Quali sono i regimi fiscali in italia?
Conoscere i regimi contabili e fiscali previsti dal nostro sistema tributario sarebbe una cosa fondamentale per scegliere in modo consapevole quale possa essere il più adatto alle proprie esigenze. Uno dei primi passi da fare quando si decide di avviare un’attività professionale o imprenditoriale è quello di stabilire quale regime fiscale adottare e il tipo di contabilità che meglio risponda alle necessità della forma giuridica scelta e alle caratteristiche del tipo di attività che si intende intraprendere.
Quindi, analizzare con estrema attenzione la futura attività, magari con l’aiuto di un commercialista, e prendere fin da subito la decisione corretta risulta essere di vitale importanza per programmare un’efficace pianificazione fiscale, snellire gli obblighi contabili e risparmiare sul versamento delle imposte.
In Italia sono presenti due tipi di contabilità ovvero quella ordinaria e quella semplificata destinate normalmente e rispettivamente a società di capitali e società di persone, a cui aggiungere il regime forfettario adottabile da ditte individuali, start-up e soggetti singoli che intraprendono un’attività d’impresa, d’arte o professione. Andiamo dunque a scoprire le principali peculiarità di ogni fattispecie di regime contabile, quali requisiti bisogna possedere, le sostanziali differenze, gli oneri da sostenere ed eventuali vantaggi o criticità.
Indice:
- Caratteristiche del regime forfettario
- Quando il regime forfettario non può essere applicato
- Come determinare il reddito imponibile nel regime forfettario
- Tassazione nel regime forfettario
- Regime forfettario per le start-up
- Le peculiarità della contabilità semplificata
- Contabilità semplificata: quali obblighi contabili bisogna rispettare?
- La contabilità ordinaria
- La tenuta di registri e libri nella contabilità ordinaria
- Regimi fiscali e contabilità: quale scegliere?
Caratteristiche del regime forfettario
Iniziamo la nostra disamina dal regime forfettario che offre sostanziali agevolazioni fiscali per imprese di piccole dimensioni e liberi professionisti, fermo restando il rispetto degli specifici requisiti di accesso e permanenza previsti dalla normativa vigente.
Il regime forfettario è stato introdotto con la Legge n. 190/2014 e, successivamente, modificato con la Legge n. 145/2018 e il D.L n. 124/2019. Tale sistema prevede, per gli aventi diritto, l’applicazione di una imposta sostitutiva ai fini IRPEF, IRAP e addizionali per persone fisiche che svolgono attività di impresa, arte o professione.
Lo scopo del legislatore è stato quello di incentivare l’apertura di nuove attività commerciali o professionali e stimolare il lavoro autonomo attraverso l’applicazione di un regime fiscale particolarmente vantaggioso. Le agevolazioni previste da tale regime sono rivolte anche a chi svolge già un’attività artigiana o commerciale ma comunque con fatturati piuttosto ridotti, infatti il principale requisito d’accesso al regime è il limite di ricavi e compensi conseguiti nel corso dell’anno precedente pari a un massimo di 65.000 euro.
È importante sottolineare come la normativa abbia previsto una soglia dei ricavi medesima (€ 65.000) per qualsiasi tipologia di attività esercitata, indipendentemente dal codice ATECO. Ciò che varia, in base all’attività svolta, è il coefficiente di redditività, vale a dire la percentuale d’applicare ai compensi percepiti nel periodo d’imposta per ottenere il reddito imponibile su cui calcolare il prelievo fiscale.
L’agevolazione consiste nel poter beneficiare di un’aliquota sostitutiva nella misura del 15% del reddito imponibile, che scende al 5% qualora dovessero sussistere le condizioni previste per le start-up. In buona sostanza, anziché pagare l’imposta sui redditi, l’IRAP nonché le addizionali regionali e comunali, si versa un unico tributo di importo inferiore rispetto alla tassazione ordinaria.
Quando il regime forfettario non può essere applicato
Esistono una serie di cause che portano all’esclusione dal regime forfettario, ovvero la non possibilità per un soggetto di beneficiare della tassazione agevolata e di tutte le facilitazioni previste da questo particolare sistema.
Il primo caso riguarda il contribuente che esercita un’attività d’impresa o di lavoro autonomo e risulta contemporaneamente socio di società di persone, associazione professionale oppure di un’impresa familiare. Nello specifico, si fa riferimento a quanto stabilito dall’articolo 5 del TUIR, ovvero che il soggetto in questione non può adottare il regime forfettario qualora sia socio di una qualsiasi società di persone o controllasse in modo diretto o indiretto una SRL, oppure un’associazione in partecipazione, le quali svolgono attività economica riconducibile a quella esercitata dall’attività d’impresa, arte o professione in regime forfettario.
A tal proposito, è intervenuta l’Agenzia delle Entrate per chiarire la situazione del contribuente che possiede una partecipazione di controllo in una società a responsabilità limitata. In tali frangenti è comunque possibile applicare il regime forfettario, a patto che il soggetto provveda a eliminare la causa ostativa nell’anno precedente rispetto a quello di applicazione del regime agevolato. Inoltre, il contribuente che, ad esempio, nel 2020 ha acquisito una quota di controllo di una SRL potrà applicare comunque il regime forfettario per l’anno in corso, venendo a decadere l’agevolazione a partire da gennaio 2021.
Anche per quanto riguarda le cosiddette SRL trasparenti, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che rimane la possibilità di applicare l’agevolazione fiscale, sempreché il beneficiario non controlli la società e l’attività svolta dalla stessa non risulti riconducibile a quelle esercitate in regime forfettario.
Altra situazione che non prevede l’applicazione del regime forfettario riguarda quei contribuenti che svolgono l’attività in maniera prevalente verso un datore di lavoro, con il quale sono in corso rapporti di collaborazione subordinata. L’esclusione vale anche se i rapporti di lavoro risultano intercorsi nei 2 anni precedenti e nei confronti di soggetti che possano essere riconducibili, in modo diretto o indiretto, al datore di lavoro.
Il regime forfettario viene escluso nel caso l’attività esercitata sia soggetta ad uno speciale regime IVA e, nello specifico, interessa:
- settore agricolo;
- agriturismo;
- vendita a domicilio;
- vendita tabacchi e fiammiferi;
- gestione servizi di telefonia;
- editoria;
- agenzie di viaggio;
- giochi e intrattenimenti;
- rivenditori documenti di viaggio per il trasporto pubblico;
- rivendita beni usati;
- vendita all’asta di oggetti d’arte.
Infine le ultime cause di esclusione dal regime forfettario riguardano:
- i contribuenti che, in via esclusiva o prevalente, cedono terreni edificabili, fabbricati, porzioni di fabbricati o mezzi di trasporto nuovi;
- i contribuenti non residenti. La legge prevede, comunque, la possibilità di applicare il regime forfettario per soggetti residenti in uno Stato UE, o in un Paese dello spazio economico europeo (SEE), ma solo se i redditi vengono prodotti in Italia per almeno il 75%.
Come determinare il reddito imponibile nel regime forfettario
Calcolare il reddito imponibile nel regime forfettario è operazione piuttosto semplice, infatti basta applicare il coefficiente di redditività (varia in base all’attività svolta e relativo codice Ateco) al computo dei ricavi e compensi percepiti nel periodo d’imposta. Per la corretta determinazione di tale importo non sarà quindi necessario tenere in considerazione le spese sostenute nel periodo di imposta per svolgere l’attività d’impresa, arte o professione, e pertanto non assumono alcuna rilevanza al fine del calcolo del reddito imponibile i costi.
Sarà solamente possibile detrarre alcuni oneri, ovvero i contributi previdenziali che il contribuente è obbligato a versare ed eventuali perdite fiscali generate in periodi d’imposta precedenti all’accesso al regime forfettario. Per quanto riguarda le plusvalenze e minusvalenze nonché altre entrate diverse dai compensi o ricavi relativi all’attività, queste non concorreranno alla formazione del reddito imponibile.
Tassazione nel regime forfettario
Una volta calcolata la base imponibile, il contribuente dovrà applicare ad essa un’imposta nell’ordine del 15% che andrà a sostituire IRPEF, IRAP e le fastidiosissime addizionali comunali e regionali. Il pagamento del tributo non subisce alcuna modifica rispetto alle modalità previste per il normale versamento delle imposte sui redditi delle persone fisiche. Di conseguenza, i termini da rispettare risultano i medesimi, così come il meccanismo del saldo e dell’acconto, nonché la compensazione e l’eventuale versamento rateizzato della stessa.
L’unica precisazione riguarda le imprese familiari in cui l’imposta sostitutiva verrà versata dall’imprenditore calcolando l’importo sul reddito al lordo delle quote assegnate al coniuge e ad ogni collaboratore familiare.
Regime forfettario per le start-up
Come abbiamo già accennato, in presenza di condizioni riconducili ad una start-up è possibile applicare una tassazione ancor più agevolata con l’aliquota ridotta al 5%. Il beneficio fiscale ha una durata massima di 5 anni a partire dal momento in cui viene fondata la società. Decorso tale termine, e con la permanenza dei requisiti richiesti, si dovrà passare al regime forfettario con aliquota al 15%.
Alla luce di una tassazione così vantaggiosa, oltre al limite dei 65.000 euro dei compensi / ricavi nel periodo d’imposta, sussistono alcune ulteriori condizioni da rispettare:
- nei 3 anni precedenti, il beneficiario non deve aver esercitato attività artistiche, d’impresa o professionali. Non sono ammesse nemmeno attività svolte in forma di associazione o impresa familiare;
- l’attività soggetta a regime forfettario non può, in alcun modo, rappresentare la mera prosecuzione di un’attività esercitata in precedenza nella forma di lavoro sia dipendente che autonomo. Sono esclusi solo i casi in cui la suddetta attività abbia lo scopo di permettere un periodo di praticantato al fine di svolgere un’arte o una professione;
- anche se l’attività viene acquisita da un altro soggetto, è necessario che il totale dei ricavi / compensi relativi al periodo d’imposta precedente non risulti superiore al limite di 65.000 euro.
Le peculiarità della contabilità semplificata
La contabilità semplificata è una opportunità prevista dall’articolo 18 del DPR n. 600/73. Rappresenta il regime fiscale naturale per le persone fisiche che avviano un’impresa individuale o decidono di esercitare un lavoro autonomo, di costituire società di persone o assimilate, nonché enti non commerciali. Si tratta comunque dei soggetti che non posseggono i requisiti per applicare il regime forfettario e che quindi possono sfruttare l’opportunità di accedere alla contabilità semplificata.
E’ bene, tuttavia, ricordare che il contribuente ha la completa facoltà di scelta e, ad esclusione del regime forfettario laddove non ci fossero i requisiti, potrebbe tranquillamente optare per la contabilità ordinaria ritenendola più adatta alle proprie necessità.
Per poter mantenere la contabilità semplificata esistono dei limiti nei ricavi relativi all’annualità precedente che, nello specifico, non devono superare:
- 400.000 euro per attività d’impresa che svolgono prestazioni di servizi;
- 700.000 euro per imprese che esercitano altri tipi di attività.
Superati suddetti limiti vige l’obbligo di adottare la contabilità ordinaria per qualsiasi tipo di soggetto o impresa.
Una delle principali caratteristiche della contabilità semplificata è il calcolo del reddito imponibile utilizzando il cosiddetto principio di cassa, al posto del criterio di competenza che ha trovato applicazione fino al 2016. In altre parole, le imprese possono avvalersi del medesimo metodo già previsto per chi esercita arti o professioni. Per determinare il reddito d’impresa si adotta un sistema misto in parte di cassa e in parte di competenza, effettuando la differenza tra il totale dei ricavi conseguiti e le spese sostenute.
Per il computo esatto del reddito imponibile è necessario aggiungere al reddito di impresa le seguenti voci:
- l’autoconsumo personale/familiare dell’imprenditore;
- i redditi derivanti dal patrimonio immobiliare;
- le plusvalenze e le sopravvenienze attive;
Viceversa è possibile sottrarre dal reddito imponibile:
- spese generali sostenute per l’attività di impresa, compreso l’acquisto di beni e servizi;
- minusvalenze, sopravvenienze passive, perdite su crediti e interessi passivi;
- perdite di beni strumentali;
- oneri di utilità sociale;
- perdite su crediti;
- oneri fiscali e contributivi;
- costi per prestazioni di lavoro e stipendi erogati a lavoratori dipendenti e/o amministratori;
- accantonamenti del TFR;
- quote di ammortamento dei beni materiali e immateriali;
- canoni di locazione, noleggio e leasing;
- costi per la pubblicità;
- spese di rappresentanza;
- costi sostenuti per opere di manutenzione ordinaria, riparazione e ammodernamento.
Altri aspetti da sottolineare riguardano i versamenti effettuati e i corrispettivi incassati a titolo di acconto, i quali devono essere sottoposti al principio di cassa. Non assumono invece alcuna rilevanza al fine della determinazione del reddito d’impresa il valore dell’esistenza iniziale e quello della rimanenza finale di magazzino. In caso di passaggio da regime semplificato a regime ordinario, per computare l’importo iniziale delle rimanenze è necessario far riferimento al costo vigente nel regime semplificato. Inoltre, ricordiamo la possibilità di riportare a nuovo le eventuali perdite nei periodi d’esercizio successivi, ma rispettando il limite massimo pari all’80% del reddito.
Contabilità semplificata: quali obblighi contabili bisogna rispettare?
Coloro che adottano la contabilità semplificata hanno facoltà di decidere la gestione scegliendo tra:
- tenuta dei registri IVA a cui aggiungere il registro per gli incassi dove indicare i proventi percepiti e il registro pagamenti dove segnare le somme versate rispettando l’ordine cronologico. Il contribuente dovrà annottare tutte le informazioni richieste ossia l’importo ricevuto / erogato, estremi della fattura o altri documenti emessi, generalità del cliente o fornitore, nonché indirizzo e comune dove risiede chi effettua il pagamento o riceve il denaro. I suddetti dati vanno annotati entro 60 giorni dal momento dell’incasso, oppure del pagamento, secondo quanto stabilito dal DPR 600/1973 e precisamente dall’articolo 22;
- tenuta dei soli registri IVA in sostituzione dei registri cronologici dei ricavi. In questo caso il soggetto deve rispettare due adempimenti fondamentali: innanzitutto provvedere all’annotazione separata delle operazioni non soggette a registrazione IVA; in secondo luogo indicare l’importo totale dei mancati incassi o pagamenti e il riferimento dei relativi documenti, allorché non vi sia corrispondenza tra le registrazioni IVA e gli incassi o pagamenti effettuati nello stesso anno. Ricavi e spese verranno poi annotati nei registri IVA riferiti al periodo d’imposta in cui avvengono incassi o pagamenti;
- esercitare l’opzione con vincolo triennale per ottenere la sola tenuta dei registri IVA con presunzione di incassi e pagamenti. Anche in questa situazione vige l’obbligo dell’annotazione separata di ogni operazione non soggetta a registrazione IVA. In pratica, si adotta una presunzione legale in base alla quale la data di registrazione dei documenti corrisponde con la data di incassi e pagamenti.
Ricordiamo che nel caso di scelta di una delle prime due gestioni contabili, il contribuente deve effettuare le registrazioni non oltre 60 giorni dalla data degli incassi o pagamenti. Inoltre, componenti positivi e negativi differenti da quelli che vanno a concorrere alla formazione del reddito d’impresa attraverso il principio di cassa, devono essere annotati entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.
La contabilità ordinaria
Senza ombra di dubbio la contabilità ordinaria rappresenta il regime fiscale più complicato, in quanto il contribuente ha l’obbligo di predisporre tutti i libri contabili e occuparsi delle registrazioni così da rispettare tutte le disposizioni in materia d’imposta sul valore aggiunto e accertamento delle imposte sui redditi previste dal DPR 600/1973.
Ci sono categorie obbligate ad adottare la contabilità ordinaria e, nello specifico, riguardano:
- società di capitali ed enti commerciali sottoposti a IRES: in questi casi non c’è alternativa che applicare la contabilità ordinaria. L’importo complessivo dei ricavi non ha alcuna rilevanza;
- le società di persone e imprese individuali qualora abbiano conseguito, nel periodo d’imposta precedente, ricavi superiori a 400.000 euro esercitando attività di servizi e 700.000 euro esercitando altre attività.
In realtà, può capitare spesso che si trovino obbligati ad avvalersi della contabilità ordinaria anche i seguenti contribuenti:
– persone fisiche titolari di ditte individuali che esercitano un’attività commerciale;
– s.n.c (società in nome collettivo);
– s.a.s (società in accomandita semplice);
– società di fatto che svolgono un’attività commerciale ai sensi dell’articolo 55 del TUIR;
– società di armamento.
Si tratta delle persone fisiche che non hanno i requisiti per poter adottare il regime forfettario o la contabilità semplificata e le società di persone impossibilitate ad applicare la contabilità semplificata perchè superano i volumi sopra indicati e dovranno, per forza di cose, avvalersi della contabilità ordinaria.
E’ utile ricorda che qualunque dei soggetti sopra elencati può decidere di sua spontanea iniziativa, anche qualora non fosse obbligato dai “numeri”, di adottare la contabilità ordinaria che garantisce maggior precisione e controllo sulla gestione dell’impresa e una sorta di tutela in caso di controlli da parte delle autorità competenti.
La tenuta di registri e libri nella contabilità ordinaria
I soggetti sottoposti alla contabilità ordinaria hanno l’obbligo di tenuta dei seguenti registri contabili:
- registri IVA che comprendono il registro delle fatture di vendita, il registro delle fatture di acquisto e il registro dei beni ammortizzabili;
- libro giornale per effettuare la cosiddetta registrazione analitica attraverso il metodo della partita doppia, ovvero riportare in ordine cronologico ogni operazione relativa all’esercizio di impresa. Come detto, la contabilità ordinaria risulta piuttosto complessa e prevede la registrazione di tutte le operazioni economiche, nonché ogni movimentazione finanziaria;
- libri giornali sezionali. la legge consente ad un’azienda di redigere diversi libri giornali selezioni anche se le operazioni dovranno essere, comunque, riepilogate tutte in un solo libro giornale. In tal senso i registri IVA li possiamo considerare libri sezionali visto che da una parte annotano gli acquisti e dall’altra le fatture emesse;
- libro degli inventari secondo le direttive dell’articolo 2214 del codice civile: l’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve redarre il suddetto libro all’inizio dell’esercizio e ogni anno successivo, mantenendo una numerazione progressiva con tanto di marca da bollo ogni 100 pagine. Il libro degli inventari si compone di una parte analitica e una sintetica, con lo scopo di offrire una valutazione dei componenti patrimoniali attivi e passivi, indicare la consistenza dei beni raggruppandoli in categorie omogenee in base a natura e valore, nonché fornire informazioni relative al bilancio e il conteggio di profitti e perdite.
Regimi fiscali e contabilità: quale scegliere?
Arrivati a questo punto sono piuttosto evidenti le differenze che passano tra il poter adottare un regime forfettario con le conseguenti agevolazioni fiscali, la contabilità semplificata che consente una netta riduzione degli obblighi contabili, oppure essere costretti a scegliere la ben più complessa contabilità ordinaria.
Una scelta da ponderare con la dovuta attenzione dopo aver deciso la forma giuridica che meglio si adatta all’attività economica che si intende svolgere. Ad esempio, se si dovesse avviare una ditta individuale sarà possibile scegliere tra regime forfettario e contabilità semplificata in base, soprattutto, al volume d’affari previsto.
Una libertà decisionale preclusa qualora, invece, l’attività economica venisse gestita tramite una società di persone o di capitali: nel primo caso l’imprenditore, al massimo, potrà optare per la contabilità semplificata, mentre nel secondo non ha altra alternativa che la contabilità ordinaria.
Per meglio chiarire il discorso è utile sottolineare come per le ditte individuali, il forfettario sarà il regime di accesso all’attività imprenditoriali dato che viene considerato con il regime naturale per tutte le imprese individuali con un fatturato annuo inferiore ai 65.000 euro. Superata tale soglia, si apre, per l’imprenditore, la scelta tra la contabilità semplificata e la contabilità ordinaria.
Le differenze sostanziali tra i due regimi sono fondamentalmente insite negli adempimenti relativi ai due sistemi: quello semplificato molto più snello e senza particolari oneri e quello ordinario, più complesso ma, decisamente più preciso. E’ chiaro che per volumi di affari elevati, sarebbe consigliabile una contabilità più precisa e “in partita doppia”, all’interno della quale anche la gestione finanziaria assume un’importanza fondamentale (questo discorso vale anche per le società di persona con volumi di affari che non obbligano alla tenuta della contabilità ordinaria).
Bisogna inoltre sottolineare che l’opzione della contabilità ordinaria mette al riparo maggiormente da eventuali controlli e contestazioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
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