10 soluzioni per pagare meno IRES

L’imposizione fiscale è uno dei più grossi problemi del nostro Stato. Sono tantissimi gli imprenditori che, spaventati dalle imposte sui redditi, si servono di stratagemmi illegali, società offshore o altri trucchetti border-line per poter risparmiare qualche Euro di tasse, mettendosi però in un posizione piuttosto scomoda nei confronti del Fisco.

Evadere le tasse è un reato, ma soprattutto non può essere una soluzione a lungo termine. E’ necessario conoscere le leggi, essere informato su tutte le opportunità che il nostro Stato offre e adattarle alla propria realtà imprenditoriale.

Per essere un buon imprenditore non puoi trascurare l’aspetto fiscale, non puoi lasciare il che tuo commercialista faccia soltanto il contafagioli senza guidarti nella difficile strada del risparmio fiscale. Se non lo fa il commercialista, dovrai essere tu ad informarlo sulle novità fiscali che fanno al caso tuo e della tua piccola-media impresa.

E’ fondamentale informarsi, leggere e conoscere tutte le opportunità utili ad impostare la propria strategia fiscale in modo che sia inattaccabile dall’Agenzia delle Entrate e dalla Polizia Tributaria e, al contempo, non farsi digerire dalla pressione fiscale indipendentemente dal tipo di lavoro che fai o dal volume di denaro che muovi annualmente.

In quanti sanno, ad esempio, che sugli ebook si paga l’IVA al 4%? Credo in pochi, e con molte aziende che oggi si occupano di formazione e scrivono libri ed ebook, risparmiare 18 punti percentuali sull’IVA può fare davvero la differenza.

Oppure, che se hai un’attività online potrai ricondurre a royalties una parte dei tuoi guadagni specie se produci: testi, musiche, video, contenuti multimediali e qualsiasi altra cosa creata dal tuo intelletto. Ricondurre a royalties parte dei tuoi guadagni significa rendere quei guadagni degli elementi reddituali autonomi rispetto agli utili di impresa, con una tassazione decisamente più conveniente. Ad esempio, sullo sfruttamento delle proprietà intellettuali, la cessione del diritto d’autore e le royalties sui marchi, non si paga l’INPS, ed ecco già un altro bel risparmio del 24% sull’imposizione fiscale.

O che è possibile ridurre il livello di tassazione della propria società fino a 1/3 di quello attuale grazie al Patent Box, ovvero la cosiddetta “cassetta dei brevetti”, un’importante agevolazione fiscale per le imprese che detengono proprietà intellettuali e beni immateriali in generale.

In questo articolo esamineremo alcune soluzioni per la tua azienda che ti consentiranno di ridurre considerevolmente il peso delle imposte, soltanto approfittando delle leggi presenti in Italia e delle opportunità che la maggior parte delle piccole imprese non sfrutta, regalando letteralmente buona parte dei propri ricavi al Fisco per sola ignoranza.

Indice:

 

1. Patent Box: tassazione agevolata sui redditi derivanti dalle opere di ingegno

Come pagare meno IRESIl Patent Box è un regime opzionale di tassazione per i redditi che derivano dall’uso di brevetti industriali, opere d’ingegno, marchi, modelli, disegni, processi, formule ed esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili.

E’ possibile esercitare questa opzione per tutti i titolari di impresa indipendentemente dal tipo di contabilità adottata e, soprattutto, dal titolo giuridico in virtù del quale avviene l’utilizzo dei beni.

E’ importante che questa opzione venga esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al primo periodo di imposta in cui si intende sfruttarla, che sarà valida per i 5 periodi successivi, e che tale benefit è rinnovabile e irrevocabile.

In questo tipo di agevolazione rientrano tutti i redditi che derivano dall’utilizzo e sfruttamento delle opere di ingegno, brevetti industriali per invenzioni, marchi, disegni, modelli ed esperienze tecnico-industriali che, in qualche modo, debbano, o possano essere protette come informazioni segrete in base alla legge.

Una sorta di cassetta dei brevetti che, per le aziende le quali saranno in grado di sfruttarla, costituirà una importantissima agevolazione fiscale, se si detengono proprietà intellettuali e beni immateriali.

Possono beneficiare di questo regime opzionale le aziende che esercitano attività di ricerca e sviluppo e tutti i titolari di reddito di impresa. L’opzione può essere esercitata da chi ha diritto allo sfruttamento economico dei beni immateriali o delle opere di ingegno di cui all’oggetto.

L’opzione ha durata pari a cinque periodi di imposta, è irrevocabile ed è rinnovabile e consente di escludere dalla base imponibile – ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP – una quota del reddito derivante dall’utilizzo (diretto o indiretto) dei beni.

L’esenzione fiscale concessa dallo Stato italiano è quindi pari a:

  • 30% nel primo anno di applicazione;
  • 40% nel secondo anno di applicazione;
  • 50% netto terzo anno di applicazione.

Nello specifico questa opzione ha come oggetto i redditi derivanti dall’utilizzo di:

  • Software protetto da copyright
  • brevetti industriali concessi o in corso di concessione, inclusi i brevetti per invenzione, le invenzioni biotecnologiche e i relativi certificati complementari di protezione, i brevetti per modello d’utilità, nonché i brevetti e certificati per varietà vegetali e le topografie di prodotti a semiconduttori;
  • marchi di impresa, i marchi collettivi, registrati o in corso di registrazione;
  • disegni e modelli, giuridicamente tutelabili;
  • informazioni aziendali e d’esperienze tecnico – industriali, comprese quelle commerciali o scientifiche proteggibili come informazioni segrete, giuridicamente tutelabili;

 

2. Startup innovative e agevolazioni fiscali

Al fine di rendere l’Italia un paese più ospitale e tecnologicamente avanzato, per le nuove imprese innovative, le cosiddette “Startup” digitali, industriali, sociali, artigianali, legate ad agricoltura, commercio ed altri settori,  è stata introdotta dal 2012 nel nostro sistema fiscale, una sezione speciale della Camera di Commercio ovvero quella delle “Startup Innovative” per le quali è stato predisposto un quadro normativo dedicato che interviene su materie differenti come la semplificazione amministrativa, il mercato del lavoro, le agevolazioni fiscali, il diritto fallimentare.

Tra i benefici principali di essere iscritto al Registro delle Imprese nella sezione Startup Innovative ci sono:

  • vantaggi fiscali;
  • benefici per l’assunzione del personale;

Ma vediamo cosa vuol dire essere una startup innovativa e quali caratteristiche deve avere questo tipo di impresa. Le startup innovative sono società di capitali, costituite anche in forma cooperativa, in possesso dei seguenti requisiti:

  • devono essere di nuova costituzione o almeno costituite da meno di 5 anni;
  • hanno sede principale in Italia o in altro Paese UE, ma con almeno una sede produttiva in Italia;
  • presentano un valore annuo della produzione inferiore ai 5 milioni d’euro;
  • non distribuiscono, nè hanno distribuito utili;
  • hanno come oggetto sociale prevalente lo sviluppo, la produzione e il commercio di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico;
  • la loro costituzione non deriva da fusione, scissione o cessione di ramo di azienda o di un’intera azienda;

Da un punto di vista dell’attività dell’impresa, viene identificata come Startup Innovativa quell’azienda che rispetta almeno uno dei tre seguenti requisiti:

  • destinare almeno un 15% del valore maggiore tra fatturato e costi annuali ad attività di ricerca e sviluppo;
  • forza lavoro complessiva costituita per almeno da 1/3 da dottorandi o ricercatori, oppure per almeno 2/3 da soci o collaboratori a qualsiasi titolo in possesso di laurea magistrale;
  • l’impresa deve essere titolare ed aver depositato un brevetto registrato.

Le startup innovative devono registrarsi nella sezione speciale del Registro delle Imprese (startup), presso la Camera di Commercio. L’iscrizione è gratuita ed avviene trasmettendo in via telematica una dichiarazione di autocertificazione di possesso di tutti i requisiti richiesti. I modelli e la guida all’autocertificazione sono disponibili su startup.registroimprese.it.

Le agevolazioni alle startup innovative si applicano per 5 anni a partire dalla loro data di costituzione e sono:

  • Nuova modalità di costituzione digitale e gratuita con la possibilità di redigere l’atto costitutivo mediante un modulo standard facendo ricorso alla firma digitale;
  • Esonero da diritti camerali e imposte di bollo;
  • Deroghe alla disciplina societaria. Ad esempio, per le s.r.l., è consentito creare categorie di quote dotate di particolari diritti come la differenziazione del valore riguardo al diritto di voto, effettuare operazioni sulle proprie quote, emettere strumenti finanziari partecipativi e offrire al pubblico quote di capitale. Misure che avvicinano molto la struttura finanziaria delle S.r.l. a quella delle S.p.A.;
  • Proroga del termine per la copertura delle perdite che viene posticipato al secondo esercizio successivo (invece che il primo);
  • Nessuna penalizzazione fiscale in caso di perdita fiscale sistematica;
  • Esonero dall’obbligo di apposizione del visto di conformità per compensazione dei crediti IVA;
  • Deroghe relative all’assunzione del personale come, ad esempio, la possibilità di assumere con contratti a tempo determinato fino a 36 mesi che potranno essere rinnovati per altri 12 mesi. Trascorso tale termine 36 mesi + 12 mesi ovvero 48 mesi il contratto si trasformerà a tempo indeterminato;
  • Facoltà di remunerare il personale in modo flessibile con stipendi collegati all’efficienza o redditività dell’impresa, alla produttività del lavoratore o del gruppo di lavoro in cui viene inserito, o ad altri obiettivi stabiliti;
  • Remunerazione attraverso strumenti di partecipazione al capitale;
  • Incentivi fiscali all’investimento nel capitale di rischio delle startup innovative provenienti da persone fisiche e giuridiche con una detrazione Irpef per le persone fisiche pari al 30% dell’investimento, fino a un massimo di 1 milione di euro; per le persone giuridiche l’incentivo consiste in una deduzione dall’imponibile Ires del 30% dell’investimento, fino a un massimo di 1,8 milioni di euro. La fruizione dell’incentivo è condizionata al mantenimento della partecipazione nella società per almeno 3 anni;
  • Possibilità di raccogliere capitali con campagne di equity crowdfunding su portali online autorizzati;
  • Accesso semplificato, gratuito e diretto al Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese, che facilità l’accesso al credito con la concessione di garanzie su prestiti bancari che coprono fino all’80% del credito erogato fino a 2,5 milioni di euro;
  • Le startup innovative possono contare su procedure più rapide e meno gravose rispetto a quelle ordinarie per concludere le proprie attività in caso di insuccesso;
  • Possibilità di trasformarsi, in caso di successo, in PMI innovativa.

 

3. Credito d’imposta Ricerca e Sviluppo

Viene riconosciuto un credito di imposta nella misura del 50% degli incrementi annuali di spesa nelle attività di ricerca e sviluppo per un’importo massimo dell’agevolazione pari a 20 milioni di euro per ciascun periodo d’imposta.

La base dell’agevolazione è calcolata con riferimento alla media delle spese maturate nei 3 periodi d’imposta precedenti a quello in corso.

La condizione per l’accesso a tale credito è che in ciascun periodo di imposta siano state fatte spese per attività di ricerca e sviluppo pari ad almeno 30.000 euro.

 

4. Accesso al Regime Forfettario fino a 65.000 € di fatturato

Grazie alla scelta del regime forfettario è possibile, per la costituzione di nuove imprese, pagare molte meno tasse che aprendole in regime ordinario.

E’ possibile accedere al regime forfettario, per i soggetti già in attività, o per coloro i quali inizino a fare impresa, arte o professione, purchè nell’anno precedente:

  • Non abbiano superato i limiti di ricavo determinati per l’accesso al regime forfettario in base al tipo di attività svolta, diversificati in base al codice ATECO.

Non possono invece avvalersi del regime forfettario:

  • chi si avvale di regimi speciali ai fini IVA o regimi forfettari;
  • i soggetti non residenti, ad eccezione di coloro che risiedono in uno degli Stati membri dell’Unione europea;
  • chi effettua come attività prevalente la cessione di fabbricati e terreni oppure cessioni intra-comunitarie di mezzi di trasporto nuovi;
  • i soci di una società di persona che hanno optato per il regime di trasparenza;
  • i contribuenti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e/o assimilati di importo superiore a 30.000 euro;

L’accesso al regime forfettario permette una serie di facilitazioni, agevolazioni fiscali e un regime di tassazione molto conveniente:

  • Imposta unica al 15% sul reddito imponibile che comprende le imposte sui redditi, L’IRAP e le addizionali regionali e comunali. Il reddito imponibile si calcola applicando un coefficiente di redditività diversificato a seconda del tipo di attività svolta, all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti.
  • Esonero dalla ritenuta d’acconto i ricavi o compensi corrisposti dal sostituto d’imposta;
  • Permanenza nel regime fin tanto che sussistono i requisiti, per cui la durata del regime è senza limiti di tempo;
  • Non si addebita l’Iva in fattura ai propri clienti e non si detrae l’iva sugli acquisti quindi non sussiste l’obbligo di presentare la dichiarazione annuale Iva;
  • Esonero dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili;
  • Non applicano gli studi di settore e i parametri;

 

5. Vendita di libri ed E-book con Iva al 4%

Da poco tempo in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea è stata abbassata l’aliquota Iva sugli e-book che è stata allineata a quella dei libri cartacei, ovvero, al 4% anzichè il 22%. Se vendi materiale online, manuali o e-book è fondamentale approfittare di questa opportunità!

Assoggettare ad esempio 15.000 euro di ricavi per la vendita di e-book al 4% di Iva rispetto al 22% consente un risparmio di imposta pari ad € 2.128,00.

Per poter vendere online e poter sfruttare questa opportunità è importante individuare il settore di mercato in cui operare ovvero il codice ATECO indicato per le vendite online (47.91.10) e attivare anche il codice 58.11.00 legato all’editoria.

 

6. Deduzioni sui redditi da proprietà intellettuale (Royalties)

La proprietà intellettuale, così come i diritti di autore sono due termini che dovrebbero entrare nel dizionario comune di chi gestisce un’azienda in Italia.

Ci sono decine di imprenditori che operano sul web e nella produzione di contenuti multimediali che ignorano completamente l’opportunità di sfruttare strategicamente la loro proprietà intellettuale, il loro marchio, il loro sito web, il loro software, la loro applicazione, il loro ebook, manuale, ecc.

E’ quindi opportuno ricordare a questi imprenditori che registrando un marchio, un brevetto, un e-book, una cosiddetta proprietà intellettuale a proprio nome, potranno successivamente cedere in utilizzo e sfruttamento la licenza di questa proprietà intellettuale alla propria azienda per sfruttarla (in questo caso di parla soltanto di società di capitali che hanno personalità giuridica propria), con dei vantaggi fiscali importanti che vado subito ad evidenziare.

Sui redditi derivanti dallo sfruttamento della proprietà intellettuale (Royalties) l’imprenditore subirà una riduzione significativa della base imponibile IRPEF su cui calcolare le proprie imposte relativamente a quel reddito. Nel dettaglio la riduzione della base imponibile sarà pari a:

  • 40% se i diritti sono percepiti da una persona fisica di età inferiore ai 35 anni;
  • 25% se i diritti sono percepiti da una persona fisica di età pari o superiore a 35 anni.

Tra l’altro, sui redditi derivanti dalle royalties non si pagano contributi previdenziali, per cui un altro buon 24% di risparmio rispetto ad un reddito di impresa tradizionale.

 

7. La tassa forfettaria per i redditi prodotti all’estero (Flat Tax)

E’ un regime particolare a favore dei nuovi ricchi che vivono all’estero per incentivarli a trasferire la residenza in Italia, dando loro la possibilità di pagare un’imposta fissa di 100mila euro l’anno sui redditi prodotti all’estero, a cui si dovranno aggiungere 25mila euro per ciascun familiare.

In questo modo l’Italia prova a sedurre i ricchi imprenditori, quelli che pagherebbero ben più di quella cifra se dovessero sottostare alle aliquote progressive dell’Irpef.

Sembrerebbe una misura studiata ad hoc soltanto per i super ricchi ma facendo un po’ di calcoli, anche chi ha un reddito annuo di 250 – 300 mila euro potrebbe trovare vantaggiosa questa opzione, il tutto dipende da dove viene generato questo patrimonio, visto che la parte prodotta in Italia resterà sempre assoggettata alla tassazione ordinaria.

La tassa forfettaria si potrà applicare per 15 anni ed è rivolta alle persone fisiche residenti all’estero che:

  1. Hanno un reddito prodotto all’estero;
  2. Risiedono all’estero da almeno 10 anni;
  3. Hanno un reddito particolarmente elevato.

In parole povere la cosiddetta Flat Tax ha permesso all’Italia di diventare una sorta di paradiso fiscale per chi detiene dei redditi esteri particolarmente significativi e per gli italiani che hanno fatto fortuna oltreconfine che decideranno di rientrare trasferendo la residenza di nuovo nel “Bel Paese”.

 

8. Il trattamento di fine mandato per gli amministratori (TFM)

Il Trattamento di Fine Mandato per gli amministratori delle società di capitali (T.F.M.) è l’equivalente del Trattamento di Fine Rapporto (T.F.R.) dei lavoratori dipendenti. Rappresenta un’indennità che viene riconosciuta a colui che all’interno di una s.r.l., ad esempio, ricopre la carica di amministratore e che viene erogata allo stesso allo scadere del suo mandato o una volta chiusa la società.

Il TFM è uno strumento che in pochi conoscono e utilizzano ma, la sua applicazione, ha una più di un vantaggio, sia da un punto di vista fiscale, come andremo a vedere di seguito, che dal punto di vista previdenziale.

Il problema più grosso degli imprenditori, infatti, è quello di pensare di dover lavorare una vita ed arrivare all’età della pensione senza una buona uscita, così come tutti i lavoratori dipendenti, ma soprattutto con una pensione da fame.

Di norma, si scatenano le offerte dei broker finanziari o delle banche che propongono piani di accumulo, pensioni integrative e quant’altro per consentire all’imprenditore di costruirsi una rendita vitalizia o un capitale da poter sfruttare in futuro, ma anche come una sorta di favore che l’imprenditore deve fare alla banca per la concessione o l’apertura di una nuova linea di credito o l’aumento dei fidi.

In pochi sanno invece che è possibile accantonare a TFM una quota annuale per l’amministratore senza alcun limite se non quello del buon senso in relazione al volume d’affari e all’utile della società, portando quanto accantonato in deduzione dall’Ires, in quanto l’accantonamento viene, di per se, considerato un costo che andrà ad abbassare l’imponibile fiscale della società.

Su quella cifra la società, quindi, non pagherà l’Ires negli anni in cui la accantonerà, e tale indennità non andrà dichiarata da parte dell’amministratore una volta che lo percepirà, qualora il soggetto erogatore (la società) abbia effettuato le ritenute, in quanto implicitamente assoggettato a tassazione separata.

Su quanto spettante agli amministratori a titolo di trattamento di fine mandato, la società erogante deve trattenere una ritenuta d’acconto del 20%.

Ecco che, ad esempio su un TFM accantonato in 20 anni di 1 milione di euro, l’amministratore andrà a pagare un’aliquota del 20% anzichè del 43% come da aliquota progressiva dell’Irpef.

L’azienda risparmia ogni anno il 24% di IRES sulla somma accantonata che viene, come detto, considerato un costo e come tale deducibile…

Se consideriamo, inoltre, che l’azienda trae anche vantaggio sia dal fatto che la spesa per l’accantonamento del TFM è fittizia, in quanto, come per il TFR, sarà erogata all’amministratore solamente nel momento in cui cesserà il mandato, quindi più in la nel tempo, sia dal lato fiscale perchè su quella somma non paga l’IRES, viene spontaneo chiedersi: perchè solo in pochi approffittano di questa opportunità?

Per eseguire in modo corretto questo accantonamento è necessario prestare attenzione ad alcuni aspetti fondamentali di questo strumento:

  • Per prima cosa l’importo da destinare ad accantonamento TFM annuale, non deve essere superiore al 10% rispetto al compenso annuale percepito dall’amministratore;
  • E’ necessario dimostrare che l’accantonamento sia stato effettivamente deliberato ed è indispensabile che tale delibera abbia la “data certa”;
  • E’ possibile far confluire l’accantonamento in una polizza assicurativa a ulteriore prova dell’accantonamento giovando anche di un piccolo e ulteriore rendimento;

Detto questo è importante sapere che per servirsi di questa pratica sarebbe necessario parlarne e farsi assistere dal proprio commercialista o consulente fiscale per fare un’analisi su misura della tua azienda.

 

9. I buoni benzina, benefit aziendale deducibile

Tra i benefit più conosciuti che un datore di lavoro può riconoscere ai propri dipendenti vi sono certamente i buoni carburante che hanno un meccanismo molto simile a quello dei buoni pasto.

Le aziende possono concedere i buoni carburante ai propri dipendenti, sia come un bonus a se stante, indipendente dalla retribuzione (ad esempio come premio), o come misura di retribuzione complementare legato alla gestione della propria flotta aziendale.

I buoni carburante,  danno la possibilità ai lavoratori di acquistare il carburante anche per la propria auto, non solo per quella concessa in uso dall’azienda, senza pagare in denaro, ma non di essere cambiati in denaro contante così come i buoni pasto.

Dal lato fiscale il buono carburante concesso ai dipendenti è esente imposizione da Irpef e quindi non dovrà, in nessun modo, essere indicato nella dichiarazione dei redditi del lavoratore come un reddito.

Ma la cosa più interessante, per gli imprenditori, è che gli stessi buoni benzina possono essere portati in detrazione dall’IRES o dall’IRAP con una percentuale del 100% rispetto al costo sostenuto se concesso ai dipendenti fino ad un massimo di 258,23 euro annuali a dipendente.

Se i buoni benzina, vengono invece ceduti a dei clienti come omaggio, regalo, rappresentanza, sono deducibili fino al 100% dell’importo pagato fino a 50 euro, mentre importi maggiori devono essere considerati come spese di rappresentanza per le quali sono previsti i seguenti limiti di spesa;

  • 1,3% dei ricavi entro un massimo di 10 milioni;
  • 0,5% dei ricavi per la parte compresa tra 10 milioni e 50 milioni;
  • 0,1% dei ricavi per la parte che supera i 50 milioni.

In conclusione il buono carburante può diventare un vero e proprio strumento di retribuzione per il quale sarà possibile dedurne fino al 100% del costo e portare a zero, su quella cifra, il cuneo fiscale per il dipendente. Una azienda con 100 dipendenti potrà erogare buoni benzina pe 25.823,00 sostituendoli alla retribuzione con il vantaggio del risparmio dei contributi previdenziali su quella cifra e soprattutto risparmiando € 6.197 di imposta.

 

10. Scaricare costi abiti, borse, abbigliamento e  trucchi per signora

Può sembrare un paradosso ma ogni imprenditore che si rispetti necessità di un abbigliamento consono alla propria posizione per le visite ai clienti, per le trattative, per essere, in qualche modo, anche immagine della propria azienda.

Facendo un passo indietro, però, tutti sanno che i costi aziendali, sono sempre deducibili al 100% se si rispetta il principio di inerenza, ovvero se sono strettamente legati e indispensabili per svolgere la propria professione.

Va da se che il camice di un medico, la toga per un avvocato, la tuta da operaio in un industria meccanica, l’abito talare per un prete, ecc. siano strettamente necessari ed indispendabili per svolgere le rispettive attività e, pertanto, i relativi costi saranno deducibili al 100%.

E se consideriamo, invece, il caso del commercialista, l’avvocato, il rappresentante o anche soltanto l’imprenditore che deve comprarsi l’abito, o la donna imprenditrice che acquista vestiti, borse e trucchi motivando i suoi acquisti con l’esigenza di mantenere un certo decoro per l’azienda, possiamo parlare di inerenza?

La risposta è NO, e non solo per il semplice motivo che tali abiti possono essere utilizzati promiscuamente sia per il lavoro che per la vita di tutti i giorni, perchè anche la deduzione del costo anche solo al 50%, potrà essere contestata da una verifica dell’Agenzia delle Entrate, infatti, quello che sembra mancare è proprio l’inerenza di tale costo all’attività svolta, così come definita in precedenza.

Optare per la deducibilità di tali costi anche solo al 50%, allo stato attuale, espone ad un sicuro rischio di contestazione in caso di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria a meno che…

Ci si deve giocare il Jolly, ovvero, devi essere in grado di documentare con prove certe che quell’abito che hai comprato ti sia servito effettivamente per lavoro. Un po’ come il vestito colorato per il clown!

Solo in questo modo puoi giustificare il tuo bisogno dell’acquisto di un abito e poterlo scaricare dalle tasse.

Ma come fare?

Semplice, una sentenza della cassazione ha dato ragione alla soubrette Belen Rodriguez che aveva portato in detrazione  dei particolari abiti indossati in tv, motivando la sua decisione di scaricarne fiscalmente il costo perchè, proprio quel tipo di abito, era richiesto per la partecipazione ad una particolare serata in televisione.

La giustificazione scritta, ovvero la richiesta di un dress-code particolare, emessa dall’emittente televisiva a favore della Rodriguez è servita come giustificativo per l’acquisto di quei particolari abiti a scopo lavorativo e di qui la sentenza favorevole alla soubrette.

Questo significa che per poter dedurre il costo di un abito al 50% (come da svariate sentenze della cassazione in materia), è necessario avere un giustificativo. Quindi, se sei un imprenditore, un rappresentante, un’agente di commercio, un medico, ad esempio, e sei stato invitato a partecipare ad una fiera, un meeting o un evento in particolare, è necessario che nell’invito sia espressamente richiesto un abbigliamento specifico, magari con l’obbligo di una giacca e una cravatta particolare che non possiedi.

Alla fattura che porterai al tuo commercialista o al ragioniere ricorda SEMPRE di allegare il giustificativo che ti richiede quel particolare abito, in questo modo avrai modo di avere una prova inconfutabile che quel vestito ti è servito per lavoro e la deduzione sarà quindi inattaccabile.

Stesso discorso per le donne se parliamo di borse, trucchi o abiti particolari. Un giustificativo è sempre necessario perchè provare a giustificare la deduzione di un abito con la sola esigenza che ti sia servito un abito elegante per curare le tue relazioni aziendali non ha mai funzionato e, diventerai attaccabile dal Fisco se riuscirai, in primo luogo, a convincere il tuo commercialista a inserire il costo tra quelli deducibili al 50%.

 

Conclusioni

Questo sono 10 metodi, un po’ meno conosciuti e pubblicizzati per risparmiare qualche migliaia di euro in tasse. Ma esistono molti altri metodi e strategie per pagare meno tasse legalmente, e restando in Italia, che potrai trovare nel mio libro e su questo blog.

Pagare meno tasse con una seria ed efficacie pianificazione fiscale è possibile, ma è necessario essere consapevoli che il Fisco può essere combattuto e sconfitto o, quantomeno arginato, solo con metodi e strategie legali.

Perdere tempo e denaro in false fatturazioni, deduzioni di costi inesistenti, società offshore, spostando la residenza in modo fittizio all’estero, può portare dei benefici immediati ma alla lunga ti espone al baratro! Non provarci, te lo dico per il tuo bene!

   

Pagare Meno Tasse

Se hai trovato interessante questo articolo, per approfondire, ti consiglio il mio libro "PAGARE MENO TASSE" che ti svelerà i segreti che i commercialisti ti tengono volutamente nascosti...

 

                       
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