Nella gestione contabile di un’attività economica, un fattore di primaria rilevanza è il criterio impiegato per la registrazione di costi e ricavi al fine di calcolare il reddito d’impresa imponibile. Il sistema tributario italiano prevede due possibilità concettualmente differenti: il principio di cassa e il principio di competenza.
La regola generale prevede che, applicando il metodo per competenza, il soggetto è tenuto a registrare ogni entrata e uscita relativa a un determinato periodo d’imposta nel momento in cui si manifestano le condizioni che provocano gli effetti economici delle stesse. In altre parole, la registrazione avviene in maniera del tutto indipendente rispetto a quando si verificano i pagamenti. Con il principio di cassa, invece, nel calcolo del reddito sono inclusi solo i ricavi già percepiti, nonché i costi effettivamente pagati.
In linea di massima, il criterio di cassa è oggi impiegato da soggetti che adottano un regime di contabilità semplificata come lavoratori autonomi, artisti e professionisti, nonché imprese minori quali ditte individuali e società di persone con ridotti volumi d’affari (ricavi annui inferiori a 400.000 euro per prestazioni di servizi o 700.000 euro per ogni altra attività). Tali soggetti dovranno considerare come data di validità della transazione quella in cui la somma, ricevuta tramite bonifico bancario, assegno, carta di credito o debito, risulta disponibile sul proprio conto. In caso di pagamento con denaro contante la questione della data di validità non ha alcuna rilevanza, in quanto al momento del passaggio del denaro il compenso è ritenuto immediatamente a disposizione del ricevente.
Il principio di competenza viene sfruttato invece, da società di capitali o società di persone che hanno scelto la contabilità ordinaria, oppure superano i limiti annui dei ricavi appena citati. In questi casi si dovranno considerare, al fine di determinare il periodo di applicazione, la data di consegna o spedizione di beni mobili, firma dei contratti per compravendita di beni immobili o la maturazione dei corrispettivi per prestazioni di servizi.
Indice:
- Regime di cassa e regime di competenza: qual è la differenza?
- Regime di cassa e regime di competenza: cosa è cambiato?
- Principio di competenza: come funziona
- Competenza dei ricavi
- Competenza dei costi
- Principio da cassa: come funziona
- Esempio principio di competenza e di cassa
- Applicazione del principio di competenza
- Regime di cassa a chi conviene?
Regime di cassa e regime di competenza: qual è la differenza?
La regola base sui cui poggia il principio di competenza prevede l’obbligo, per i soggetti economici che lo utilizzano, di annotare tutte le operazioni di natura economica avvenute durante il periodo d’imposta di riferimento. Di conseguenza, non assume alcuna rilevanza il momento in cui vengono effettuati i pagamenti.
Con il criterio di cassa, il reddito verrà, invece, calcolato prendendo in considerazione solo pagamenti e incassi, ovvero i movimenti che hanno prodotto una manifestazione finanziaria.
Si tratta di due regimi contabili che determinano comportamenti diametralmente opposti, con aziende e società di capitali che sfruttano il criterio di competenza, mentre professioni e lavoratori autonomi adottano il più semplice principio di cassa.
Inoltre, è necessario evidenziare come il criterio di competenza implichi la presenza di imprese e società in contabilità ordinaria. Il soggetto economico che decide di passare dal regime semplificato a quello ordinario sarà sottoposto a un vincolo di permanenza pari ad almeno tre anni, al termine del quale potrà mantenere il regime adottato fino alla cessazione dell’attività, oppure decidere di tornare alla contabilità semplificata previa apposita comunicazione all’Agenzia delle Entrate.
Regime di cassa e regime di competenza: cosa è cambiato?
Una data alquanto importante è il 1° gennaio 2017, ovvero il giorno in cui sono entrate in vigore le nuove disposizioni previste dalla Legge di Bilancio 2017 che hanno permesso lo sfruttamento del principio di cassa alle aziende soggette alla contabilità semplificata.
Tuttavia anche tali soggetti devono rispettare i seguenti requisiti:
- fatturato annuo pari o inferiore a 400.000 euro per lo svolgimento di attività di fornitura servizi;
- fatturato annuo pari o inferiore a 700.000 euro per attività di altra tipologia.
Un’ulteriore importante considerazione riguarda gli importi IRPEF e IRAP relativi al periodo d’esercizio 2017: dovranno essere conteggiati sugli incassi 2016.
Principio di competenza: come funziona
La competenza economica di un determinato periodo fiscale è il frutto della differenza tra ricavi maturati dalla vendita di beni e servizi con i costi sostenuti per l’acquisto delle risorse.
In base a tale computo l’impresa è in grado di calcolare a fine esercizio il risultato economico e quindi il reddito prodotto. Gli elementi alla base del criterio di competenza sono:
- ricavi che corrispondono alla somma del valore di ogni bene e servizio venduto nel corso del periodo d’imposta;
- costi che rappresentato il valore di tutte le risorse consumate al fine di realizzare la vendita di beni e servizi.
Di conseguenza, assume una certa rilevanza stabilire quando il bene o servizio si possa considerare effettivamente venduto e le risorse consumate. Vediamo di analizzare le due situazioni.
Competenza dei ricavi
Per quanto concerne la vendita dei beni, assume rilevanza il momento del passaggio di proprietà ovvero la consegna e, in taluni casi, può coincidere anche con la spedizione. Un aspetto che dipende, sostanzialmente, dal tipo di merce o prodotto trattato. Se acquistiamo un immobile, oppure un’auto a determinare il passaggio di proprietà, quindi la vendita, è il momento in cui poniamo la firma sull’atto davanti al notaio o sui documenti per l’immatricolazione del veicolo: finché non c’è nero su bianco, il bene rimane in possesso del venditore. Supponiamo che, invece, si stia acquistando merce in un negozio e, maldestramente, venga rotto il prodotto prima di passare alla cassa: il bene, seppure in possesso ancora del venditore, dovrà comunque essere risarcito, quindi pagato e passerà di proprietà nel momento dell’emissione dello scontrino che, solitamente corrisponde con il pagamento del bene.
Un servizio viene considerato venduto nel preciso momento in cui è stato erogato, vale a dire consumato dal cliente. Per esempio, energia elettrica, acqua, gas e connessione internet sono tutti servizi ritenuti venduti quando l’utilizzatore li consuma ossia: accende la luce, avvia il riscaldamento, apre un rubinetto o naviga in rete.
Per il computo dei ricavi totali si prendono in considerazione i valori di ogni bene ceduto o consegnato e servizio erogato a partire dal 1° gennaio, fino al 31 dicembre. Il tutto in maniera indipendente dal fatto che tali importi siano stati effettivamente incassati e, anche nonostante una quota potrebbe non essere ancora stata fatturata. Alcune aziende emettono la fattura al momento della vendita, mentre molte altre effettuano una fatturazione periodica a partire, ad esempio, dal primo giorno del mese successivo.
L’aspetto più importante per comprendere con chiarezza il criterio di competenza è principalmente uno: la somma dei valori dei beni venduti, merce consegnata e servizi erogati rappresenta il ricavo di un determinato periodo a prescindere che gli importi siano stati o meno incassati e le fatture emesse oppure ancora no.
Competenza dei costi
Dopo aver visto quando poter considerare un bene o servizio venduto, vediamo quand’è che una risorsa risulta consumata. Il criterio è molto semplice e prevede che una risorsa possa essere ritenuta consumata qualora il prodotto o servizio che ha contribuito a creare sia stato venduto, oppure erogato.
E’ quindi evidente come ricavi e costi siano strettamente correlati tra loro, con i primi a trascinare i secondi. Infatti, se a fine esercizio parte dei beni acquistati risulta invenduta, sarà necessario redigere l’inventario di magazzino allo scopo di calcolare con precisione le rimanenze in base al costo d’acquisto. L’ammontare complessivo delle giacenze verrà sottratto dagli acquisti e non rappresenterà un costo di competenza nel periodo d’imposta, ovvero non potrà essere considerato al pari di risorse consumate durante l’anno. Tuttavia, tale importo andrà a gravare nell’esercizio successivo come costo e computato sotto la voce “rimanenze iniziali“.
Principio da cassa: come funziona
Il criterio di cassa rappresenta l’esatto contrario del principio di competenza: al fine del calcolo del reddito non ha alcuna rilevanza né la vendita, né tantomeno il consumo, fa testo solo l’incasso del bene o servizio, e il pagamento dei costi. In pratica, si utilizza il medesimo metodo con cui le banche redigono l’estratto conto in base alla data contabile di entrate e uscite avvenute nell’anno solare.
Tale principio rappresenta uno strumento alquanto utile per l’analisi del flusso di cassa delle imprese che lo adottato, così da meglio comprendere gli eventuali motivi che hanno portato a una variazione di cassa diversa dal risultato economico realizzato a fine esercizio.
Con il metodo di cassa sono prese in considerazione solo le registrazioni che hanno prodotto effetti finanziari, ovvero provocato movimentazione di denaro. Di conseguenza, tutte le fatture emesse entro il 31 dicembre, ma non pagate, sono escluse dal bilancio annuale. Un sistema che assicura semplificazione e vantaggi fiscali poiché, oltre a snellire il bilancio, consente all’imprenditore, o lavoratore autonomo, di versare le imposte solo dopo il ricevimento dei pagamenti delle fatture emesse.
Esempio principio di competenza e di cassa
Supponiamo di aver avviato un’attività commerciale e venduto merce per un valore totale di 2.000 euro, incassando subito 1.000 euro e posticipando il saldo in un momento successivo. Nello stesso periodo abbiamo effettuato acquisti di risorse per un valore complessivo di 450 euro, pagando immediatamente solo 200 euro.
Adottando il principio di competenza il conto economico deve considerare il totale di costi e ricavi e si otterrà:
- 2000€ (ricavi) – 450€ (costi) = 1.550 €.
Sono stati considerati pertanto, i valori totali relativi al periodo anche se i corrispettivi non sono stati incassati per intero e le risorse pagate solo in parte. In caso di merce invenduta, il costo delle rimanenze finali verrà calcolato a fine esercizio tramite l’inventario di magazzino e considerato nel successivo periodo come rimanenze iniziali. I suddetti costi assumono rilevanza solo a seguito della vendita delle merce vecchia, altrimenti gli stessi saranno rimandati all’anno seguente.
Applicando il principio di cassa, per il calcolo del reddito si dovranno considerare invece le operazioni che hanno generato un effettivo scambio finanziario, ovvero:
- 1000€ (incassi) – 200€ (costi) = 800 €.
Il fatto di contare solo le transazioni che movimentano denaro nel periodo preso a riferimento, permette di pagare le imposte unicamente sul reddito effettivamente percepito.
Applicazione del principio di competenza
Il principio di competenza economica dev’essere adottato dalle imprese in contabilità ordinaria il che significa:
- società di capitali (SPA, SRL e SAPA);
- società cooperative;
- società di persone (SNC e SAS) e ditte individuali con ricavi totali annui superiori a 400.000 euro per erogazione prestazioni di servizio o 700.000 euro in tutti gli altri casi;
- società di persone e ditte individuali che, sebbene rientrino nei suddetti limiti reddituali, abbiano optato per la contabilità ordinaria.
I soggetti che adottano il principio di competenza non sono sottoposti, solitamente, a specifici controlli al fine di accertare il rispetto di regole e requisiti. L’eccezione è rappresentata dalle società che effettuano chiusure periodiche mensili.
La contabilità aziendale provvede a registrare ogni fattura emessa a seguito di vendite e quelle di acquisto per i costi sostenuti. A fine esercizio, in sede di chiusura di bilancio, si dovranno effettuare tutti i calcoli e le stime necessarie allo scopo di redigere il conto economico sulla base del principio di competenza, tenendo in considerazione i seguenti dati contabili:
- fatture non ancora emesse: si tratta di tutti i beni venduti o servizi erogati senza emissione di fattura (quindi con compensi non incassati), comunque da computare nei ricavi di periodo;
- fatture da ricevere: riguarda le risorse acquistate dall’azienda per realizzare beni e servizi, ma non pagate in quanto le fattura non sono ancora state recapitate. Anche in questo caso gli importi dovranno essere inseriti tra i costi del periodo;
- accantonamenti: ogni costo già maturato ma non ancora pagato come, ad esempio, le liquidazioni accumulate nel corso dell’anno dai lavoratori dipendenti;
- ammortamenti: quota di consumo annuale di ogni bene d’investimento;
- giacenze di magazzino: sono le rimanenze inutilizzate e rappresentano i costi di tutte le risorse acquistate dall’azienda ma non ancora impiegate. Per il loro computo è necessario redigere un inventario di fine anno che, comunque, sarà rinviato al successivo esercizio;
- ratei: quote di entrate o uscite future relative a ricavi o costi già maturati tuttavia non ancora rilevati, ovvero che si manifesteranno finanziariamente in esercizi successivi;
- risconti: quote di costi e ricavi non ancora maturate ma che si sono già manifestate finanziariamente.
Regime di cassa a chi conviene?
Come spesso accade, di fronte all’applicazione di un determinato regime fiscale o contabile le opinioni sulla reale convenienza sono contrastanti: in linea di massima, i titolari di partita IVA che svolgono un’attività commerciale al minuto con oggetto prestazioni di servizio, non dovrebbero trarre particolari benefici nell’adottare il principio di cassa e nemmeno subire un aumento degli oneri.
Il discorso può cambiare per coloro che, invece, esercitano attività di commercio all’ingrosso. In tali frangenti, serve considerare le giacenze di magazzino accumulate alla data del 31 gennaio 2016, ovvero il momento in cui è entrato in vigore il nuovo testo dell’articolo 66 del TUIR che ha concesso l’applicazione del regime di cassa anche alle aziende di modeste dimensioni in contabilità semplificata.
Le rimanenze di magazzino assumono una valenza fiscale e dovranno essere considerate alla stregua di un costo deducibile attraverso un’unica soluzione a inizio 2017. Nel medesimo modo opereranno le imprese che negli esercizi successivi al 2017 hanno deciso il passaggio da contabilità ordinaria a semplificata. Un aspetto estremamente importante in quanto, se l’attività d’impresa dovesse chiudere il periodo d’imposta con bilancio in negativo e le perdite non fossero compensabili con altri redditi d’impresa, le maggiori perdite risulterebbero irrecuperabili. A partire dal 2018 l’azienda si troverebbe nella condizione di avere un costo del venduto dei beni rimasti in giacenza nei precedenti esercizi pari a zero, rilevando così un reddito imponibile molto alto e conseguenti maggiori imposte da pagare.
Alla luce delle suddette considerazioni sul principio di cassa, i contribuenti che svolgono commercio al minuto erogando un servizio, dovrebbero mantenere una situazione pressoché immutata. Questo poiché i corrispettivi vengono, solitamente, incassati nel momento in cui è resa la prestazione al cliente e ciò non comporta alcun incremento dell’onere tributario. Oltretutto, sono attività che non presentano beni in giacenza, senza così implicare alcun problema relativo ai costi di magazzino al 31 dicembre 2016.
Ci potrebbero essere aggravi degli oneri amministrativi, tuttavia la legge offre la possibilità di adottare la semplificazione con presunzione dei ricavi percepiti e spese considerate sostenute nel periodo d’imposta in cui avviene la registrazione IVA. Il contribuente è quindi esonerato dal tenere nuovi registri contabili relativi a incassi e pagamenti, nonché note di cassa per calcolare i ricavi tassabili e i costi deducibili.
I soggetti che ottengono maggiori benefici dall’applicazione del regime di cassa sono le imprese che svolgono attività di prestazione servizi. Quando, ad esempio, ricavi non sono rappresentati dai corrispettivi, l’applicazione del regime di cassa permette il vantaggio di differire gli importi tassabili al momento dell’incasso. Tuttavia, è bene valutare con attenzione quale regime contabile adottare: la scelta di tenere i soli registri IVA potrebbe risultare quella vincente.
Altri contribuenti che ottengono rilevanti benefici dal criterio di cassa sono imprenditori che instaurano rapporti di lavoro con la Pubblica Amministrazione. I vantaggi derivano dal fatto che i pagamenti, essendo quasi sempre estremamente dilatati nel tempo, consentono al soggetto di versare le imposte solo dopo aver incassato i corrispettivi.
Il principio di cassa non rappresenta la soluzione più vantaggiosa per imprese che hanno grandi scorte di magazzino al 31 dicembre 2016. Si tratta, per lo più, di imprenditori operanti nel settore del commercio all’ingrosso. Come abbiamo già spiegato, in queste situazioni l’azzeramento del magazzino fiscale, conseguenza dell’imputare le giacenze al 1° gennaio 2017, comporta una tassazione per intero dei ricavi ottenuti dalla vendita della merce vecchia in esercizi successivi, senza alcuna possibilità di contrapporre i costi.
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