Quanto risulti opprimente il carico tributario in Italia è cosa ormai ben risaputa da ogni contribuente, sia che si tratti di un lavoratore dipendente, libero professionista o imprenditore. Ciò che invece sfugge ai più è la possibilità di alleggerire la pressione esercitata dal Fisco attraverso un’intelligente ed efficace pianificazione fiscale. Troppo spesso si ignorano completamente i vantaggi che derivano da un’oculata gestione delle operazioni economiche-finanziarie e dall’applicare attente strategie sfruttando i numerosi strumenti messi a disposizione dall’ordinamento tributario.
Naturalmente, ci preme sottolineare come ogni azione debba rientrare nella legalità, visto che molte persone tendono a scambiare la pianificazione fiscale come una serie di metodi poco ortodossi per raggirare il sistema erariale, sconfinando così nel territorio dell’evasione e dell’elusione fiscale.
L’aspetto essenziale da cogliere è come la legge non vieti di intraprendere percorsi per ridurre le pretese fiscali; è un diritto di ogni cittadino avere libertà di gestire in modo oculato il proprio patrimonio e l’attività economica svolta. Del resto è la stessa Corte di Cassazione a stabilire come sia del tutto lecito cercare la migliore alternativa legale per beneficiare di un carico tributario meno oneroso.
Un diritto sancito, non solo a livello nazionale, ma anche europeo; tuttavia ciò non toglie la necessità di prestare molta attenzione ai comportamenti adottati, evitando che l’operazione economica venga considerata di tipo elusivo, soprattutto quando si utilizzano tecniche piuttosto aggressive. A tal proposito ricordiamo come sia fondamentale evitare alcune circostanze sospette. Nello specifico, il vantaggio fiscale derivante da rimborsi o da riduzione d’imposta, non deve risultare indebito né tantomeno la conseguenza di un raggiro degli obblighi e divieti stabiliti dalla normativa vigente. In aggiunta, il contribuente deve sempre agire con valide motivazione di natura economica.
Indice:
- Pianificazione fiscale: la soluzione per ridurre il carico tributario
- Attenzione ai rischi di una pianificazione fiscale aggressiva
- Tutelare il patrimonio sfruttando la convenzione contro le doppie imposizioni
- L’importanza di una pianificazione fiscale strategica
- Pianificazione fiscale: i vantaggi offerti dagli Asset intangibili
- L’esempio delle royalties di IKEA
- Utilizzare marchi e royalties per un efficace pianificazione fiscale
- Patent Box: lo strumento per alleggerire la pressione fiscale sulle imprese
Pianificazione fiscale: la soluzione per ridurre il carico tributario
Lo scopo della pianificazione fiscale è sfruttare le fonti di reddito per ridurre la base imponibile e, di conseguenza, il carico relativo al prelievo delle imposte che verrà applicato. In linea di massima, ogni contribuente può scegliere diversi comportamenti al fine di ridurre la propria pressione fiscale, ma in realtà sono azioni che riguardano, più che ci riferiamo, ad aziende e amministratori di attività economiche anche di medio livello.
In questi casi si dovranno studiare strategie in base all’analisi di specifiche informazioni come, per esempio, la posta di bilancio e il riporto delle perdite, nonché la tassazione di soci e società. Ciò consente di avere un efficace controllo di gestione che permetterà il confronto degli obbiettivi stabiliti in fase di pianificazione con i risultati conseguiti. Eventuali scostamenti permetteranno agli organi competenti di adottare le dovute azioni correttive. Allo stesso modo si potrà agire a livello contabile per avere un preciso calcolo preventivo delle imposte, potendo anche verificare se i ricavi risultano congrui agli indici di affidabilità fiscale.
La pianificazione fiscale a livello aziendale apre scenari alquanto interessanti e consente di ottimizzare il sistema attraverso più simulazioni elaborate in tempo reale. Si potranno ottenere precise proiezioni dell’intero esercizio, acquisendo i dati della dichiarazione dell’anno precedente, estrapolando automaticamente i dati di bilancio e quelli contabili e riportando in bilancio le rettifiche riguardanti le imposte.
Attenzione ai rischi di una pianificazione fiscale aggressiva
Fino ad ora abbiamo discusso su comportamenti leciti che la legge consente e che vengono adottati quotidianamente da imprese e società. Ci sono però molte altre tecniche che operano in situazioni decisamente meno trasparenti e rientrano nella cosiddetta pianificazione fiscale aggressiva.
Se da una parte la pianificazione fiscale non comporta alcun disvalore dei principi tutelati dall’ordinamento tributario, dall’altra, alcuni schemi comportamentali provocano effetti economici deleteri per l’interesse erariale. Rappresentano soluzioni che sfruttano le incongruenze presenti in uno o più sistemi fiscali di Stati diversi, con l’unica finalità di ridurre la base imponibile e pagare meno tasse del dovuto. Sono azioni poco oneste e non conformi alla legge: tra le più sfruttate evidenziamo le doppie detrazioni o la doppia non imposizione. Come detto, nella maggior parte dei casi le tecniche vengono messe in atto avvantaggiandosi delle disparità presenti tra diversi sistemi fiscali, di conseguenza riguardano aziende operanti, più che altro, a livello internazionale oppure società che appartengono a gruppi multinazionali.
La sottrazione di materia imponibile attraverso il sistema della tassazione dei redditi nei Paesi in cui i redditi stessi vengono tassati al minimo, a volte anche detassati, è una delle procedure più diffuse. Si sfrutta infatti la tassazione privilegiata di determinati paesi per trasferire i profitti su cui saranno applicate aliquote molto più basse rispetto allo Stato di origine, dove la società effettua invece le operazioni commerciali.
Questi comportamenti non sono altro che attività di evasione, o per meglio dire, di elusione fiscale, ovvero reati soggetti ad un crescente contrasto da parte delle Autorità Finanziarie. Per combattere il fenomeno della pianificazione fiscale aggressiva si sta cercando di incrementare la cooperazione tra i vari Stati, in modo da armonizzare gli strumenti legislativi e migliorare il coordinamento tra gli organi di controllo.
Tutelare il patrimonio sfruttando la convenzione contro le doppie imposizioni
Grazie a particolari convenzioni bilaterali stipulate tra i vari Paesi, è possibile sfruttare un sistema per tutelare efficacemente il patrimonio. In pratica, due Stati decidono di sottoscrivere un accordo per stabilire il livello di pressione fiscale da applicare al reddito generato da un investimento o da un’attività svolta al di fuori dei confini nazionali.
Un classico esempio è rappresentato dalle holding straniere che, pur generando reddito in uno Stato straniero, subirà il prelievo fiscale in uno solo dei due paesi. Allo stesso modo potranno essere tassate pensioni, diritti d’autore, plusvalenze e interessi transfrontalieri, nonché i dividendi e molte altre tipologie di redditi. Sono parecchi gli Stati coinvolti e i trattati firmati, perciò non è raro imbattersi in particolari vantaggi fiscali offerti all’investitore dell’altro paese firmatario dell’accordo.
Le convenzioni bilaterali sono anche un ottimo sistema per proteggere gli investimenti e si fondano sul principio che un investitore straniero sarà trattato con gli stessi diritti dell’investitore locale e senza subire alcuna discriminazione. Oltretutto l’investitore straniero può trasferire profitti e utili nel paese di origine senza difficoltà. Anche qualora gestisse attività in nazioni poco stabili dal punto di vista politico ed economico, potrà proteggere il patrimonio da eventuali tentativi di espropriazione.
L’importanza di una pianificazione fiscale strategica
Il termine strategia si associa perfettamente al concetto di pianificazione fiscale. Del resto non possiamo di certo aspettare che il Governo, nonostante le numerose promesse, di sua iniziativa e di punto in bianco si metta ad abbassare le tasse. Spetta solamente a noi contribuenti e imprenditori sederci attorno ad un tavolo e pianificare con cura le soluzioni lecite da adottare per ridurre al minimo il carico tributario e dare nuovo slancio alla nostra attività d’impresa.
Certo non sono situazioni che si possono affrontare da soli, sarà necessario avvalersi dell’esperienza di professionisti specializzati nel settore. Grazie ad una corretta pianificazione fiscale sono numerose le società in grado di abbattere la pressione tributaria che opprime l’attività economica e nel contempo tutelare il patrimonio personale e quello aziendale.
Se un tempo erano solo le grandi aziende ad utilizzare gli strumenti di pianificazione, l’aumento della competitività e norme tributarie sempre più stringenti hanno portato anche piccole e medie imprese a dover intervenire per ottimizzare la gestione fiscale. I mezzi di certo non mancano, basta solo sapere come agire: ad esempio, è possibile sfruttare le agevolazioni per le royalties su marchi e brevetti oppure il trattamento di fine mandato (TMF), nonché cambiare la forma giuridica della società per ottenere immediatamente dei benefici.
Attuando adeguati comportamenti preventivi si potrà evitare di finire in spiacevoli situazioni che, sempre più spesso, coinvolgono professionisti ed imprenditori. Pianificare non significa evadere o eludere, ma bensì cercare di costruire una strategia per far crescere l’azienda riducendo il rischio di trovarsi impreparati e sommersi dalle tasse o peggio ancora con la cassa vuota, andando così a contribuire all’incremento del tax gap.
Pianificazione fiscale: i vantaggi offerti dagli Asset intangibili
Intangibles assets è un termine inglese per descrivere l’insieme di beni immateriali quali licenze commerciali, brevetti industriali oppure un marchio che rappresentano da sempre mezzi sfruttati dalle aziende commerciali e imprese industriali per fare business.
Quello che però, ancora oggi, viene troppo spesso sottovaluto o del tutto ignorato è la possibilità di utilizzare i beni immateriali come efficaci strumenti di pianificazione fiscale. In particolare ci riferiamo al vantaggio che può godere un’azienda di medio grandi dimensioni nel separare l’attività operativa dagli asset intangibili. Il beneficio fiscale è legato al meccanismo di detassazione sul pagamento delle royalties per lo sfruttamento del diritto d’autore.
L’esempio delle royalties di IKEA
Come spesso accade, per spiegare concetti che teoricamente sarebbero piuttosto complessi vengono in nostro aiuto gli esempi pratici di imprese che hanno adattato tali strumenti di pianificazione fiscale per sfruttare al meglio i vantaggi fiscali che offrono.
Una famosa società che sfrutta la defiscalizzazione di parte del reddito d’esercizio attraverso il sistema delle licenze detenute sui beni immateriali è IKEA. Il tax planning messo in atto dal colosso dei mobili svedese è alquanto interessante, ponendo al centro della pianificazione fiscale gli asset intangibili .
Il sistema è in apparenza molto semplice, e si basa sul fatto che il titolare del marchio IKEA sia una società ubicata in Lussemburgo (Inter IKEA Holding SA). Tutte le sedi sparse nel mondo versano ogni anno ingenti somme di denaro nelle casse di tale società per pagare le royalties sulle vendite.
La finalità di questa tecnica è spostare materia imponibile tra i diversi Stati, godendo di una tassazione agevolata sul reddito societario. In Italia le somme versate dalle società a titolo di royalties per lo sfruttamento del marchio rientrano tra i costi deducibili, portando ad IKEA ad un risparmio del 24% di IRES. Trasferendo ad esempio 200 mila euro di redditi a titolo di royalties, il risparmio sarà di ben 48mila euro. Nel caso di IKEA c’è da aggiungere come la società lussemburghese versi all’erario sugli importi ricevuti solo l’1% di imposte.
In realtà, questa è solo una piccola parte del sofisticato sistema di pianificazione fiscale messo in atto dalla famiglia Kamprad. La struttura societaria è infatti alquanto articolata e non certo di facile comprensione. Si tratta infatti di una scatola di società che hanno contribuito a trasformare l’azienda svedese nell’attuale multinazionale olandese. In cima alla piramide troviamo due fondazioni ovvero la Stichting Ingka Foundation e la Interogo Foundation, che a loro volta controllano due holding: un sistema davvero contorto che anche un professionista avrebbe difficoltà a comprendere fino in fondo, ma senza dubbio redditizio.
Utilizzare marchi e royalties per un efficace pianificazione fiscale
Dopo aver visto l’esempio di IKEA sorge spontanea la domanda se chiunque possa sfruttare il meccanismo delle royalties sul marchio aziendale. In linea di massima la risposta è si, tuttavia è necessario fare molta attenzione per attuare una strategia corretta e soprattutto che non dia adito a sospetti e conseguenti accertamenti da parte delle Autorità Finanziarie.
Come abbiamo già accennato, in Italia è prevista una tassazione agevolate su royalties e diritti d’autore. In pratica, il titolare di tali diritti potrà avvalersi di una defiscalizzazione degli importi conseguiti a titolo di royalties. Stiamo parlando di tutte quelle situazioni in cui un soggetto concede a terzi lo sfruttamento economico della propria opera.
Nello specifico il sistema tributario prevede deduzioni forfettarie pari a:
- 25% del ricavato qualora il beneficiario abbia un’età pari o superiore a 35 anni nel momento in cui percepisce i redditi dichiarati;
- 40% del ricavato se il beneficiario ha un’età inferiore ai 35 anni.
È chiaro come l’unica variabile per il livello dell’agevolazione sia esclusivamente l’età del soggetto. Un vantaggio da tenere in seria considerazione nel caso in cui l’attività economica preveda la creazione di nuovi prodotti: sarà auspicabile cogliere l’opportunità di registrare il marchio a titolo personale, per poi concederne lo sfruttamento economico alla propria società.
Un semplice stratagemma permesso dalla legge che consente di ricevere dalla società di proprietà il pagamento delle royalties per lo sfruttamento del marchio anziché ad esempio i compensi amministratori tassati quasi al 50% tra imposte e contributi previdenziali. I benefici saranno da una parte una tassazione agevolata sui compensi percepiti e dall’altra un sostanziale abbattimento della base imponibile del reddito d’impresa con meno imposte da pagare.
Patent Box: lo strumento per alleggerire la pressione fiscale sulle imprese
Il diritto d’autore può essere registrato a titolo personale oppure può appartenere ad una società. Anche in questo caso è possibile sfruttare l’agevolazione fiscale attraverso il particolare regime del Patent Box.
La legge permette di detassare le royalties derivanti dallo sfruttamento del marchio o di brevetti industriali fino al 50%. Un ottimo strumento di pianificazione fiscale rivolto a tutte le società che all’interno della loro attività economica prevedono il deposito di un brevetto o detengono marchi che concedono a terzi per lo sfruttamento economico. Ci riferiamo anche a società che producono App, software e siti web.
Il Patent Box assicura una detassazione del 50% per tutti i redditi ricavati dallo sfruttamento economico di un bene immateriale. A ciò bisogna aggiungere che eventuali plusvalenze derivanti dalla cessione di asset intangibilinon partecipano alla formazione del reddito complessivo. Quest’ultimo particolare si verifica solo nel rispetto di una fondamentale condizione, ovvero, che almeno il 90% dei ricavi siano reinvestiti nella manutenzione o nello sviluppo di altri beni immateriali. Oltretutto, tale azione dev’essere compiuta prima della chiusura del secondo periodo d’imposta, e successivo rispetto a quello in cui è avvenuta la cessione.
Arrivati a questo punto ognuno può pensare che sia da stupidi non correre a registrare il marchio della propria azienda e sfruttare così il vantaggio fiscale delle royalties percepite. Detto così infatti, potrebbe funzionare perfettamente dal punto di vista teorico, ma quando ci scontriamo con la realtà le cose potrebbero andare ben diversamente. Non serve a nulla farsi prendere da facili entusiasmi, ma piuttosto bisogna ragionare con attenzione per valutare se la propria situazione contempli l’utilizzo di questo regime fiscale agevolato.
Sono diversi gli errori che si possono commettere, comportando seri problemi con l’Amministrazione Finanziaria e ottenendo, alla fine, più danni che benefici. Non è affatto inconsueto che imprenditori finiscano col registrare, a titolo personale, marchi esistenti sul mercato o addirittura già utilizzati da molti anni dalla propria azienda. Una pratica scorretta che va a braccetto con un’ulteriore leggerezza, ovvero il mancato rispetto del cosiddetto principio di inerenza: quando si desidera scaricare un costo è necessario dimostrare che sia inerente alla reale attività svolta e quindi a totale carico dell’impresa e viceversa…
Nel momento in cui il socio Mario Rossi registra un marchio già in utilizzo dall’impresa, per prima cosa gli si potrebbe contestare che i costi per la realizzazione del marchio e per lo sviluppo dello stesso non siano stati fatti a titolo personale ma dall’impresa stessa… Ed ecco che qui “casca subito l’asino”… Per effettuare operazioni di questo tipo è fondamentale essere assistiti da persone competenti ma, soprattutto esperti in materia che sapranno dare al soggetto e all’impresa le giuste indicazioni per non commettere alcun reato e non eludere il Fisco…
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