Tutela del patrimonio immobiliare: quali strumenti sono efficaci e come sfruttarli

L’Italia è uno dei pochi Paesi al mondo in cui le persone fisiche, non appena si ritrovano con “quattro soldi in tasca”, o quando decidono di mettere su famiglia anche se sono senza denari, pensano, come prima cosa, ad acquistare la tanto amata “prima casa”.

L’immobile di proprietà è un must tutto italiano che ci accompagna dall’immediato dopoguerra quando, il diffondersi della ricchezza durante il boom economico, ha fatto aumentare progressivamente la possibilità di comprar casa fin da giovani.

Gli obiettivi di un tempo ormai andato ma non troppo, erano, per molti, sostanzialmente tre:

  • trovare una casa che li accompagnasse per la vita;
  • cercare e trovare un posto di lavoro stabile;
  • sposarsi e metter su famiglia.

L’acquisto della casa rappresentava un passaggio fondamentale nella vita di chi superava i 20 anni e poteva permetterselo, e un sogno o, ancor meglio, un obiettivo per quelli che dovevano lavorare sodo per poterci arrivare. Quasi il 50% dei figli del miracolo economico degli anni ’70, riusciva a comprare casa, già dal momento dell’uscita dalla famiglia dei genitori.

Una situazione che si è tramandata negli anni e che non è mutata nemmeno nel nuovo millennio, nonostante la crisi e la progressiva perdita del potere di acquisto della nostra moneta, specie con il cambio lira-euro, e l’aumento esponenziale del valore degli immobili fino al 2005.

Ad oggi, la sostanziale differenza, è che una volta usciti dalla casa dei genitori, non si rinuncia di certo all’acquisto della prima casa, ma lo si può fare soltanto indebitandosi (spesso a vita), con mutui ventennali o, addirittura, trentennali.

Questo significa che, nel nostro Paese, circa l’80% della popolazione vive in una casa di proprietà (fonte: IlSole24Ore), ma purtroppo solo in pochi, nonostante l’Italia sia il Paese delle Partite IVA e della piccola impresa, hanno pensato di proteggere il loro patrimonio immobiliare dall’attacco di eventuali creditori e dalle banche.

Prevedere che nella propria carriera imprenditoriale ci possa essere un periodo di crisi, dovrebbe essere una cosa normale e naturale, così come in molti pensano alla pensione integrativa o ad investire in strumenti finanziari per avere una certa solidità monetaria in età avanzata.

Ed invece, vuoi per scaramanzia, vuoi per ignoranza, vuoi per mancanza di stimoli e di pubblicità, si tende ad accumulare patrimoni immobiliari, in molti comprano addirittura la seconda casa al mare o in montagna, lasciando le proprie aziende sotto-capitalizzate, usando ed abusando, troppo spesso, dei fidi.

Trascurando, tra le altre cose, che proprio gli immobili sono tra i primi beni ad essere aggrediti dalle banche e dai creditori quando avvertono un periodo di vacche magre e quando l’azienda comincia a non fornire i risultati sperati.

Tra le varie credenze popolari, oltretutto, vige ancora quella che avendo l’immobile di proprietà, la banca sia più propensa a concedere credito agli imprenditori, anche se questo paradigma viene ormai smentito, sistematicamente, dalle nuove procedure di concessione del credito che si basano, non tanto sul patrimonio personale del richiedente, quanto sulla capacità di restituzione di quanto prestato, sulle prospettive, sul rating, e su altri dati che poco hanno a che fare con gli immobili dell’imprenditore.

Resta da capire quali siano i motivi che portano gli imprenditori italiani a tralasciare, o rimandare fino a quando non sia troppo tardi, la tutela del proprio patrimonio immobiliare: forse perchè si parla poco di questo tipo di strumenti, forse perchè tali istituti tendono a far si che la persona fisica si “spossessi” del proprio immobile per inserirlo in uno schema più articolato di cui non si conoscono potenzialità e rischi, o anche solo per pigrizia o per mancata fiducia…

Resta il fatto che, normalmente, si cominci a pensare alla protezione dei propri immobili quando i campanelli di allarme stanno già suonando da un po’, e si agisca, concretamente, solo nel momento in cui i creditori hanno già iniziato le procedure per aggredire quanto ancora incautamente nelle mani dell’imprenditore.

Ed ecco che a quel punto saltino fuori le idee più strampalate, spesso illegali, le soluzioni più assurde per difendere, almeno in parte, il proprio patrimonio… Soluzioni del tutto inutili e, spesso, dannose perchè quando arrivano le azioni esecutive è ormai troppo tardi…

Anche se ci si dovesse spossessare degli immobili poco prima, le successive azioni revocatorie farebbero tornare tutto nella situazione iniziale, dando così la possibilità a creditori, banche, finanziarie e società di leasing di soddisfare i propri crediti sulle spalle, e alla faccia, dell’incauto “imprenditore e proprietario immobiliare di successo“.

Vediamo, invece, cosa potrebbe fare il nostro “imprenditore di successo” per proteggere, per tempo, il proprio patrimonio immobiliare e quali soluzioni, invece, dovrebbe evitare perché obsolete, superate, non adatte o, in certi casi, addirittura farlocche e controproducenti.

Indice:

 

Tutela del patrimonio immobiliare: le soluzioni inefficaci e obsolete

Protezione e tutela patrimonio immobiliareLa tutela del patrimonio immobiliare si configura attraverso una serie di operazioni con l’ausilio di strumenti ad hoc che consentono di mettere al riparo, il proprietario, da eventuali azioni intraprese dai privati e dallo Stato nei suoi confronti.

Non parliamo di sottrarre i beni al pagamento delle imposte o dei crediti insoluti, ma parliamo di operazioni fatte in bonis, ovvero, nel momento in cui non si configura alcun rischio, o eventuale problematica, di natura debitoria da parte di chi pensa di sfruttare questi istituti.

Partiamo da un presupposto fondamentale: per avere validità, qualsiasi operazione di protezione del patrimonio immobiliare deve avvenire quando l’autore di queste operazioni non ha problemi, né se ne configurano all’orizzonte.

Proprio in questo senso ho scritto, in bonis, perchè tali operazioni devono essere fatte, non per sottrarre denaro ai creditori in caso di problemi di liquidità aziendale né, tanto meno, per non pagare le imposte dovute.

Per prima cosa, il principio fondamentale del per cui ci si dovrebbe sentire al sicuro, senza se e senza ma, in caso di proprietà immobiliari, ad esempio, è il seguente:

“Se non ho alcuna proprietà immobiliare, non posso e non devo temere nulla”

E proprio alla luce di questa sacrosanta verità, l’unica vera tutela del proprio patrimonio immobiliare si realizza con lo spossessamento dei beni. Senza questo passaggio, fondamentale, qualsiasi tipo di operazione potrebbe essere nulla, o vanificata da successive azioni da parte dei creditori.

Questo è quanto dimostrato da alcune sentenze della Cassazione che hanno svuotato di significato la messa in atto, a tutela del proprio patrimonio immobiliare, dei seguenti strumenti:

  • Fondo patrimoniale: fino a qualche anno fa, era uno degli strumenti meno costosi e più sfruttati per proteggere i propri averi in caso di futuri debiti e, addirittura, di un eventuale fallimento. Consisteva, attraverso un atto notarile, in un vincolo posto su un bene immobile di proprietà per gli interessi meritevoli della famiglia. L’utilità del fondo patrimoniale era quella di separare, in qualche modo, i beni confluiti, nel fondo stesso, dal resto del patrimonio del sottoscrittore, rendendoli impignorabili e inaggredibili da eventuali creditori. Il motivo era molto semplice: si trattava di beni destinati alla famiglia e, pertanto, non avrebbero potuto essere oggetto di pignoramento. Tuttavia, le numerose sentenze della Cassazione affermando il contrario, hanno svuotato, in modo quasi definitivo, l’utilità di questo strumento, in quanto lo stesso, è in grado di limitare l’aggredibilità dei beni conferiti soltanto alla ricorrenza di specifiche condizioni. Lo stesso, sempre secondo la giurisprudenza attuale, rende più incerta o difficile la soddisfazione del credito, riducendo, conseguentemente, la garanzia generale ex art. 2740 c.c. spettante ai creditori. In origine, infatti, attraverso la costituzione di un fondo patrimoniale, veniva, in qualche modo, protetto quello che vi veniva inserito al suo interno, considerando quei beni destinati al soddisfacimento dei bisogni della famiglia e, pertanto, da considerarsi come un patrimonio separato. L’unica possibilità di poter agire su quei beni, per i creditori, era quella di dimostrare che il loro credito fosse maturato per esigenze strettamente familiari, quindi non, ad esempio, per debiti lavorativi, o di altro genere. Con il tempo però, proprio questo concetto è stato esteso, comprendendo, come debiti contratti per le esigenze familiari, anche quelli lavorativi considerandoli, in qualche modo, collegati alle esigenze familiari. Tra l’altro, la revocabilità di un fondo patrimoniale, può aver luogo anche in presenza di figli minori fatto salvo quelle ipotesi in cui si dimostri, in concreto, l’esistenza di una situazione particolare e meritevole di protezione nei confronti di chi ha stipulato il fondo come, ad esempio, la presenza di figli disabili o portatori di handicap. La revoca del fondo patrimoniale, stando a questi presupposti, è quasi sempre una certezza e diventa quindi inutile per la protezione del patrimonio immobiliare di chi lo stipula. Altro problema del Fondo Patrimoniale è rappresentato dal fatto che questo tipo di operazione viene considerata, a tutti gli effetti, un atto a titolo gratuito e, quindi, ancor più  facilmente revocabile.
  • Trust: se il fondo patrimoniale ha perso molta della sua efficacia e rappresenta un valido strumento a protezione del patrimonio immobiliare, solo a determinate condizioni, il trust, pur avendo ottenuto, nell’Ordinamento interno, piena legittimazione con la Legge 364/1989, resta uno strumento, spesso, revocabile nei casi in cui, ad esempio, il disponente sia il medesimo soggetto rispetto al trustee, nonchè il beneficiario. In questo caso, infatti, il beneficiario, di fatto, resta ancora il disponente ed appare evidente la natura non trasparente dell’istituto messo in piedi. Tra l’altro, lo scopo della segregazione del patrimonio che confluisce in un trust dovrebbe essere meritevole e degno di tutela e, in un caso come quello sopra citato sembra, invece, soltanto essere un pretesto per metterlo al riparo, in modo anche pretestuoso, dalle richieste dei creditori. Pertanto, il trust, può SEMPRE essere revocato, se non risulta esserci un motivo valido e degno di tutela per istituirlo e, ancor più facilmente, quando il disponente è la medesima persona di beneficiario e, addirittura, il trustee.
  • Donazione a moglie o figli: spesso, quando ci si trova in difficoltà, si pensa che donare l’immobile intestato, per farla breve, la casa in cui si vive, o anche una seconda casa, alla moglie, o ad uno dei figli, possa rappresentare la panacea di tutti i mali. Ci si spossessa del bene ma, di fatto, non lo si fa… Una cosa del tutto inutile perchè, da un punto di vista giurisprudenziale, in presenza di situazioni debitorie già in essere, la donazione risulta inefficace in quanto fatta con il preciso intento di arrecare un danno a chi è in credito col donatore. Tra le altre cose, i creditori stessi,  entro il primo anno dalla data della donazione, possono aggredire l’immobile “donato”, senza la necessità di porre in essere alcuna azione revocatoria. Trascorso un anno, ogni azione revocatoria, sarebbe comunque difficilmente opponibile, in quanto apparirebbe chiaro che l’unico intento della donazione sarebbe stato quello di aggirare i propri debiti e le proprie responsabilità. Altro problema: la donazione, così come il Trust e il fondo patrimoniale, è un atto a titolo gratuito e quindi facilmente revocabile. Diverso sarebbe il discorso per una vendita vera e propria che, a quel punto, sarebbe un atto a titolo oneroso e, pertanto, decisamente più sicuro, anche se mettere in piedi un negozio del genere, in una situazione già compromessa, specie con parenti stretti, è comunque assai rischioso;
  • Le polizze vita a premio unico: si sente spesso parlare di impignorabilità e issequestrabilità delle polizze vita e questo è vero ma a patto che si tratti di piani di accumulo non a titolo speculativo e sottoscritti in bonis, quindi, non in un periodo in cui lo stato debitorio del contraente sia già elevato ma, soprattutto, è fondamentale che questi contratti non vadano a discapito dei creditori. Va da se che un polizza vita, o un fondo pensione integrativo, stipulato in una situazione di serenità finanziaria e senza debiti, potrebbe in un futuro, fornire protezione in caso di problemi della propria impresa o debiti improvvisi. Così non è per polizze vita stipulate in fretta e furia con il solo intento di proteggere il proprio patrimonio quando ci si trova con posizioni debitorie già pericolose e molto esposti finanziariamente. Una polizza vita a premio unico, ad esempio, o che abbia caratteristiche di tipo speculativo, potrà essere pignorata da eventuali creditori. Ti starai chiedendo cosa c’entri questo con il patrimonio immobiliare… Te lo spiego immediatamente: molti imprenditori che si sentono furbi, nel momento in cui si trovano sommersi dai debiti, pensano bene di vendere la propria casa incassando i soldi per poi girarli in una polizza vita, basandosi sulla credenza popolare che questa non possa essere né revocata, né pignorata… Tutta questa è pura fantasia perché, anche una normale polizza vita (di norma impignorabile e issequestrabile), se stipulata in una situazione precaria, verrebbe vista in danno ai creditori e quindi potrebbe essere aggredita o revocata dalle azioni degli stessi.

Come hai potuto vedere, gli strumenti sopra descritti possono offrire una valida protezione del patrimonio immobiliare, solamente, se sfruttati nel modo corretto e in situazioni particolari.

L’utilizzo del Fondo Patrimoniale, ad esempio, o del Trust auto-dichiarato, se apparentemente sembrano mettere al riparo il tuo patrimonio, in realtà sono, ormai, impugnabili dai creditori, e di fronte all’azione revocatoria proposta, qualsiasi tribunale scioglie il vincolo, specie se questo danneggia chi avanza soldi e pretese legittime.

Riguardo le altre due soluzioni, direi che c’è poco da dire, nel senso che ci potrebbe anche stare il fatto di spossessarsi della proprietà immobiliare per metterla al riparo da eventuali future pretese dei creditori, ma questo andrebbe fatto prima che nascano i problemi…

Optare per queste soluzioni quando la situazione è sull’orlo del collasso o, addirittura, già compromessa, significherebbe soltanto perdere tempo e soldi mettendo in piedi una pratica illegittima e revocabile.

L’impignorabilità delle polizze vita è ormai leggenda metropolitana e la si attribuisce a qualsiasi contratto stipulato con una compagnia assicurativa senza nemmeno leggere che, solo in particolari casi specifici, si può godere di questa protezione.

 

Come realizzare una tutela del patrimonio immobiliare efficace

Per ottenere una tutela del proprio patrimonio immobiliare e non, è necessario prendere precauzioni per tempo, quando le posizioni debitorie non esistono, quando non ci sono creditori affamati che ti rincorrono e, soprattutto, quando la tua impresa non è sull’orlo del tracollo.

Una qualsiasi operazione fatta, anche con fondazioni e società estere, che parte da una posizione, già di per se traballante, è sempre a rischio di eventuali azioni revocatorie.

Purtroppo, come già detto, ma è bene ripeterlo, gli italiani hanno la pessima abitudine di cercare delle soluzioni per proteggere i propri immobili e tutto il resto del patrimonio, non sfruttando la prevenzione, ma soltanto in modo tardivo, quando le situazioni sono ormai compromesse.

Nei seguenti casi, addirittura, non è nemmeno possibile iniziare alcun tipo di operazione di tutela del patrimonio immobiliare e, nello specifico, quando:

  • sono già in corso notifiche da parte degli enti di riscossione per illeciti fiscali;
  • sono già in corso notifiche da parte degli enti di riscossione per tasse e IVA non pagata;
  • gli istituti di credito hanno già iscritto ipoteca giudiziale sugli immobili;
  • sono già presenti e notificati sequestri cautelari  o oltre operazioni che limitano l’operatività bancaria;
  • sono presenti contenziosi giudiziari con l’amministrazione finanziaria di natura economica.

Come dicono anche i dentisti “prevenire è meglio che curare” e mai frase risulta essere più azzeccata quando si parla di tutela del patrimonio immobiliare: una tardiva tutela patrimoniale potrebbe rappresentare, soltanto, una inutile via di fuga proposta da professionisti poco seri. Tali operazioni messe in piedi quando le posizioni sono già compromesse danneggiano, non solo il contribuente sotto scacco ma, alla lunga, anche il professionista che le propone.

Una tutela patrimoniale iniziata con colpevole ritardo, oltre a far buttar via soldi all’ignaro imprenditore in difficoltà, potrebbe sfociare in comportamenti spesso illeciti e punibili anche penalmente, oltre che concludersi con un nulla di fatto perchè, in presenza di posizioni debitorie, qualsiasi operazione potrà essere revocata dai creditori (privati, statali, o banche che siano).

Il consiglio che mi sento di dare a coloro i quali hanno intenzione di “fare impresa” è quello di agire con saggezza ed intelligenza nel momento stesso in cui si avvia l’impresa, quando si è “vergini e puliti” ma, soprattutto, senza debiti.

Mettere una netta barriera che separa i beni a rischio di impresa, quelli che potrebbero servire per ottenere maggior credito dagli istituti bancari, ad esempio, rispetto a quelli che si vuole far rientrare nel proprio patrimonio personale che dovrebbe essere inattaccabile, rappresenta il primo passo per poter dormire sonni tranquilli pur essendo imprenditore e quindi, perennemente a rischio.

E’ fondamentale aver chiaro il concetto che quando i debiti sono già presenti, anche se in capo all’impresa e non all’imprenditore, non è possibile fare nulla, perchè ogni operazione di tutela patrimoniale verrebbe vista come sottrazione di garanzie verso i creditori.

La prevenzione prima di tutto e, come secondo passaggio, sarà necessario “spossessarsi” del bene pur mantenendone i diritti di possesso e godimento.

Tra le soluzioni più sicure possiamo citare:

  • il conferimento a società non residente;
  • L’apertura di una LTD inglese a tutela dei propri immobili;
  • La società fiduciaria
  • Il Trust immobiliare
  • La holding familiare

 

Conferimento immobiliare a società estera

Come abbiamo detto, il modo migliore per proteggere il proprio patrimonio immobiliare è quello di spossessarsene quando le acque sono calme, che detta così, sembrerebbe un po’ la storiella dell’uovo di Colombo. Resta da capire in che modo potersi legalmente spossessare di un immobile pur mantenendone il controllo e godere di eventuali frutti o redditi che lo stesso produce.

Una buona soluzione, non inattaccabile perchè, è utile ancora una volta ricordare che qualora, qualsiasi operazione di questo tipo venisse fatta con posizioni debitorie già aperte, sarebbe comunque revocabile da eventuali creditori con le azioni esecutive mirate… dicevamo, una buona soluzione può essere che una società estera acquisti l’immobile dell’imprenditore situato in Italia.

Per “spostare“, in qualche modo, gli immobili detenuti in Italia, nella società estera, preservarli da un eventuale fallimento dell’imprenditore e, addirittura, ottenere un regime di tassazione agevolato, se parliamo di immobili che saranno poi ceduti in locazione, possiamo pensare al conferimento immobiliare presso una società non residente.

Partiamo col dire che, a differenza di altri strumenti quali il trust o il fondo patrimoniale, il conferimento presso una società estera è un atto a titolo oneroso e non gratuito, infatti, a fronte del trasferimento di proprietà dell’immobile presso la società oltre confine, il proprietario riceve in cambio una quantità di azioni equivalente al valore dell’immobile conferito.

Per validare questo genere di operazioni è SEMPRE necessaria la stipula di un atto notarile, in Italia, per consentire una corretta trascrizione del trasferimento dell’immobile a favore del corrispettivo pagato in azioni previo il pagamento delle imposte dovute:

  • imposta di registro: € 200 in misura fissa;
  • imposta ipotecaria e catastale: 3% del valore di stima immobiliare;

Le tariffe sopra indicate fanno riferimento al conferimento dell’immobile presso una società che abbia sede legale, o amministrativa, in un Paese UE. Per quel che riguarda il conferimento immobiliare presso società che ha la sede legale in un Paese Extra UE le imposte saranno:

  • imposta di registro: € 200 in misura fissa;
  • imposta ipotecaria e catastale: 9% del valore di stima immobiliare;

E’ facilmente intuibile che il costo di un’operazione di questo tipo sia piuttosto elevato, decisamente maggiore rispetto ad altre soluzioni come il fondo patrimoniale, il trust, e la donazione ma, anche per questo motivo, è molto più sicuro e performante perchè, tra le altre cose, consta in una cessione di un proprio bene presso un terzo, estraneo al proprietario, che non sia un familiare diretto, ad esempio (situazione tipica degli altri istituti sopra-citati), e sconta un prelievo fiscale importante che rende la segregazione e la separazione dal patrimonio personale, praticamente inattaccabile, a patto che l’operazione venga fatta in bonis, senza debiti già in essere o in previsione.

 

Apertura di una LTD inglese a tutela dei propri immobili

Sempre in tema di società estere, oltre al conferimento immobiliare presso una società già esistente, esiste un’altra soluzione molto performante e, soprattutto, da porre in essere in un Paese considerato sicuro, ovvero l’Inghilterra.

Al fine di tutelare in modo lecito il proprio patrimonio immobiliare e personale, uno strumento particolarmente utile può essere la costituzione di una Ltd inglese acronimo di Private Limited Company.

Una Ltd è l’equivalente di una SRL italiana in Inghilterra che può essere costituita con il solo scopo, legale, di proteggere e gestire il proprio capitale e patrimonio immobiliare mettendolo al riparo dai rischi connessi, eventualmente, all’attività di impresa di un imprenditore italiano.

Ripeto per l’ennesima volta, ma lo ripeterò anche parlandovi delle soluzioni successive, tutte queste forme di segregazione del patrimonio, hanno validità solo, ed esclusivamente, se poste in essere prima dell’insorgere di posizioni debitorie preoccupanti e, addirittura meglio, prima di aver aperto l’impresa in Italia.

La costituzione di una Ltd può, quindi, essere un valido strumento per l’imprenditore che rischia del proprio e che potrebbe, in un futuro più o meno prossimo, trovarsi in situazioni di insolvenza o fallimento, o per il professionista che, spesso, si prende la responsabilità di firmare delibere e certificazioni a suo rischio e pericolo rischiando, coi propri capitali, per eventuali danni cagionati da errori professionali, al socio di una società di persone che è responsabile in solido e illimitatamente delle obbligazioni della società, fino al comune cittadino che potrebbe voler salvaguardare il proprio patrimonio, anche e solamente, in caso di divorzio dall’altro coniuge.

La costituzione di una Ltd avrà, quindi, lo scopo principale di segregare il patrimonio personale rendendolo inaggredibile a chiunque, infatti, i beni di proprietà verrebbero venduti alla Ltd creando, presso la società di capitali inglese, un patrimonio completamente separato rispetto a quello dell’imprenditore stesso che perderebbe, quindi, la proprietà effettiva dei beni ceduti.

Proprio grazie al fatto che ci si spossessi dei beni venduti alla Ltd verrebbe a cessare qualsiasi tipo di rischio, sempre e solo relativamente a tali beni, che non potranno, in nessun modo, essere attaccati dai creditori, dal Fisco e dagli istituti di credito.

Per aprire una Ltd in Inghilterra non serve particolare burocrazia o capitali ingenti, saranno sufficienti poche decine di sterline, il passaporto in copia, e dar prova di residenza nel Paese attraverso la presentazione di una bolletta di qualche utenza, l’estratto conto bancario, o qualche particolare abbonamento che certifichi la veridicità delle informazioni fornite.

Va da se, che per effettuare un’operazione di questo genere sia necessario rivolgersi ad una agenzia specializzata in questo tipo di pratiche, perchè il “fai da te” è altamente sconsigliato e si potrebbero incontrare parecchie difficoltà per richiedere la partita IVA, aprire un conto e anche, e solo, il semplice colloquio con le autorità inglesi potrebbe risultare problematico.

I vantaggi di una società di questo genere sono i seguenti:

  • brevi tempi costituzione e bassi costi di gestione della società;
  • responsabilità patrimoniale limitata al capitale sociale;
  • capitale sociale minimo anche e solamente di 1 sterlina;
  • detrazione e deduzione piena delle spese inerenti il business;
  • contabilità semplificata;
  • tassazione favorevole;
  • nessun obbligo VAT fino ad un fatturato di  £ 85.000 per anno;

Per poter beneficiare di questi vantaggi, e proteggere i propri immobili in modo sicuro mettendoli al riparo da qualsiasi possibile problematica, è bene rivolgersi a degli esperti del settore perchè, le allettanti prospettive britanniche relative all’apertura di una Ltd, potrebbero trasformarsi in un imbuto senza via di uscita se le cose venissero fatte da gente poco esperta.

Ad esempio, tra i più grossolani errori di chi apre una società all’estero c’è quello di mettersi in prima persona come socio amministratore della società pensando di poter sfuggire completamente al Fisco ed alle imposizioni italiane.

Nulla di più sbagliato perchè, anche se la società estera avrà sede ed uffici oltre confine, resterà pur sempre una società estera intestata ad un contribuente italiano che dovrà, se resterà fiscalmente residente in Italia, continuare a fare il modello Unico pagando le imposte in Italia, sfruttando le svariate convezioni contro la doppie imposizioni per non trovarsi a dover pagare due volte le tasse (in Italia e in UK).

Infatti, a maggior ragione grazie alle nuove norme legate alla trasparenza britannica, è obbligatorio per i residenti italiani la compilazione del quadro RW del modello Redditi Persone Fisiche (ex modello Unico) per la comunicazione di possesso di attività finanziarie oltre confine, eliminando il rischio che certi schemi possano essere utilizzati per motivi di evasione fiscale.

 

La società fiduciaria

Una soluzione legale per proteggere il patrimonio immobiliare di un imprenditore, può essere, senza ombra di dubbi, la società fiduciaria, una delle migliori e più efficaci alternative in materia di tutela patrimoniale che offre privacy e segregazione dei beni immobiliari e mobiliari.

E’ una soluzione poco utilizzata nel nostro Paese, vuoi per diffidenza, vuoi per scarsa conoscenza della normativa di riferimento e, ancora, perchè non la si considera un mezzo completamente legale e sicuro.

Nulla di più sbagliato, perchè una società fiduciaria, italiana o estera che sia, resta una opportunità perfettamente legale, nonchè semplice, da mettere in atto, da gestire, e con costi contenuti, che crea un vero e proprio muro per la tutela del proprio patrimonio immobiliare.

Nel contratto fiduciario esiste una distinzione netta (giuridica e di fatto) tra il reale diritto di proprietà dei beni e la mera intestazione formale dei medesimi.

Quel che è visibile, a terze parti, di un contratto fiduciario è soltanto la formale intestazione dei beni, ovvero presso la società fiduciaria, ma non il reale proprietario che, in forza del contratto stipulato, ha il diritto di demandare, secondo sue indicazioni, la gestione dei beni alla società fiduciaria che avrà, altresì, l’obbligo di rendicontare al proprietario qualunque movimento, o operazione, relativa ai beni conferiti.

Le società fiduciarie, quindi, non potranno mai alienare un bene, se non per espressa volontà del fiduciante e non hanno alcun tipo di potere sui beni stessi, se non quello di gestirli su precisa e dettagliata indicaziione del reale proprietario che ne percepirà anche i relativi frutti.

Il guadagno, per la società fiduciaria, sta nel compenso pattuito per l’interposizione tra il reale proprietario e i suoi beni, cosa che rende difficile, se non impossibile, grazie ad una sorta di vincolo di riservatezza, risalire, per eventuali creditori, all’identità del reale proprietario.

Di per se, la società fiduciaria non assicura intromissioni da parte di terzi che vogliono far valere i propri diritti sui beni del reale proprietario, ma rende, praticamente impossibile, il trapelare di qualsiasi tipo di informazioni sui tali beni garantendo privacy e riservatezza nei confronti di eventuali creditori insoddisfatti, partendo dal semplice principio che sia, quantomeno difficile, aggredire qualcosa di cui non si conosce l’esistenza.

Sfruttare una società fiduciaria, italiana o estera che sia, è una operazione legale ma anche sicura, in quanto non esistono motivi per cui questa venga meno ai propri obblighi contrattuali, calcolando che la natura stessa di queste società è proprio quello di gestire, amministrare e schermare i beni dei loro contraenti.

Detto questo, per il reale proprietario dei beni vige la garanzia assoluta di poterne disporre sempre, in qualunque momento, solo avanzando una semplice e formale richiesta alla società.

Lo scopo principale di una fiduciaria è quindi quello di mettere una sorta di schermo tra il reale proprietario e il suo patrimonio, e questo può servire ad evitare che chiunque possa monitorare i beni del fiduciante ed entrare in possesso di importanti informazioni qualora intendesse, trovandosi nella posizione di creditore insoddisfatto, aggredirli.

Solita manfrina… come il resto delle operazioni a tutela del patrimonio, anche l’utilizzo di una società fiduciaria deve configurarsi prima della comparsa di eventuali debiti.

 

Il trust immobiliare

Nel secondo paragrafo di questo articolo ti ho sconsigliato il trust come metodo di protezione del patrimonio immobiliare perchè, troppo spesso, si tende a pensare che questo istituto possa segregare, i beni contenuti al sui interno, in qualsiasi caso, giusto per il fatto che venga posto in essere.

La realtà è diversa, come scritto, il trust auto-dichiarato può essere facilmente impugnato dai creditori che possono chiedere ed ottenere la revocatoria dello stesso perchè inteso come strumento, a titolo gratuito, posto in essere solamente per distrarre il patrimonio del debitore.

Detto questo, passiamo, invece, a descrivere le modalità corrette del conferimento di proprietà immobiliari in un trust allo scopo di:

  • organizzare e gestire in maniera ordinata una eventuale successione;
  • proteggere i beni dall’aggressione di futuri e potenziali creditori;
  • ottimizzare la fiscalità successoria rispettando in pieno le leggi.

Riguardo le successioni, il trust è uno strumento utilissimo nella gestione delle eredita, specie nei casi in cui le famiglie siano particolarmente articolate, avendo, come finalità ultima, quella di tenere unito il patrimonio immobiliare della famiglia stessa.

Nello specifico, nell’ambito di un trust immobiliare, il disponente cede la proprietà, o la nuda proprietà dell’immobile, alla ricerca delle migliori condizioni per il beneficiario, o per il disponente stesso, per poterlo utilizzare o trarne i suoi frutti, senza averne il possesso.

L’immobile inserito all’interno del trust potrà essere affittato, venduto, dato in usufrutto seguendo le regole indicate nell’atto di costituzione del trust stesso.

E’ importante sottolineare che, affinchè esista una vera e propria segregazione, e l’immobile possa essere considerato inaggredibile, è necessario che disponente, non sia anche il beneficiario, se non addirittura il trustee. Per farla breve, perchè il trust possa avere il suo effetto disgregativo è necessaria la completa uscita di scena del reale proprietario dell’immobile, ovvero, il disponente.

Mi rendo conto che sia un concetto complesso da far capire a molti imprenditori e proprietari immobiliari, ma la protezione che può garantire il trust al patrimonio segregato, deriva dal fatto che i beni al suo interno non siano più nelle proprietà del disponente e, pertanto, non disponibili per una eventuale aggressione di creditori insoddisfatti.

Nel caso di un immobile, nello specifico, il disponente potrebbe limitarsi a disporre in trust la nuda proprietà conservando il diritto di usufrutto o di abitazione. A tal proposito, è fondamentale ricordare che:

  • nel caso in cui avvenga il trasferimento dell’intera proprietà al trustee (persona diversa dal disponente), sarà il trustee stesso a dichiarare il reddito derivante dall’immobile e pagarne le relative imposte;
  • nel caso in cui, invece, avvenga soltanto il trasferimento della nuda proprietà al trustee e il disponente conservi l’usufrutto, o il diritto di abitazione presso l’immobile, dovrà essere lo stesso disponente a dichiarare i redditi relativi all’immobile nella propria dichiarazione annuale;

Per quanto riguarda un discorso di protezione dell’immobile, il passaggio dell’intera proprietà al trustee metterebbe al sicuro il bene contro qualsiasi rivendicazione di eventuali creditori, mentre, il solo trasferimento della nuda proprietà al trustee, renderebbe aggredibile l’immobile da eventuali creditori nel caso in cui il disponente mantenga l’usufrutto.

Col diritto di abitazione direi di no, anche se sarebbe opportuno farsi consigliare, caso per caso, da professionisti esperti, evitando il cosiddetto “fai da te“.

 

Il trust immobiliare maltese

Dopo aver esaminato nel dettaglio il trust immobiliare, possiamo passare ad una soluzione pratica e conveniente per veder tutelato in modo forte e solido il patrimonio immobiliare, ovvero la costituzione di un trust immobiliare in territorio maltese.

Perchè scegliere Malta per costituire un trust? In primo luogo, perché Malta dispone di una normativa ad hoc, relativa ai trust, che si rifà sul modello anglosassone a differenza, ad esempio, del nostro Paese in cui il trust viene riconosciuto ma non esistono specifiche normative in merito, se non qualche sentenza della Cassazione che si è occupata, più di come revocare e impugnare questo tipo di istituto che non di regolamentarlo.

L’istituzione di un trust a Malta può essere vista come l’opportunità di poter sfruttare un potente strumento per provvedere alla protezione dei propri immobili, per la pianificazione successoria, per la tutela di minori o figli portatori di handicap, in un giurisdizione particolarmente propensa a questo tipo di operazioni, mantenendo una assoluta privacy e confidenzialità.

Malta dispone di soggetti regolamentati che operano come trustees e che svolgono attività fiduciarie, e questo mette il potenziale disponente nelle migliori condizioni per poter effettuare un’operazione difficilmente impugnabile da eventuale e futuri creditori se fatta nei tempi e col metodo adatto. Per cui, oltre alla completa segregazione del patrimonio si aggiunge una totale riservatezza che rende quasi impossibile, per chiunque, risalire alla titolarità dei beni conferiti in un trust maltese.

Anche i costi di apertura e gestione di un trust a Malta possono ingolosire, infatti, molto dipende dalla natura e dal valore dei beni che si intendono conferire, così come anche da dove questi siano ubicati e a chi siano intestati (persone fisiche o società) ma, in linea di massima, per un trust che non preveda particolari procedure o valutazioni, il costo di apertura si aggira intorno ai 5.000 euro e la gestione annuale dovrebbe costare all’incirca lo 0,25% del valore dei beni conferiti.

Chiaramente, tutto dipende dal valore dei conferimenti, infatti, per assets di valore particolarmente significativo sono previste formule a forfait annuale.

 

Il trust immobiliare inglese

Dopo aver esaminato il trust maltese, molto competitivo per i suoi costi di istituzione e per la privacy, quasi anonimato, passiamo ora al trust inglese, ovvero, il trust che è possibile costituire nella vera e propria patria del trust che, come già ribadito più volte, è un istituto di diritto tipicamente anglosassone.

Scegliere l’Inghilterra come destinazione per istituire un trust a tutela del proprio patrimonio immobiliare significa, quindi, andare alla fonte e rivolgersi ad una giurisdizione specializzata in materia, infatti, nello specifico, il trust è un istituto che nasce e si sviluppa proprio in UK.

Questo significa che, nel corso degli anni, la giurisprudenza, in materia di trust, nei Paesi anglosassoni è stata copiosa e, pertanto, i giudici inglesi, forti di regole precise e circostanziate sono particolarmente favorevoli a riconoscerne la validità quale strumento per la protezione patrimoniale.

A tal proposito, infatti, è ammessa azione revocatoria solo nei casi di grave frode! Tradotto in altri termini, sarà possibile revocare e rendere nullo un trust inglese solo se costituito per fini illeciti o di riciclaggio.

Da un punto di vista fiscale, la costituzione di un trust inglese consente la separazione dei beni conferiti dal proprio patrimonio personale, pertanto, i redditi prodotti dai beni verranno tassati in Inghilterra e non faranno cumulo coi redditi in Italia del disponente, consentendo anche un notevole risparmio in termini di una eventuale successione con l’abbattimento quasi completo delle imposte.

Il trust costituito in Inghilterra, non paga imposte sui redditi societari, così come in Italia, ed è soggetto alla Income tax e alla Capital Gain tax.

La prima si paga solo se il trust produce un reddito, quindi, nel caso di un immobile sfitto non inciderebbe, mentre la Capital Gain tax viene richiesta nel momento in cui avviene l’alienazione dei beni conferiti e si genera una plusvalenza superiore a:

  • £ 11.700 quando il beneficiario è persona portatrice di handicap o orfano;
  • £ 5.850 negli altri casi;

Ma l’aspetto più rilevante, in termini di tassazione, è che per l’apertura di un trust a Londra, ad esempio, non è prevista alcuna imposta di registro se i beni conferiti al suo interno non superano il valore di £ 325.000.

Per poter aprire un trust immobiliare in Inghilterra è necessaria una sede fisica nel Paese anglosassone (registered office) e un patrimonio da conferire (immobili).

E’ necessario che il trustee abbia un conto corrente bancario in Inghilterra ma, proprio riguardo alla figura del trustee, è fondamentale comprendere come siano presenti sul territorio numerose società che offrono questo servizio, mettendo al riparo gli eventuali disponenti interessati da rischi e/o gravi errori che potrebbero rendere poco efficace questo istituto.

 

La holding familiare

La holding familiare è una tipologia di società con uno scopo, non propriamente commerciale, ma con la funzione di tutelare il patrimonio della famiglia, segregandolo e tenendolo separato dalle problematiche di tipo personale.

Grazie alla holding di famiglia è anche possibile gestire al meglio, da un punto di vista fiscale, il passaggio generazionale del patrimonio, in modo da evitare alla fonte eventuali controversie tra eredi circa la spartizione dei beni del defunto.

E’ possibile costituire una holding familiare sfruttando, sia una società di persone (società semplice, SAS e SNC) che le società di capitali (SRL, SPA, SAPA).

Sembra un paradosso ma nel caso della holding di famiglia possono essere assai vantaggiose anche le società di persone, specie in termini di burocrazia ma, soprattutto, per quanto riguarda i casi di successione o donazione a favore dei discendenti per cui vige il regime dell’esenzione da imposizione, a patto che gli eredi si impegnino a proseguire per almeno 5 anni l’attività aziendale.

Una holding immobiliare, ad esempio, può essere una soluzione valida per garantire protezione del patrimonio, che verrebbe così messo in cassaforte, con ulteriori vantaggi legati alla gestione e fiscalità dei beni conferiti al suo interno.

Partiamo dal presupposto che una holding immobiliare non svolga alcuna attività di impresa commerciale, né artigianale, cosa permessa dal 1995 quando lo stato Italiano ha regolamentato una tendenza già in essere, ovvero quella di costituire delle società semplici (s.s.) che servivano solo da cassaforte immobiliare con le false spoglie di società commerciali che esercitavano compravendite immobiliari ma che, in pratica, svolgevano, soltanto attività di gestione immobiliare.

Il Fisco ha così riconosciuto la valenza di tali semplici società immobiliari, non commerciali, ma costituite per la semplice gestione dei beni immobiliari il cosiddetto “godimento immobiliare“.

L’attività di semplice godimento immobiliare può essere applicata soltanto alle s.s., ovvero, alle società semplici, non SAS o SNC.

Tra i vantaggi della società semplice immobiliare di mero godimento possiamo citare il fatto che tale soggetto giuridico ha piena capacità di essere titolare di qualsiasi tipo di diritto e di bene e può svolgere la funzione di aggregare le ricchezze di più persone fisiche, il che consentirebbe una gestione unitaria del patrimonio, ad esempio, di una famiglia.

Nelle cause di spartizione ereditaria evita le comproprietà immobiliari che spesso generano disordine e dispute, facilitando notevolmente la pianificazione successoria.

Da un punto di vista della protezione del patrimonio da eventuali attacchi di creditori e/o banche e Fisco, è possibile che le quote sociali siano detenute da società estere, con la funzione di fare da schermo tra il reale proprietario dell’immobile e i creditori. Chiaramente, per mettere in piedi uno schema di questo genere, e perchè si faccia tutto nella legalità, è consigliabile rivolgersi ad esperti del settore.

La tassazione di tale società, se la stessa risulta, soltanto, di mero godimento di immobili non svolgendo attività di impresa, è equiparabile a quella delle persone fisiche che dichiarano redditi fondiari.

Infine, i bassi costi di gestione e la semplicità della forma, consentono l’effettuazione di conferimenti senza necessità di perizie o altre lungaggini e costose pratiche burocratiche.

E’ utile sottolineare che la stessa disciplina si applica ad immobili concessi in locazione, il reddito prodotto dalle locazioni sarebbe, comunque, considerato un reddito fondiario e non un reddito di impresa.

 

Detenzione indiretta del patrimonio immobiliare

In merito al patrimonio immobiliare di cui una famiglia dispone, è doverosa una scelta iniziale riguardante la gestione dei beni, in particolare, la detenzione e gestione diretta oppure affidata a terzi mediante delega.

Riguardo la detenzione diretta del patrimonio, le varie opzioni disponibili sono differenti a seconda del diverso grado di coinvolgimento del titolare e il ruolo relativo alla gestione ed accrescimento dello stesso.

Una corretta gestione del patrimonio deve avere le seguenti finalità:

  • ottimizzazione fiscale e giuridica;
  • integrità e sviluppo del patrimonio stesso;
  • protezione da qualsiasi evento esterno che potrebbe colpire il titolare.

Le migliori soluzioni, per dirla molto semplicemente, sono quelle che riescono a garantire il patrimonio dai rischi giudiziari e dalle innumerevoli tasse e imposte che gravano su di esso, senza però dimenticarsi che non è consigliabile costruire schemi troppo complessi per evitare lungaggini burocratiche e complicazioni che possono minare lo sviluppo del patrimonio stesso.

L’elemento centrale, quello da cui non si deve prescindere, però, deve essere la riservatezza che è il primo passo per garantire la protezione dell’integrità patrimoniale.

Come detto, la detenzione del patrimonio immobiliare può essere realizzata direttamente in capo al titolare, oppure, indirettamente facendo ricorso a soluzioni specifiche che consentono formalmente, di trasferire la titolarità e la gestione effettiva presso un diverso soggetto, anche fuori dai confini nazionali.

In termini di segregazione e protezione del patrimonio, il trasferimento ad un diverso soggetto, rappresenta una soluzione valida ed efficace contro i rischi che possono intaccare i beni come, ad esempio: le azioni dei creditori, i cambiamenti del quadro normativo che possono mettere in discussione l’integrità del patrimonio e la condotta non proprio lineare del proprietario che potrebbe indebitarsi o avere gravi problemi con la giustizia per cause esterne.

Tra l’altro, un vero e proprio “distacco” tra il titolare e il proprio patrimonio, garantisce maggior riservatezza e, di conseguenza, miglior protezione: tale distacco può essere realizzato concretamente attraverso particolari strumenti giuridici come le soluzioni indicate in questo articolo.

La detenzione indiretta del patrimonio immobiliare, sfruttando una società fiduciaria, ad esempio, consente un maggior livello di neutralità civile e fiscale e da la possibilità di implementare alcune strategie che consentono un corposo risparmio fiscale e la crescita stessa del suo valore.

Il principio fondamentale su cui si basano questi strumenti è quello della:

Maggior distanza tra patrimonio e titolare = maggior protezione e riservatezza

Che deve diventare un mantra per tutti quelli che hanno intenzione di mettere al riparo i propri immobili da qualsiasi problematica futura: sfruttare uno strumento di “separazione” e farlo nel modo corretto e nei tempi giusti rappresenta l’unica soluzione possibile per la realizzazione di una corretta tutela patrimoniale.

   

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1 Comment
FRANCESCO

Luglio 12, 2022 @ 16:02

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ARTICOLO MOLTO INTERESSANTE

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