Come e quando pagare i contributi INPS per i possessori di partita IVA

Sono molti gli interrogativi che attanagliano chiunque è in procinto di aprire una partita IVA per avviare un’attività in proprio. I dubbi principali riguardano l’ammontare di imposte e tributi che i futuri artigiani, commercianti e lavoratori autonomi dovranno versare nelle casse dell’Erario. Spesso basta il solo pensiero della soffocante pressione fiscale per far cambiare idea a molte persone che abbandonano, a causa di questo, il progetto imprenditoriale.

Tuttavia, ogni anno sono moltissimi i lavoratori che decidono di aprire una partita IVA e dar vita ad un business che, si spera, possa regalare soddisfazioni professionali ed economiche. In questi casi, è però opportuno fare bene i conti e non dimenticare un’ulteriore voce di spesa: i contributi previdenziali.

Si tratta di un obbligo a cui tutti i titolari di partita IVA sono tenuti, anche i cosiddetti professionisti senza cassa che dovranno iscriversi alla Gestione Separata INPS. Particolari categorie di lavoratori autonomi dispongono invece di una Cassa di previdenza dedicata (ad esempio notai, avvocati, geometri, commercialisti, farmacisti, medici, ecc.) e quindi verseranno i relativi contributi, non direttamente all’INPS, ma alla Cassa di riferimento secondo le specifiche regole e i diversi importi.

Scopo di questa breve guida è quello di dare una risposta alle più frequenti domande relative ai contributi previdenziali che un titolare di partita IVA è sempre tenuto a versare, analizzando nel dettaglio le differenze tra le varie categorie di lavoratori e cercando di capire se e quando è possibile sospenderne il versamento, nonché cosa accade nel momento in cui un soggetto risulta, contemporaneamente, dipendente e titolare di una ditta individuale o libero professionista.

Indice:

 

Contributi INPS: non sono uguali per tutti

I contributi previdenziali variano in base a diversi fattori, primo dei quali il tipo di attività esercitata dal titolare di partita IVA. A tal proposito i soggetti interessati vengono suddivisi in 4 macro-categorie e precisamente:

  • artigiani;
  • commercianti;
  • lavoratori autonomi senza cassa;
  • professionisti iscritti ad un Albo con specifica cassa previdenziale autonoma.

Quindi, come vedremo a breve, a seconda dell’appartenenza ad una delle suddette categorie, il titolare di partita IVA dovrà versare i contributi previdenziali direttamente all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, alla Gestione Separata dell’INPS, oppure alla Cassa dedicata riferita alla specifica professione.

 

Contributi previdenziali e partita IVA per artigiani, commercianti e professionisti

Aprire una partita IVA permette di gestire al meglio i ritmi di vita, poter decidere orari e spostamenti e godere dell’autonomia decisionale tipica di un professionista. Una libertà spesso tanto agognata dai lavoratori dipendenti che sognano di avviare una propria attività. Il rovescio della medaglia è dover fare i conti con una pressione fiscale tra le più alte d’Europa che, molto spesso, fa desistere la maggior parte degli aspiranti imprenditori.

Aprire una partita IVA diventa a volte una necessità che permette di trovare maggiori sbocchi lavorativi: molte aziende preferiscono instaurare un rapporto di collaborazione con un professionista o con un lavoratore autonomo, piuttosto che assumere a tempo pieno un dipendente con gli enormi costi contributivi da versare al Fisco.

Dall’altro lato invece, il titolare di partita IVA deve sostenere tutta una serie di spese relative alle imposte dirette ed indirette che, tuttavia, non dovrebbero mai superare l’importo dei ricavi. La stessa cosa non si può invece affermare per i contributi INPS che spesso possono risultare persino maggiori dei compensi percepiti e, per determinate categorie, versati anche in presenza di perdite di impresa.

 

I contributi INPS sono sempre obbligatori?

La regola generale stabilisce che ogni lavoratore autonomo deve rispettare l’onere di versamento dei contributi previdenziali. Indipendentemente dalla categoria di appartenenza, il titolare di partita IVA è sempre tenuto a corrispondere quanto dovuto all’INPS, alla Gestione Separata, oppure alla Cassa previdenziale di riferimento.

A chiunque si stesse chiedendo se esiste un qualsiasi escamotage per non versare i contributi INPS, la risposta è assolutamente no. Semmai, come vedremo più avanti, c’è la possibilità di sospenderne il versamento per un massimo di due anni in caso di malattia o grave infortunio del lavoratore e al verificarsi di determinate condizioni per le ditte individuali.

Aprire una partita IVA significa acquisire l’obbligo di pagare i contributi previdenziali che dovranno essere versati a:

  • INPS se il soggetto è un artigiano o commerciante che svolge l’attività come lavoratore autonomo, oppure risulta il titolare di una ditta individuale;
  • Gestione Separata INPS per professionisti non iscritti ad un Albo o senza una Cassa previdenziale dedicata;
  • Cassa professionale se il lavoratore autonomo / professionista risulta iscritto ad un albo o ordine professionale.

 

Partita IVA e contributi previdenziali per le ditte individuali

Il titolare di una qualsiasi impresa è tenuto all’iscrizione presso la Gestione IVS dell’INPS Artigiani e Commercianti. L’obbligo spetta anche ai lavoratori autonomi che esercitano l’attività in modo individuale e, nello specifico, riguarda:

  • artigiani che producono beni o servizi come idraulici, elettricisti, falegnami, fotografi, estetisti e tutte le professioni che, per legge, rientrano tra le attività artigiane;
  • commercianti che acquistano e rivendono beni di consumo, mobili o immobili sia in negozi fisici che online, nonché soggetti che svolgono attività di servizi come, ad esempio, agenti di commercio, promotori finanziari o, comunque, attività per le quali è richiesta l’iscrizione al Registro delle Imprese.

Per quantificare l’importo dei contributi previdenziali, la normativa prevede il versamento di due diverse tipologie di contributo:

  • contributi fissi calcolati in base al reddito minimale e indipendenti dai ricavi conseguiti, la cui quota è pari a circa 3.800 euro l’anno e dev’essere corrisposta anche in assenza di reddito;
  • contributi a percentuale che si aggiungono a quelli fissi, ma calcolati in percentuale solo sulla parte di reddito eccedente il minimale.

Per il calcolo dei contributi a percentuale è necessario applicare le seguenti aliquote:

  • 23,10% per artigiani con reddito compreso tra 15.711 euro e 46.123 euro;
  • 23,19% per commercianti con reddito compreso tra 15.711 euro e 46.123 euro;
  • 24,10% per artigiani con reddito superiore a 46.123 euro;
  • 24,19% per commercianti con reddito superiore a 46.123 euro.

 

Contributi fissi INPS: le scadenze da rispettare

Per quanto riguarda il versamento dei contributi fissi la legge prevede il pagamento di 4 rate secondo le seguenti scadenze:

  • 16 maggio;
  • 20 agosto;
  • 16 novembre;
  • 16 febbraio dell’anno successivo.

 

Contributi a percentuale: metodo di pagamento e scadenze

Nel caso in cui il titolare di partita IVA debba versare anche la quota a percentuale dei contributi previdenziali, dovrà effettuare il calcolo in fase di dichiarazione dei redditi applicando le aliquote viste in precedenza solo sull’eccedenza di reddito rispetto alla soglia minima di 15.710 euro (la quota minima varia ogni anno).

Così come avviene per il pagamento di IRPEF e IRAP, anche per i contributi INPS sul reddito che eccede il minimale, è necessario applicare il metodo del saldo e dell’acconto per l’annualità in corso.

I contributi a percentuale devono essere pagati in due soluzioni, con prima tranche il 30 giugno e seconda il 30 novembre. Ricordiamo che, al pari dell’IRPEF, il saldo dei contributi previdenziali può essere rateizzato fino a 6 rate da pagarsi dal 30 giugno al 30 novembre con cadenza mensile.

 

Che cos’è il massimale contributivo?

Abbiamo visto che i contributi INPS a percentuale sono dovuti solo se il reddito del lavoratore autonomo supera il minimale. La normativa ha stabilito anche un tetto massimo oltre il quale il titolare di partita IVA è esonerato dal versare i contributi previdenziali.

Il massimale è stato fissato a 76.872 euro e pertanto, se il reddito dichiarato risulta maggiore, sull’eccedenza non si paga alcun contributo.

 

Partita IVA e contributi previdenziali per i professionisti “senza cassa”

Nella categoria dei cosiddetti professionisti senza cassa rientrano tutti i lavoratori autonomi che esercitano un’attività che non necessita d’iscrizione ad un particolare Albo professionale. Ad esempio, un consulente aziendale, oppure un esperto di informatica, possono svolgere le proprie mansioni di collaborazione professionale disponendo della sola partita IVA.

Anche in questo caso, comunque, i soggetti interessati dovranno versare i contributi previdenziali pur non avendo una Cassa previdenziale di riferimento. Essi saranno tenuti ad iscriversi alla Gestione Separata INPS.

Per il calcolo dell’importo da versare si applica un’aliquota pari al 25,72% sul reddito lordo risultante dalla dichiarazione dei redditi. Rispetto ad artigiani e commercianti iscritti alla Gestione IVS dell’INPS, c’è il grande vantaggio di non pagare contributi fissi, ma solo una quota variabile e proporzionale al reddito: in pratica, meno si guadagna e più bassi saranno i contributi. Bisogna però tener conto del rovescio della medaglia, ovvero la perdita degli anni di contribuzione ai fini pensionistici qualora il reddito dichiarato non dovesse raggiungere il reddito minimale stabilito di anno in anno dall’INPS.

Anche per i professionisti senza cassa la legge prevede un massimale contributivo pari a 100.324 euro, quindi, per le cifre eccedenti, il titolare di partita IVA non dovrà versare alcun contributo previdenziale per la quota di reddito che supera tale limite.

 

Come e quando pagare i contributi alla Gestione Separata INPS

Metodo di pagamento e scadenze da rispettare sono esattamente i medesimi visti per il versamento dei contributi INPS a percentuale. Il soggetto effettuerà il calcolo del dovuto in fase di dichiarazione dei redditi, versando il saldo per l’anno precedente e l’acconto per quello in corso.

Entro il 30 giugno è necessario pagare la prima tranche, e non oltre il 30 novembre la quota rimanente.

 

Gestione separata INPS: chi deve iscriversi?

Visto che abbiamo parlato della Gestione Separata INPS, ci sembra opportuno spendere qualche parola per capire esattamente quali sono le categorie di lavoratori tenute all’iscrizione.

La Gestione Separata INPS nasce nel 1996 secondo le disposizioni contenute nella Legge Dini n. 335/1995, allo scopo di tutelare le esigenze previdenziali dei lavoratori che non dispongono di una Cassa professionale autonoma. Nello specifico, la normativa fa riferimento a professionisti senza Albo, oppure iscritti ad Albi ma senza una Cassa di previdenza, nonché lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa.

La platea dei beneficiari si è ampliata nel corso degli anni e oggi comprende anche: lavoratori autonomi occasionali, venditori a domicilio con contratto autonomo, beneficiari di borse di studio per dottorato in ricerca, spedizionieri doganali non dipendenti, amministratori, medici con contratti di formazione specialistica, ecc.

L’obbligo di iscrizione scatta nel momento in cui un soggetto svolge un’attività, compresa nelle categorie previste dalla legge, in via abituale ma non esclusiva. Ciò è molto importante poiché impone l’iscrizione alla Gestione Separata e il versamento dei relativi contributi anche a coloro che si trovano nella condizione di svolgere sia un lavoro dipendente che autonomo. Inoltre, la normativa ha stabilito l’obbligo di iscrizione anche a coloro che, pur esercitando l’attività professionale occasionalmente, ricavino un reddito superiore ai 5 mila euro annui.

Ricapitolando, l’iscrizione alla Gestione Separata INPS è obbligatoria se sussiste una delle seguenti condizioni:

  • svolgimento dell’attività in modo abituale;
  • reddito derivante dall’attività superiore a 5.000 euro.

Nel caso di lavoratori autonomi e professionisti, il contributo è totalmente a loro carico. In presenza di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa invece, l’onere spetta per i 2/3 al committente e per il restante 1/3 al collaboratore, tuttavia l’obbligo di pagamento grava solo sul committente.

Ricordiamo che l’iscrizione alla Gestione Separata va effettuata entro 30 giorni dall’inizio dell’attività, compilando il modello SC04 messo a disposizione sul sito dell’INPS.

 

Contributi previdenziali per professionisti con Cassa previdenziale dedicata

Ci sono molte categorie di lavoratori autonomi e professionisti che dispongono di una Cassa previdenziale autonoma. Tali Istituti si sostituiscono all’INPS occupandosi direttamente della gestione pensionistica, quindi riscuotendo e accumulando le somme versate dai lavoratori iscritti, ed erogandole sotto forma di pensione di anzianità, o reversibilità, quando il lavoratore, una volta maturati i requisiti, smetterà di lavorare.

Ad oggi, in Italia, sono innumerevoli le Casse previdenziali dedicate e ognuna decide in totale autonomia modalità di versamento e aliquote per il calcolo dei contributi. Quindi, importi e scadenze variano in base alle diverse regole attuate da ogni singola Cassa autonoma.

Ad esempio, gli Avvocati devono far riferimento alla Cassa Forense (CNPAF), i dottori commercialisti alla CNPADC, i farmacisti alla ENPAF, i medici alla ENPAM, i consulenti del lavoro alla ENPACL e via discorrendo.

Tutti questi lavoratori e liberi professionisti non sono tenuti al versamento dei contributi all’INPS, ma alla propria Cassa previdenziale. Coloro che invece esercitano una professione che non possiede una Cassa autonoma, dovranno provvedere all’iscrizione alla Gestione separata INPS con le modalità viste in precedenza.

 

Contributi INPS per i contribuenti forfettari con partita IVA

Chi decide di aprire una partita IVA e avviare un’attività commerciale o artigianale può optare per la tassazione agevolata applicando il regime forfettario.

In questi casi, la legge ha previsto un ulteriore vantaggio, ovvero la possibilità di usufruire di una riduzione del 35% dei contributi previdenziali. Parliamo comunque di un’agevolazione opzionale fruibile solo su richiesta del titolare partita IVA che entro il 28 febbraio di ogni anno dovrà inoltrare la richiesta all’ente previdenziale.

Di conseguenza, alla Gestione Commercianti e Artigiani, il titolare dovrà versare, non i consueti 3.800 euro, bensì una cifra di circa 2.500 euro. Lo sconto contributivo non è invece previsto per chi, pur avendo scelto il regime forfettario, risulta iscritto alla Gestione Separata INPS.

Chiaramente, usufruendo dell’opzione di sconto contributivo, e versando quindi un importo inferiore al contributo calcolato sul minimale di reddito, il contribuente si vedrà accreditare un numero di mesi di contribuzione che sarà proporzionale a quanto versato a fronte della riduzione contributiva.

 

Lavoratori dipendenti e INPS

Cosa accade quando un lavoratore dipendente con contratto a tempo indeterminato decide di aprire anche una partita IVA come ditta individuale? La logica potrebbe far pensare che tale soggetto sia costretto a versare due volte i contributi INPS, ma in realtà non è così. Se da una parte il lavoratore ha l’obbligo d’iscrizione alla Gestione IVS Commercianti e Artigiani INPS, dall’altra può beneficiare dell’esonero del versamento dei contributi finché l’attività prevalente resta quella di lavoratore dipendente.

In altre parole, il reddito derivante dall’attività commerciale o artigiana non deve mai superare quello annuale percepito per le prestazioni offerte come lavoratore dipendente.

Le cose cambiano se il lavoratore dipendente in questione decide di aprire una partita IVA per esercitare anche una libera professione. In questo caso dovrà iscriversi alla Gestione Separata INPS e sarà obbligato, sempre e comunque, a versare i contributi previdenziali, pagando la quota proporzionale ai redditi dichiarati.

 

È possibile sospendere i contributi previdenziali INPS?

Una domanda che molte persone si pongono è se esiste la possibilità di sospendere il versamento dei contributi previdenziali. La risposta è in parte affermativa, infatti la legge prevede tale opportunità ma solo in particolari situazioni.

Nello specifico ci riferiamo ai lavoratori autonomi che svolgono, in maniera continuativa, un’attività per un committente. In tali circostanze, se il lavoratore si ammala, oppure subisce un infortunio tanto grave da impedire lo svolgimento delle sue mansioni per un periodo superiore ai 60 giorni, il pagamento di contributi INPS e premi assicurativi viene sospeso per tutto il decorso della malattia o dell’infortunio.

Il periodo di sospensione contributiva può essere comunque pari fino a un massimo di 2 anni, trascorsi i quali il lavoratore dovrà versare tutti i contributi fino a quel momento maturati, avendo la possibilità di rateizzarne il pagamento in un numero di quote mensili equivalente a tre volte i mesi di sospensione.

Un’ulteriore tutela è stata prevista dall’INPS che, con la circolare n. 147/2004, ha chiarito come la sospensione dei contributi previdenziali spetti anche ad una ditta individuale solo nel caso di:

  • interruzione dell’attività stagionale;
  • congedo parentale;
  • servizio militare prestato dell’imprenditore lavoratore autonomo.
   

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