Come pagare meno imposte col rimborso spese nel regime forfettario

Cercando informazioni online riguardanti l’apertura di una partita IVA è facile imbattersi in numerosi articoli che spiegano come e quando sfruttare il regime forfettario per alleggerire il carico fiscale.

Infatti, tale sistema di tassazione è in assoluto il più conveniente previsto dal nostro ordinamento giuridico e anche uno dei più favorevoli a livello europeo. Una notizia piuttosto sorprendente, considerando che in Italia la maggior parte dei contribuenti viene sottoposta ad un’elevata pressione fiscale.

Vediamo di capire qual è l’effettivo risparmio aprendo una partita IVA con regime forfettario.

 

I vantaggi del regime forfettario

Nel momento in cui decidiamo di metterci in proprio per esercitare una nuova arte o professione, oppure avviare un’attività commerciale, il primo passo è valutare quali tasse dovremo versare e in che misura.

In tali situazioni l’apertura della partita IVA con regime forfettario è quantomai vantaggiosa. Prima di entrare nel vivo della questione, è doveroso premettere che per aderire a questo tipo di tassazione sarà necessario rispettare alcuni requisiti. Il più importante riguarda il limite di fatturato annuo che non può superare 65.000 euro.

Inoltre, l’ammontare delle spese per lavoro accessorio, dipendente nonché l’eventuale assunzione di collaboratori deve risultare inferiore a 20.000 euro lordi.

Una volta in possesso dei requisiti richiesti sarà possibile aprire la partita IVA e aderire al regime forfettario ottenendo una serie di benefici. Per iniziare, anche le spese di costituzione saranno inferiori rispetto ai costi di apertura nel regime ordinario. In secondo luogo, la convenienza si manifesta in una gestione particolarmente semplice che comprende l’esonero dalla fatturazione elettronica e l’esenzione dall’applicazione IVA che dalla ritenuta d’acconto.

Aspetti senza dubbio di grande rilevanza, tuttavia il vantaggio principale è il livello di tassazione estremamente agevolato. Un titolare di partita IVA sottoposto a regime ordinario deve versare IRPEF, IRAP a cui aggiungere addizionali regionali e comunali. Con il regime forfettario tutti i tributi sono raggruppati in una sola imposta sostitutiva con aliquota pari al 5% per i primi 5 anni di attività, passando poi al 15%. Considerando che gli scaglioni IRPEF 2022 prevedono un prelievo dal 23% al 43%, risulta evidente il grande risparmio fiscale.

L’imposta sostitutiva si applica, non sul fatturato complessivo, bensì sull’utile netto conseguito a fine anno. Ciò significa che il 5% o il 15% sarà computabile sul risultato della differenza tra entrate totali annue e costi forfettari. Questi ultimi vengono calcolati in base a coefficienti di redditività stabiliti dallo Stato a seconda del tipo di attività economica esercitata (codice ATECO).

Per capire esattamente come funziona facciamo un semplice esempio: ipotizziamo di svolgere un’attività di commercio al dettaglio e aver raggiunto un fatturato annuo di 20.000 euro. Per questo tipo di lavoro il coefficiente di redditività è del 40%, quindi la base imponibile risulterà di 8.000 euro (20.000 x 40%). Nel caso fosse il nostro primo anno di attività, e per i successivi 4, dovremo versare al Fisco solo 400 euro (8.000 x 5%); se invece sono passati più di 5 anni la tassa complessiva sale a 1.200 euro (8.000 x 15%).

 

Come pagare meno tasse nel regime forfettario

Come abbiamo visto, nel regime forfettario non è possibile dedurre gli effettivi costi sostenuti durante l’esercizio di impresa, ma si deve calcolare un importo forfettizzato in base al coefficiente di redditività di ogni singola attività. Le uniche spese deducibili riguardano i contributi previdenziali, che consentono così abbattere parzialmente la base imponibile.

Sarà addirittura possibile sfruttare la riduzione al 35% di quanto dovuto all’ente previdenziale rispetto al lavoratore in regime ordinario ma, ovviamente, più bassa sarà l’INPS versata e minore risulterà essere la deduzione che  consentirebbe di incrementare il risparmio in termini di imposta sostitutiva. Se consideriamo inoltre che la riduzione al 35% dei versamenti comporta, anche a livello pensionistico, un’effettivo ammanco di contributi previdenziali rispetto al versamento ordinario, potrebbe risultare addirittura sconveniente avvalersene.

Partendo dal presupposto che nessun costo sostenuto è deducibile nel regime forfettario viene da chiedersi se esiste almeno un sistema per non far risultare imponibili i costi anticipati sostenuti in nome e per conto di un cliente.

Facciamo l’esempio di una web agency a cui viene commissionato un sito web: per la costruzione del sito l’agenzia deve anticipare il costo del dominio e dell’eventuale spazio web. Ipotizziamo che su un totale di 1.000 € il costo di dominio e spazio web sia di 100 €: emettendo una fattura di 1.000 €, l’agenzia si troverebbe nella condizione sfavorevole di spendere 100 € e non poter portare in deduzione tale costo ma, soprattutto, di dover fatturare quei 100 € (compresi nei 1.000 €) al cliente, che andrebbero a far aumentare il fatturato e su cui l’agenzia dovrebbe anche pagarci le imposte.

La soluzione per ovviare a questo problema e pagare meno tasse è quella di sfruttare le cosiddette spese anticipate fuori campo IVA ex articolo 15.  Il funzionamento è molto semplice: acquistando e pagando in nome e per conto del cliente i prodotti necessari per effettuare il lavoro richiesto e facendo intestare la fattura per tali costi al cliente stesso, sarà possibile addebitarli nella fattura rilasciata al cliente, aggiungendo la voce spese anticipate fuori campo IVA ex articolo 15.

Tale meccanismo consente al forfettario di rendere non imponibili gli importi anticipati e verrai tassato solo sull’imponibile effettivo, nel nostro esempio 900 €.

E’ consigliabile inoltre allegare anche le fatture delle spese intestate al cliente, come controprova degli importi di cui si chiede il rimborso.

   

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