora decidano di separare il patrimonio coniugale, dovranno dichiararlo prima che si celebri il matrimonio di fronte a un sacerdote, o ufficiale dello stato civile, altrimenti, verrebbe applicata, tacitamente, la comunione dei beni. È opportuno specificare che tale regime non comporti il possesso dell’intero patrimonio al 50%, bensì il diritto di disporre dell’insieme per intero. In pratica, per godere di un determinato bene, e dei frutti che da esso ne derivano, sarà necessario il consenso di entrambi i coniugi.
E’ inoltre utile specificare che attraverso la comunione dei beni, non sia obbligatorio condividere tutto ciò che i coniugi possedevano prima del matrimonio e quanto accumulato successivamente. Infatti, non trattandosi di un regime patrimoniale universale, non comprende qualunque bene sia in possesso di marito e moglie. L’articolo 177 del Codice Civile stabilisce quali beni costituiscano l’oggetto della comunione e quali vengono, invece, esclusi perché considerati di natura personale.
La comunione dei beni può essere sciolta in qualsiasi momento per volontà dei coniugi, in caso di separazione, o per altre eventualità come vedremo più avanti.
Comunione legale dei beni: come si costituisce
Alla base del concetto di comunione dei beni c’è il suo meccanismo di costituzione. In pratica, segue il principio del tacito assenso e, infatti, il regime si instaura automaticamente quando i coniugi si sposano. Pertanto, da quel momento, ogni qual volta venga acquistato, da uno dei due coniugi, un bene mobile o immobile, scatta la comunione immediata.
Se non si ha intenzione di voler mettere i beni acquisiti post-nozze in comunione con la “dolce metà“, sarà necessario pensarci con il dovuto anticipo e pianificare con il partner una soluzione alternativa. Basterà presentare una dichiarazione di separazione dei beni da annotare a margine dell’atto di matrimonio, oppure redarre, grazie all’aiuto di un avvocato, un apposito accordo prematrimoniale sottoscritto di fronte ad un notaio.
Beni che fanno parte della comunione tra coniugi
Come abbiamo appena accennato, non tutti i beni sono soggetti alla comunione legale. In questo paragrafo elencheremo tutto ciò che andrà a far parte della comunione dei beni e, in particolare:
- tutti i beni acquistati separatamente, o congiuntamente da entrambi i coniugi, durante il matrimonio: sono esclusi i beni considerati di natura personale;
- frutti dei beni di ogni coniuge: percepiti e non goduti fino al momento della risoluzione della comunione;
- guadagni dell’attività separata: riguardano i proventi derivati dalle attività svolte da ciascun coniuge, ma solo qualora, gli stessi, non siano stati goduti al momento dello scioglimento della comunione;
- società costituite dopo il matrimonio e amministrate da entrambi i coniugi: nel caso in cui l’azienda sia stata creata prima del matrimonio e, successivamente, gestita da marito e moglie, la comunione si riferisce ai soli utili ed eventuali incrementi dal giorno delle nozze.
Beni esclusi dalla comunione tra coniugi
La regola di base impone che tutti i beni in possesso del coniuge, prima del matrimonio, siano considerati di natura personale e, di conseguenza, esclusi dalla comunione. Nello specifico parliamo di:
- beni la cui titolarità appartiene al coniuge prima del matrimonio;
- beni acquisiti durante il periodo matrimoniale per effetto di donazioni o successioni ad uno dei due coniugi. Ciò non è valido se viene specificato che tali beni debbano essere attribuiti alla comunione;
- beni e accessori considerati di uso strettamente personale di uno dei due coniugi;
- beni impiegati per svolgere l’attività professionale di uno dei due coniugi;
- importi ottenuti a titolo di risarcimento danni;
- pensione conseguita in seguito alla perdita della capacità lavorativa;
- beni derivanti dalla vendita di beni propri, tranne nei casi in cui siano indicate diverse disposizioni.
Amministrazione dei beni della comunione
I beni della comunione legale sono amministrati in modo disgiunto da entrambi i coniugi; tuttavia, in caso di atti che vadano al di fuori dell’ordinaria amministrazione, le decisioni dovranno essere prese congiuntamente, così come indicato dall’articolo 180 del Codice Civile.
Questa situazione prevede che sussista una totale armonia coniugale, cosa che spesso risulta minata dalla nascita dei primi contrasti e disaccordi all’interno della coppia che portano, spesso, uno dei due coniugi a negare il proprio consenso. Nei casi di straordinaria amministrazione sarà possibile rivolgersi ad un giudice e richiedere l’autorizzazione al compimento di determinati atti contro l’opposizione di uno dei due coniugi.
Tutti gli atti compiuti senza il consenso dell’altro coniuge sono ritenuti, per legge, annullabili qualora riguardino beni mobili, o immobili inseriti nell’articolo 2683 del Codice Civile. L’azione può essere avanzata dal coniuge che doveva concedere il consenso entro un anno dalla data in cui ha preso conoscenza dell’atto e, in ogni caso, entro e non oltre un anno dal momento della trascrizione.
A seguito di istanza presentata dal coniuge il cui consenso era necessario, e in riferimento a soli beni mobili, l’altra parte dovrà ricostruire la comunione dei beni così come si trovava prima dell’atto compiuto. Se ciò non fosse possibile, dovrà versare l’equivalente in denaro per ristabilire l’esatto valore della comunione dei beni.
Comunione legale dei beni: cosa accade in presenza di creditori?
Un aspetto da analizzare con attenzione riguarda le situazioni in cui i coniugi, in regime di comunione dei beni, accumulano debiti. In questi spiacevoli frangenti, il creditore può aggredire il patrimonio comune per veder soddisfatte le proprie lecite pretese.
Infatti, per legge, i beni della comunione rispondono, non solo per gli oneri gravanti su di essi al momento dell’acquisto e per tutte le spese inerenti il mantenimento della famiglia (compresa l’educazione e l’istruzione dei figli), ma anche per le obbligazioni contratte in modo separato, o disgiunto, dai due coniugi.
Cosa accade per le obbligazioni contratte separatamente dai coniugi?
La normativa prevede che i beni inseriti nella comunione possano essere aggrediti qualora quelli personali del coniuge obbligato non siano sufficienti a soddisfare un eventuale creditore. In altri termini, se un determinato soggetto è creditore, ad esempio, del marito, dovrà provare a recuperare il proprio credito aggredendo, in prima istanza, i suoi beni personali. Qualora questi non risultassero sufficienti, allora potrà rivalersi sui beni comuni limitatamente alla quota di proprietà del coniuge debitore.
Nel caso di presenza di creditori particolari di uno dei coniugi, sarà possibile aggredire i beni della comunione anche se il credito è nato prima del matrimonio. Si tratta, comunque, di debiti conseguiti in modo separato da un solo coniuge, per cui vale la regola vista in precedenza: aggressione dei beni comuni solo quando quelli personali del coniuge debitore non sono sufficienti e, soltanto, per la quota del coniuge debitore.
Nel caso in cui un creditore della comunione non riuscisse a rientrate completamente del proprio credito attraverso i beni comuni, l’articolo 190 del Codice Civile, stabilisce che il creditore stesso possa aggredire i beni personali di ciascun coniuge nella misura pari alla metà del credito, ma solo nell’eventualità in cui la comunione non sia sufficiente a soddisfare i debiti contratti congiuntamente dai coniugi.
Scioglimento della comunione dei beni tra coniugi
L’articolo 191 del Codice Civile stabilisce tutte le situazioni in cui può avvenire, oppure essere richiesto, lo scioglimento della comunione legale dei beni. Nello specifico i casi riguardano:
- morte o dichiarata assenza di uno dei coniugi;
- annullamento del matrimonio;
- scioglimento del matrimonio: avviene per sopraggiunta morte di uno dei coniugi, oppure a seguito separazione o divorzio. La separazione può essere di tipo personale, giudiziale o consensuale. Nel primo caso, anche se dovesse verificarsi una riconciliazione dei coniugi, la comunione dei beni non verrebbe ripristinata. Nella separazione giudiziale, la risoluzione della comunione può verificarsi in caso di interdizione, inabilitazione, oppure per un’amministrazione dei beni comuni ritenuta inadeguata;
- fallimento di uno dei coniugi;
- per volontà dei coniugi che hanno deciso di optare per una diversa gestione del patrimonio.
Comunione o separazione dei beni?
Sappiamo bene come il matrimonio sia, nell’immaginario collettivo, la massima espressione e rappresentazione dell’amore che unisce due persone; un momento unico e indimenticabile che dovrebbe coronare il desiderio di passare l’intera vita insieme di una coppia. Tuttavia, è bene mettere da parte romanticismo e sentimentalismi, tornando con i piedi per terra per decidere con lucidità la migliore gestione del patrimonio coniugale. E’ fondamentale scegliere, innanzitutto, tra separazione o comunione dei beni.
Ricapitolando quanto scritto, la comunione dei beni scatta in automatico al momento del matrimonio salvo diversa specificazione dei coniugi e, dopo la celebrazione delle nozze, i beni mobili ed immobili acquistati, anche prima del matrimonio, diventano “comuni” di entrambi i coniugi.
Case, terreni, automobili e rendite finanziarie apparterranno tanto al marito quanto alla moglie con gli stessi identici diritti ed eventuali doveri. In caso di debiti contratti da uno dei due coniugi, abbiamo visto che possano rispondere ambedue le parti, prima con i beni personali e, successivamente, con quelli della comunione.
E’ valido anche il contrario, nel caso di debiti contratti dalla coppia, secondo le regole dettate dall’articolo 190 del Codice Civile, come sopra specificato.
Con la separazione dei beni, invece, ogni coniuge conserva la titolarità dei beni già in suo possesso prima delle nozze, ma anche di quelli acquisiti dopo il matrimonio. Per avvalersi di tale convenzione è necessario effettuare una dichiarazione da inserire nell’atto di celebrazione del matrimonio, oppure, successivamente, attraverso un contratto sottoscritto di fronte a un notaio e due testimoni.
La separazione dei beni non dovrebbe essere vista come una mancanza di fiducia tra coniugi, ma una scelta che può offrire dei grossi vantaggi, soprattutto, in determinate condizioni.
Partendo dal presupposto che comunione dei beni sia una situazione che non presenta particolari controindicazioni nel caso in cui il matrimonio proceda senza intoppi, lo stesso, potrebbe diventare molto più difficile al verificarsi di conflitti tra le parti che portano alla separazione o al divorzio.
In linea di massima, la comunione dei beni non sarebbe la soluzione più indicata a persone particolarmente facoltose, oppure a chi decide di unirsi ad un coniuge con una situazione economica e patrimoniale nettamente inferiore; girare alla larga dalla comunione dei beni mette al riparo dal rischio che i partner possano approfittare della situazione, ritrovandosi proprietari della metà del patrimonio del coniuge più abbiente per il solo fatto di averlo sposato.
La separazione dei beni, inoltre, è una scelta conveniente e auspicabile qualora:
- uno dei coniugi abbia usufruito di sconti fiscali sulla prima casa e abbia intenzione a mantenere separata la proprietà dell’immobile. La famiglia potrà decidere di acquistare un’altra abitazione e godere parimenti delle agevolazioni previste dalla legge;
- uno dei coniugi sia titolare di un’impresa commerciale. In caso di debiti, o nella malaugurata ipotesi di un fallimento, il partner non verrebbe coinvolto con i propri beni personali. In parole povere, se il marito fallisce, il patrimonio della moglie risulta inaggredibile dai creditori e dal Fisco per i debiti del marito;
- uno dei coniugi abbia figli avuti da un precedente matrimonio. In caso di morte, la separazione dei beni eviterebbe al coniuge sopravvissuto spiacevoli controversie con i figli del defunto riguardanti la spartizione dell’eredità;
- a seguito di separazione, o divorzio, in quanto non sarà necessario suddividere tutti i beni acquisiti prima e dopo il matrimonio.
Il principale svantaggio della separazione dei beni è una scarsa difesa del coniuge più debole dal punto di vista finanziario (nella maggior parte dei casi la moglie), anche se è utile sottolineare che esistono molteplici soluzioni per ovviare a questo problema come, ad esempio, la stipula di polizze assicurative, o pensionistiche, a favore del coniuge più debole per sanare qualsiasi disparità e assicurare un’adeguata tutela economica anche a chi è meno abbiente dei due e, in estrema ratio, la donazione di parte del patrimonio del coniuge più solido all’altro.
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