Come comportarsi se si riceve una raccomandata dall’Agenzia delle Entrate?
Lo spauracchio di ogni contribuente è quello di vedersi recapitare una raccomandata dall’Agenzia delle Entrate: infatti, il più delle volte, ovviamente, non sono buone notizie anzi, quasi sicuramente, si tratta di cartelle esattoriali per intimare il pagamento di tributi non versati, sanzioni, avvisi bonari o accertamenti fiscali. I pochi a rimanere impassibili di fronte ad una comunicazione dell’Amministrazione Finanziaria sono i cittadini nullatenenti, consapevoli di correre ben pochi rischi visto il non possesso di beni pignorabili.
Paradossalmente, è però sufficiente essere titolari di un veicolo a motore per non dormire sonni tranquilli: l’Agente della riscossione, tra le varie procedure cautelari, potrebbe anche decidere di avviare il fermo amministrativo dell’auto.
Come bisogna comportarsi quando si riceve una raccomandata dall’Agenzia delle Entrate?
Al contribuente non resta che accettare l’evidenza, farsi consegnare la comunicazione (oppure andarla a ritirare in Posta nel più breve tempo possibile, e sottolineo, nel più breve tempo possibile) e leggerla con molta attenzione. Capire con esattezza i fatti contestati e le richieste dell’Ente impositore è il primo passo per poter prendere decisioni corrette e tempestive contromisure.
La via da seguire sarà quella di rispondere prontamente al mittente cercando di offrire piena collaborazione al Fisco cercando di evitare lo scontro, poiché difficilmente se ne uscirebbe da vincitori. A chi passasse per la testa di non aprire la porta al postino evitando così il ritiro della missiva, tengo subito a precisare che questa sia la peggior cosa da fare, infatti, in caso di mancato recapito della raccomandata contenente l’avviso di accertamento all’indirizzo del destinatario, la notifica ex art. 14 L. 890/82 deve intendersi eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza. Questo significa che, anche se la raccomandata non venisse mai ritirata, la stessa si considererebbe regolarmente notificata dopo 10 giorni dalla consegna dello “scontrino” da parte del postino.
Tra le altre cose, secondo quanto stabilito dall’articolo 1335 del Codice Civile, il rifiuto di una raccomandata consente al mittente di presumere la conoscenza del contenuto e quindi procedere senza dare la possibilità di difesa al destinatario.
Di seguito cercheremo di scoprire il corretto iter di comportamento da tenere al ricevimento di una raccomandata dall’Agenzia delle Entrate, sottolineando anche quali possano essere le conseguenze di una omessa o tardiva risposta.
Indice:
- Raccomandata dall’Agenzia delle Entrate: di cosa potrebbe trattarsi?
- Perché è sconsigliabile non fare nulla
- Perché conviene sempre rispondere all’Agenzia delle Entrate?
- A chi invia le lettere l’Agenzia delle Entrate?
- Cosa fare una volta ricevuta la lettera dall’Agenzia delle Entrate
- E’ sempre conveniente la presenza di un avvocato o di un commercialista?
- Come chiedere informazioni
- Errori commessi in dichiarazione dei redditi
- Cosa fare se arriva un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate
- Conclusioni
Raccomandata dall’Agenzia delle Entrate: di cosa potrebbe trattarsi?
Partiamo dal presupposto che procedere per vie giudiziarie intentando lunghe cause, oppure con la forza attraverso il pignoramento, sono soluzioni che non piacciono nemmeno ai creditori. Non fa eccezione il Fisco che di certo poco si diverte a battagliare col contribuente per ottenere tributi non pagati o imposte arretrate. In tal senso, la strategia dell’Agenzia delle Entrate è profondamente cambiata negli ultimi anni attuando la cosiddetta compliance; si cerca di evitare lo scontro preferendo la collaborazione, ovvero si prova a stimolare il contribuente all’adempimento spontaneo delle contestazioni, invitandolo con anticipo a regolarizzare la propria posizione.
Per raggiungere tale scopo, l’Amministrazione Finanziaria invia apposite lettere, segnalando presunte anomalie fiscali legate alla dichiarazione dei redditi, o imposte su beni in possesso del contribuente non pagate o versate solo in parte. Così facendo, il soggetto interessato ha il tempo di accertare ciò che gli viene contestato e prendere tutte le misure necessarie per regolarizzare la propria posizione, oppure dimostrare di essere nel giusto. In ogni caso, è sempre opportuno muoversi con una certa sollecitudine per evitare che scadano i termini assegnati e ricevere una comunicazione di accertamento, il che significa non avere più alcuna possibilità di attuare qualsiasi forma di ravvedimento.
È bene chiarire come tali missive (le prime ad essere recapitate) non rappresentino avvisi di accertamento, bensì un semplice invito a controllare la propria posizione fiscale ritenuta anomala e, nell’eventualità, procedere al pagamento di quanto richiesto per mettersi in regola. Il contribuente, al ricevimento della comunicazione, e dopo aver appurato la correttezza delle segnalazioni dell’Agenzia delle Entrate, può sfruttare il ravvedimento operoso per versare il dovuto.
Di solito, le anomalie riscontrate scaturiscono dal confronto dei dati forniti dal cittadino nella dichiarazione dei redditi con quelli memorizzati nel database dell’Agenzia. Infatti, il Fisco dispone di efficaci strumenti quali l’Anagrafe tributaria e l’Anagrafe dei conti correnti per rivoltare il contribuente come un calzino, se solo volesse. Un fiume di informazioni riguardanti redditi e relative fonti, rapporti bancari, depositi, giacenze, movimentazione di strumenti finanziari e persino la titolarità di una cassetta di sicurezza, dalle quali non è difficile trovare discordanze qualora il contribuente provasse a fare il furbo.
Altre irregolarità possono invece nascere a seguito del risultato degli ISA, oppure dall’applicazione del redditometro. In questi casi la comunicazione può essere il preludio ad un accertamento sintetico, ad esempio, col Fisco che ha riscontrato una certa incongruenza il tra possesso di beni particolarmente costosi (auto di lusso, imbarcazioni, immobili, ecc.), oppure di spese piuttosto elevate (mutuo, viaggi, polizze vita, ecc.), e il reddito dichiarato.
In pratica, lo stile di vita del contribuente non è considerato compatibile con la sua dichiarazione dei redditi, e pertanto, l’Agenzia delle Entrate richiede chiarimenti sulla provenienza delle risorse finanziarie e sulle sue disponibilità economiche. L’origine dei proventi utilizzati per tali oneri potrebbe comunque essere del tutto lecita: basterà, al soggetto, esibire esauriente documentazione che dimostri, ad esempio, che le somme sono già state tassate alla fonte (come ad esempio le vincite al gioco), oppure esenti da imposizione (come una donazione), o ancora acquisite tramite la successione ereditaria, o anche e solamente prestate da un parente.
Perché è sconsigliabile non fare nulla
Di fronte ad una raccomandata dell’Agenzia delle Entrate non c’è peggior cosa che rimanere inermi. Tale comportamento se lo possono permettere, eventualmente, soltanto i contribuenti nullatenenti che possano avere la consapevolezza che il Fisco possa fare ben poco non trovando alcun bene intestato da aggredire attraverso azioni di espropriazione forzata.
Il discorso è completamente diverso per tutti i contribuenti titolari di beni mobili o immobili passibili di pignoramento. Tra le proprietà che più di altre vengono aggredite ci sono gli immobili, ma anche conti correnti, gli stipendi, la pensione, senza dimenticare il fermo amministrativo del veicolo che può bloccare fino all’intero parco macchine del soggetto, impedendo l’utilizzo di qualunque mezzo che abbia una targa e che sia intestato, al 100%, al contribuente oggetto dell’accertamento.
Per evitare di vedersi pignorati i beni, non bisogna rimanere con le mani in tasca e agire prontamente al ricevimento di una lettera che invita a regolarizzare la propria posizione. Senza perdere tempo si dovrebbe, per prima cosa, verificare la correttezza e la veridicità delle anomalie imputate e, qualora corrispondenti al vero, aprire un rapporto di cooperazione con l’Agenzia delle Entrate al fine di regolarizzare la propria posizione pagando quanto richiesto con le formule previste in base alle proprie disponibilità finanziarie.
Perché conviene sempre rispondere all’Agenzia delle Entrate?
Giunti a questo punto, credo che sia piuttosto chiaro un primo concetto fondamentale, ovvero che al ricevimento di una lettera dell’Agenzia delle Entrate, non è consigliabile sottovalutare il problema ma nemmeno fasciarsi la testa prima d’averla rotta. Ricordiamo sempre che non si tratta di un accertamento, quindi ci si troverebbe ancora in una fase di collaborazione con tutto il tempo utile a disposizione per pianificare una difesa, richiedere un ravvedimento, o mettere in piedi un pagamento dilazionato.
L’errore da non commettere è quello di lasciare decorrere i termini assegnati per rispondere all’invito di cooperazione. Questa fase che possiamo definire precontenziosa, permette al contribuente di presentare i documenti richiesti per chiarire le anomalie fiscali contestate, cosa che molto più difficilmente potrà attuare finendo dinnanzi al giudice. Il dialogo amministrativo ha proprio la finalità di consentire la verifica delle eventuali violazioni commesse o errori e, nel caso, porvi rimedio attraverso il ravvedimento operoso. Se tutto andrà a buon fine il contribuente si evita il problema di ricevere l’avviso di accertamento e dover versare somme decisamente più salate che, nel peggiore dei casi, possono anche arrivare al 90% dell’imposta evasa.
A chi invia le lettere l’Agenzia delle Entrate?
Non ci sono categorie di contribuenti che godono di particolari privilegi o esenzioni, infatti il Fisco non fa sconti a nessuno e tutti possono ricevere una raccomandata dall’Agenzia delle Entrate. L’Agenzia delle Entrate non fa alcuna distinzione tra lavoratori dipendenti, autonomi, liberi professionisti, imprenditori, al tal punto che potrebbero finire sotto controllo, addirittura i cittadini disoccupati. Di solito, i soggetti interessati alla comunicazione presentano anomalie nei redditi dichiarati, in particolare, riguardanti:
- canoni di locazione, anche se il contratto di affitto è assoggettato al regime della cedolare secca;
- proventi da lavoro autonomo;
- proventi da attività professionali;
- stipendio per lavoro dipendente;
- pensioni;
- proventi derivanti da partecipazioni in società, imprese familiari, aziende coniugali nonché associazioni tra artisti e professionisti;
- redditi di capitale a seguito di spartizione degli utili societari;
- redditi di impresa relativi a plusvalenze e sopravvivenze attive;
- reddito per il mantenimento dell’ex coniuge a causa di annullamento del matrimonio, separazione, oppure divorzio;
- altri redditi (in questa categoria sono compresi i proventi derivanti da lavoro autonomo non conseguiti tramite l’attività professionale e tutte le forme di redditi diversi).
I dati presi come base di confronto dall’Agenzia delle Entrate sono quelli indicati in sede di dichiarazione dei redditi, ovvero presenti nel modello 730 o modello Redditi Persone Fisiche.
Cosa fare una volta ricevuta la lettera dall’Agenzia delle Entrate
Quando si riceve una lettera, oppure un questionario dall’Agenzia delle Entrate, sul documento è presente il nominativo e numero di telefono dell’addetto che ha preso in carica il procedimento. Al fine di chiarire la propria posizione e accertare di aver effettivamente commesso l’anomalia riscontrata, è possibile fissare un appuntamento con il responsabile del provvedimento e presentarsi in compagnia di un commercialista o esperto in diritto tributario.
Prima del suddetto appuntamento è sempre opportuno effettuare un briefing con il professionista in fiscalità, in modo da verificare la propria posizione reddituale e stabilire una strategia. Ad esempio, il commercialista potrebbe confrontare i dati riportati nell’avviso ricevuto con quelli della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta oggetto della contestazione. Allo stesso modo, sarà possibile preparare tutta la documentazione necessaria a chiarire la propria posizione (copie bonifici, matrici assegni, contratti di affitto, atti di vendita, ecc.), dimostrando con chiarezza i vari passaggi del denaro impiegato per l’acquisto dei beni dalla titolarità contestata e la fonte dei redditi che parrebbero non dichiarati. Ricordiamo che al fine di regolarizzare la propria posizione sono inutili le eventuali prove testimoniali, in quanto ha valore solo la documentazione presentata.
E’ sempre conveniente la presenza di un avvocato o di un commercialista?
Ciò che non bisogna mai scordare è che la lettera inviata dall’Agenzia delle Entrate rappresenta solo un “invito” a prestare attenzione ai fatti contestati. Di conseguenza, gli effetti sono ben diversi rispetto ad un avviso di accertamento che, invece, intima il pagamento per violazioni già appurate. Quindi ci troviamo in una fase collaborativa con l’Amministrazione Finanziaria e la presenza di un avvocato o di un commercialista potrebbe incrinare l’atmosfera di cooperazione.
Detto questo, credo serenamente di poter consigliare il contribuente di portare, come prima cosa, la missiva ricevuta al proprio commercialista e stabilire con lui la giusta linea difensiva da adottare. Sarà il consulente stesso a valutare se sia il caso di essere presente, in caso di situazioni piuttosto “tecniche” e complesse, oppure limitarsi a impartire le giuste direttive agendo dalla “cabina di regia”.
L’aspetto rilevante resta quello di rispondere SEMPRE alla comunicazione ricevuta entro i termini assegnati e prendere un appuntamento con il responsabile se ci sono dei dubbi, oppure si è in possesso di documentazione da consegnare che dimostri un errore nelle richieste avanzate dall’Amministrazione Finanziaria.
Come chiedere informazioni
È molto importante sapere che esiste la possibilità di richiedere ulteriori informazioni in merito al contenuto della lettera ricevuta. A tal proposito possiamo rivolgerci ai seguenti uffici:
- Centro Assistenza Multicanale (CAM); da telefono fisso basta chiamare il numero verde gratuito 848.800.444, oppure da cellulare comporre lo 06/96668907, con costi che variano in base al piano tariffario del proprio gestore;
- Direzione Provinciale di competenza;
- Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate (si deve far riferimento all’ufficio con competenza territoriale);
Il contribuente può richiedere anche informazioni direttamente ad un funzionario dell’Agenzia delle Entrate, il quale potrà fornire l’assistenza necessaria, chiarire i motivi che hanno portato all’invio dell’avviso e spiegare come sfruttare il servizio del Cassetto Fiscale per accedere ai documenti personali e ottenere dettagli utili per definire la propria posizione.
Errori commessi in dichiarazione dei redditi
Una delle principali motivazioni dell’invio di una lettera da parte dell’Agenzia delle Entrate, è la presenza di errori nella dichiarazione dei redditi. In questi frangenti, il contribuente, per evitare il conseguente avviso di accertamento, deve agire per tempo effettuando le seguenti operazioni:
- presentare una dichiarazione dei redditi integrativa e correttiva;
- corrispondere le eventuali imposte non versate; nel computo si dovranno calcolare anche gli interessi maturati applicando il tasso legale annuo, partendo dal giorno in cui si sarebbero dovuti versare i tributi e fino al momento dell’avvenuto pagamento;
- versare le sanzioni relative alle violazioni contestate nella comunicazione, potendo beneficiare di una riduzione se si sfrutta il ravvedimento operoso.
Cosa fare se arriva un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate
Se la raccomandata contiene un avviso di accertamento, il destinatario dispone di 60 giorni di tempo per intraprendere due diverse vie: opporsi oppure pagare. La prima soluzione consiste nell’impugnare quanto contestato ad un giudice competente, dimostrando di essere nel giusto e producendo tutta la documentazione necessaria a chiarire la posizione e la correttezze delle proprie azioni. In questo caso hanno validità solamente i documenti presentati alla Commissione Tributaria Provinciale o al tribunale ordinario (la scelta dipende dal tipo di violazione o la categoria dell’imposta evasa) e non sono ammesse, come prove, eventuali testimonianze.
L’altra strada è quella di rinunciare all’impugnazione dell’atto, ammettendo la colpa e pagando il dovuto. Il Fisco ha tutto l’interesse a collaborare e risolvere rapidamente la questione, soprattutto se le cifre contestate sono piuttosto ingenti: l’Agenzia delle Entrate sa bene che ricorrere alle vie giudiziarie allunga enormemente i tempi e non sempre garantisce di incassare quanto richiesto.
Quindi al contribuente non rimane che affiancarsi ad un bravo commercialista, o esperto in diritto tributario, analizzare la situazione, prendere un appuntamento con il responsabile che segue il procedimento e accordarsi per pagare la cifra imputata. Infatti la legge mette a disposizione la cosiddetta procedura di accertamento con adesione, che consente di stipulare una sorta di accordo con l’Amministrazione Finanziaria.
In ogni caso, rinunciando ad impugnare l’atto e accettando le pretese in esso contenute, il soggetto può beneficiare di una riduzione della sanzione qualora il pagamento avvenga entro i 60 giorni dal ricevimento dell’avviso di accertamento.
Conclusioni
Ricevere una raccomandata il cui mittente è l’Agenzia delle Entrate fa correre un brivido lunga la schiena anche al più impassibile dei contribuenti, tuttavia abbiamo visto com’è inutile preoccuparsi più del dovuto senza sapere bene a cosa si stia andando incontro. Non è detto che la comunicazione riguardi una cartella esattoriale o un avviso di accertamento, potrebbe trattarsi di una lettera per segnalare presunte anomalie fiscali sanabili con importi modesti, oppure un errore o una richiesta di chiarimenti.
La nuova linea del Fisco sembra quella di sfruttare la cosiddetta compliance, ovvero collaborare con i contribuenti al fine di regolarizzare in modo bonario la posizione. Gli errori da non commettere sono: perdere tempo o, addirittura, ignorare la missiva e non fornire una pronta risposta all’Agenzia delle Entrate.
Sia nel caso in cui si pensi di essere nel giusto, oppure se si è consapevoli di aver commesso un irregolarità, aprire un dialogo collaborativo con l’Agenzia delle Entrate, consente di arrivare ad un chiarimento dei fatti contestati, oppure al pagamento delle maggiori imposte dovute sfruttando il ravvedimento operoso o gli sconti se si salda il debito entro 60 giorni: comunque si andranno ad evitare ulteriori problematiche e, soprattutto spese, legate al successivo avviso di accertamento.
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