Versamenti ingiustificati e rischio di controlli sul conto corrente
L’eterna lotta tra l’Agenzia delle Entrate e chi evade il Fisco è una lunga ed interminabile battaglia che vede, da una parte l’Amministrazione Finanziaria disporre di strumenti sempre più sofisticati e dall’altra, troppo spesso, piccoli contribuenti indifesi spesso rivoltati come calzini e vessati da imposte e controlli talvolta soffocanti.
Superanagrafe, risparmiometro, software di ultima generazione e potenti sistemi informatici che gestiscono la qualinque banca dati a disposizione del Fisco, consentono di controllare ogni movimento finanziario, non solo di società ed aziende, ma anche del singolo contribuente persona fisica.
Un enorme flusso di informazioni dato in pasto ad avanzati algoritmi che confrontano il saldo del conto corrente con quello dell’anno precedente, verificano ogni operazione bancaria, valutano depositi e prelievi effettuati e incrociano i risultati: il tutto per mettere in luce situazioni ambigue in cui si presume che il contribuente abbia qualcosa da nascondere al Fisco.
In questo clima, atto a contrastare l’evasione e il riciclaggio di denaro, è necessario prestare molta attenzione a ciò che si deposita sul proprio conto corrente: di regola, ogni versamento deve essere giustificato e trovare corrispondenza nella dichiarazione dei redditi, altrimenti, è alta la probabilità di incappare in controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate. Se un tempo si potevano accreditare somme di denaro senza preoccuparsi di nulla, oggi è indispensabile gestire il proprio conto corrente con intelligenza ed oculatezza.
Non si tratta di un allarmismo ingiustificato visto che la Cassazione ha condannato, giusto a gennaio del 2019, un contribuente che non ha saputo fornire una plausibile giustificazione ad una serie di versamenti sul proprio conto corrente. La legge prevede che qualora il denaro depositato non abbia una provenienza attendile e una chiara documentazione che dimostri a che titolo sia stato versato, debba considerarsi un reddito non dichiarato.
Al legislatore poco importa se tale reddito risulta tassato alla fonte oppure è esente da imposizione fiscale, ciò che conta veramente è il fatto di poter dimostrare a che titolo tale somma sia stata accreditata sul conto. L’unico vantaggio, se così vogliamo chiamarlo, di questa circostanza è che il correntista poco accorto sarà costretto a pagare per la sua “imprudenza” vedendosi tassata la somma contestata, risparmiandosi, comunque, qualsiasi altra problematica di tipo penale per evasione fiscale.
Vediamo di capire con esattezza quando si vengono a creare situazioni di versamenti ingiustificati sul conto corrente che possono, in qualche modo, allertare le Autorità Fiscali e mettere nei guai il contribuente.
Indice:
- La presunzione di reddito relativa ai versamenti sul conto
- Versamenti ingiustificati
- Versamenti giustificati
- Soglie di allerta
- Giustificare i versamenti con prove scritte
- Quali rapporti sono soggetti a controlli?
- Anche i conti correnti esteri sotto la lente del Fisco
- Nessuna condanna penale per i versamenti ingiustificati sul conto corrente
La presunzione di reddito relativa ai versamenti sul conto
Per evitare che somme derivanti da evasione fiscale, lavoro in nero, contratti di locazione non registrati e, in generale, da attività illecite finiscano sul conto corrente, la legge chiede al contribuente di tenere traccia della provenienza di qualunque versamento effettuato.
Quindi, per tutto quel denaro versato che non trova corrispondenza alcuna in dichiarazione dei redditi, è necessario conservare la documentazione o, comunque, tenere una traccia che possa ricondurci all’origine e alla provenienza. In caso contrario, potrà essere considerato un reddito non dichiarato e, di conseguenza, soggetto a tassazione in caso di controlli.
Versamenti ingiustificati
Veniamo al nocciolo della questione e scopriamo quali versamenti possono far scattare il campanello d’allarme del Fisco. Come abbiamo detto, in linea di massima, i versamenti (soprattutto quelli in contanti) possono attirare l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate. Prendiamo, ad esempio, il fenomeno degli affitti in nero, con il locatore che riceve i compensi concordati in contanti senza dichiarare nulla. Se il proprietario dell’immobile deposita gli introiti sul proprio conto corrente, a seguito di un accertamento fiscale sarà costretto dimostrare la provenienza di quelle somme e giustificarne il mancato inserimento in dichiarazione dei redditi. In una situazione simile, il soggetto difficilmente riuscirà a difendersi dalle accuse.
Stesso discorso può valerere per il lavoratore autonomo che percepisce incassi in nero per le sue prestazioni, oppure il dipendente che prende parte della retribuzione fuori busta paga o, addirittura, l’intero compenso in nero. Immaginiamo, ad esempio, un soggetto che risulta disoccupato e non presenta alcuna dichiarazione dei redditi: è chiaro che eventuali somme di denaro depositate sul proprio conto corrente sarebbero ritenute alquanto sospette. Questo non sta a significare che, necessariamente, finirà per ricevere un accertamento fiscale, ma è un’evenienza da tenere in considerazione.
Se i versamenti per affitti e lavoro in nero sono effettivamente il frutto di evasione fiscale, in altre situazioni la persona potrebbe agire in perfetta buona fede. È il caso dei bonifici ricevuti per un eventuale prestito da un parente, oppure una donazione. Per evitare questioni con il Fisco è opportuno attestare il ricevimento del denaro tramite scrittura privata.
Spesso si dà per scontato che una donazione, una somma di denaro ricevuta dai propri genitori, o dai parenti, per il proprio compleanno, o in occasione delle nozze, non comporti alcuna conseguenza. In realtà, per l’Agenzia delle Entrate, si tratta di normali bonifici effettuati da terzi, o peggio, versamento di denaro contante di cui non si conosce la provenienza quindi, sarebbe sempre opportuno poter dimostrare a che titolo è stato ricevuto il denaro per non subirne la tassazione.
Un lavoratore dipendente che vede accreditato mensilmente lo stipendio potrebbe essere sottoposto ad accertamenti se dovesse depositare ulteriori somme di denaro, oltre allo stipendio, con una certa frequenza. La presunzione di un secondo lavoro in nero è piuttosto palese in questo caso anche se, non si dovrebbe temere nulla disponendo della documentazione necessaria a dimostrare la fonte del denaro (se lecita) e il motivo del pagamento ricevuto.
Versamenti giustificati
Esistono poi, tutta una serie di situazioni in cui vengono depositate somme di denaro sul conto corrente, che non devono far preoccupare il contribuente per nessun motivo al mondo. Ad esempio, un libero professionista che fattura una regolare parcella ad un cliente e riceve il pagamento in contanti, può depositare il corrispettivo in banca in totale tranquillità. L’eventuale verifica dell’Autorità Fiscale non farà altro che accertare la corrispondenza tra la dichiarazione dei redditi presentata dal professionista e le somme di denaro depositate sul conto corrente.
Muovendosi nell’assoluta legalità e trasparenza sarà possibile dormire sonni tranquilli; anche qualora dovesse partire un accertamento, chi ha conservato con cura la documentazione per la tracciabilità del denaro ricevuto non avrà motivo di preoccuparsi.
Soglie di allerta
L’attenzione del fisco viene maggiormente sollecitata quanto più alte sono le somme di denaro depositate sul conto corrente. In particolare le soglie che possono “far accendere il campanellino rosso” del Fisco:
- depositi superiori a 3.000 euro: i versamenti riguardano, sia denaro contante depositato sul conto che su libretti di deposito al portatore (bancari o postali) e titoli al portatore anche in valuta estera. In questi casi è necessario utilizzare strumenti che siano tracciabili e non è consentito dividere il pagamento in più versamenti;
- 10.000 euro per operazioni di money transfer e assegni.
Per contrastare il terrorismo e per finalità di antiriciclaggio, sono messi sotto controllo i depositi mensili di importi pari, o superiori, a 10.000 euro. Ciò è valido anche se la somma risulta frutto di operazioni cumulative compiute nel corso del mese e dallo stesso soggetto con versamenti multipli o singoli a partire dai 1.000 euro.
Giustificare i versamenti con prove scritte
Arrivati a questo punto appare evidente come per trovarsi nel giusto sia fondamentale possedere, e conservare, qualsiasi tipo di documentazione che possa accertare la provenienza del denaro depositato sul conto corrente. Il contribuente accorto, che avrà inserito tutte le somme depositate in dichiarazione dei redditi, non dovrebbe nemmeno essere soggetto ad alcun accertamento.
In caso contrario le somme depositate possono essere considerate dal Fisco come versamenti ingiustificati e, pertanto, corrispettivi imponibili da sottoporre a regolare tassazione. Ricordiamo che l’Amministrazione Finanziaria può eseguire controlli a ritroso fino a 7 anni indietro per i versamenti ritenuti sospetti.
Un’adeguata documentazione scritta è ciò che può scagionare il soggetto e dimostrare la sua buona fede e la lecita provenienza del denaro versato ma è utile ricordare che in tutte le controversie col Fisco vige il principio della “presunzione di colpevolezza”, ovvero, se si viene sottoposti ad accertamento fiscale si è sempre colpevoli, salvo prova contraria. Il contribuente dovrà quindi fornire adeguata documentazione per dimostrare che:
- le somme finite sotto la lente del Fisco sono esenti da imposizione fiscale poiché frutto di donazioni, prestiti o risarcimento danni. Una scrittura privata con data certa fuga ogni ragionevole dubbio e mette al riparo da eventuali provvedimenti fiscali;
- Il denaro depositato è già stato tassato alla fonte: l’esempio più lampante sono le vincite al gioco. In questi frangenti è bene precisare che i premi ritirati in contanti, oppure accreditati online sono, tutti, già sottoposti a prelievo fiscale. Oltretutto, per somme superiori a 999,99 euro il pagamento avviene soltanto attraverso l’emissione di un assegno o di un bonifico bancario, quindi facilmente tracciabile. Per vincite di importi inferiori e ricevute in contanti non vi è alcun obbligo di dichiarazione, tuttavia è bene conservare per almeno 5 anni la ricevuta o lo scontrino nella malauygurata ipotesi che il versamento di tali somme in contanti sul conto corrente faccia scattare un accertamento. c
Quali rapporti sono soggetti a controlli?
Il Fisco tiene sotto controllo tutti i rapporti che intercorrono tra cliente e:
- banche;
- Poste Italiane;
- istituti di credito;
- intermediari finanziari.
Le verifiche non riguardano i soli movimenti del conto corrente come cambio di assegni, bonifici e versamenti, ma si allargano a rapporti di qualsiasi natura instaurati tra le parti. Quindi anche libretti di deposito bancari e postali, gestione titoli e prodotti finanziari, strumenti assicurativi e polizze integrative previdenziali che sono tutte messe sotto la lente di ingrandimento dell’Agenzia delle Entrate.
Con le ultime novità in materia, nemmeno le carte di credito prepagate come la diffusa PostPay e i conti online come PayPal sono esenti da controlli.
Anche i conti correnti esteri sotto la lente del Fisco
Chi pensa di poter aggirare i controlli sul conto corrente aprendone uno all’estero, può mettersi il cuore in pace visto che non cambia praticamente nulla. Anche in questo caso, il soggetto deve essere in grado di dimostrare la provenienza del denaro, in modo che le autorità possano accertarne l’origine lecita.
Un tempo si poteva pensare di eludere il Fisco portando somme di denaro in Svizzera, ad esempio, sfruttando l’anonimato e la riservatezza assicurata da molti istituti di credito. Lo Stato Elvetico, in questo, non era secondo a nessuno, ma con i successivi accordi intrapresi per rispettare le nuove direttive comunitarie, tutto è cambiato e ad oggi, anche le banche svizzere, sono obbligate a scambiare informazioni con l’Agenzia delle Entrate.
Se si desidera comunque, aprire un conto all’estero, si potrà depositare il denaro attraverso il canale bancario senza alcun limite, oppure in contanti rispettando le soglie concesse per l’esportazione di valuta. Il soggetto può effettuare un semplice bonifico dal conto italiano, oppure prelevare denaro contante e potarlo di persona alla banca oltreconfine.
In questo caso, ricordiamo che la legge impone un limite massimo di 10.000 euro, per cifre superiori è necessario richiedere l’autorizzazione all’Agenzia delle Dogane. Non dimentichiamo che un conto corrente all’estero aperto da un soggetto con residenza fiscale in Italia, comporta l’obbligo della dichiarazione nello specifico quadro RW di “Redditi PF“.
Nessuna condanna penale per i versamenti ingiustificati sul conto corrente
Viste le nuove normative tributarie e gli strumenti utilizzati dall’Autorità Fiscale, sempre più invadenti e irrispettosi della privacy, il contribuente vive spesso con ansia la gestione delle operazioni di deposito e prelievo dal proprio conto corrente, nonostante non abbia nulla da nascondere.
C’è però una buona notizia! Eventuali versamenti, considerati dal Fisco come ingiustificati, non fanno scattare in automatico l’accusa di evasione fiscale con conseguenze di carattere penale. Una disposizione messa agli atti da una sentenza della Cassazione che ha punito in modo pecuniario un trasgressore reo di non aver saputo dimostrare la provenienza del denaro versato sul proprio conto corrente.
Il giudice non ha ritenuto sufficiente la prova del solo versamento ingiustificato per procedere ad un processo penale ai fini di accertare la presunta evasione fiscale. Chiariamo però che una sentenza della Cassazione, per quanto possa fare giurisprudenza, è comunque relativa al caso specifico preso in oggetto, quindi appare chiaro come per versamenti di somme ingenti, non giustificate, la probabilità di ulteriori indagini e l’accusa di evasione fiscale sarebbe assai probabile.
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